Il Figlio dell’uomo è venuto per servire

21 Ottobre 2012 Nessun Commento     

O Dio della pace e del perdono, tu che hai mandato Cristo per salvarci dai nostri peccati, insegnaci, come Lui, a mettere la nostra vita al servizio dei fratelli.

 

LETTURE

 

Un altro orizzonte, un altro dei sogni, delle utopie di Cristo si squaderna oggi davanti ai nostri occhi leggendo il brano del Vangelo di Marco.

Abbiamo visto, nelle domeniche scorse, cosa ne pensa Cristo dell’amore umano, come valuta il denaro e le ricchezze; oggi vedremo il suo atteggiamento davanti al potere, al prestigio, a quell’istinto di dominio che, in maniera a volte sottile, a volte grossolana regola spesso i rapporti umani.

Egli è giunto alla fine del suo viaggio verso Gerusalemme. Un viaggio il cui significato va al di là di un semplice spostamento geografico.

Cristo, salendo a Gerusalemme, va a morire, va a dare la vita.

Di questa capacità di soffrire per dare la vita, e della presenza di Cristo in tutte le nostre esperienze umane ci parlano Isaia nella prima lettura e il brano della lettera agli ebrei.

Ascoltiamo!

 

OMELIA

 

Ci scandalizzavamo vent’anni fa, anni ’90, quando abbiamo saputo che nelle riunioni di giunta del comune di Catania, luogo in cui si sarebbero dovute prendere le decisioni attinenti al bene della città, di tutta la città, la frase ricorrente in bocca agli assessori era: “Ppi mia chi c’è?”

Anche se diversamente formulata, questa espressione è di casa nei palazzi della politica, dove “i grandi esercitano il potere” e di questo potere si servono non tanto per venire incontro ai bisogni della gente, quanto per ottenere per se stessi e per i loro amici, vantaggi di ogni tipo.

Lo stesso “arrivismo” lo cogliamo sulle labbra di Giacomo e di Giovanni.

“Maestro, Che cosa ci tocca? Per noi, che c’è?

Tu sarai il capo, il re di Israele; noi siamo i tuoi collaboratori, i primi posti e tutti i vantaggi di diritto toccano a noi nel tuo regno…

E’ lo spoil system, il manuale Cencelli del vangelo…

Lo hanno inventato Giacomo e Giovanni sostenuti dalla mamma; ma gli altri dieci non erano molto diversi, quando cominciarono ad andare dietro a Cristo, da tanti altri che, oggi, dalle veline ai portaborse, brigano per ottenere un assessorato, una poltrona, un seggio ai vari parlamenti.

Ma questo non deve scandalizzarci…

E’ normale!

Così va il mondo, lo dice lo stesso Gesù: “Voi lo sapete…”

Solo che i suoi discepoli non avevano ancora capito che lui era diverso, che Lui era un’altra cosa…

Per loro ancora rappresentava un capopopolo che una volta preso il potere li avrebbe “sistemati” tutti insieme ai loro parenti ed amici.

Solo dopo la resurrezione cominciarono a capire qualcosa d’altro e a comportarsi diversamente.

Il mondo in cui viviamo è così.

Lo abbiamo sempre saputo e di questi tempi lo stiamo percependo in maniera bruciante.

Il cristiano è diverso.

Il suo atteggiamento, qualunque gradino e qualunque ruolo occupi nella scala sociale, è quello del “servizio” che dovrebbe emergere in tutti gli ambiti della vita.

Mi limito ad accennarne tre di questi ambiti.

La famiglia, la politica, la chiesa.

La famiglia cristiana, per un cristiano, è il tipico ambito del servizio.

Il nuovo diritto di famiglia ha modificato il vecchio concetto di capofamiglia, di patria potestà.

Nella mentalità contemporanea, anche se vecchi stereotipi sono duri a morire, si sottolinea la complementarità dell’uomo e della donna.

Non esiste più il “capofamiglia”.

Né dovrebbe esistere il modulo del comando. Se , regna l’amore, le cose si decidono insieme per il bene comune e tutti dovrebbero essere al servizio di tutti: moglie, marito, figli…

Eppure quante volte si sente dire, ancora oggi, da madri di famiglia: “Io a casa sono la serva di tutti…”

La politica.

Pensate, a certe parole in uso nella politica.

La parola “ministro” , per esempio, fa pensare a uno che ha potere e leve di comando: ministro degli esteri, ministro dell’interno, ministro della Pubblica Istruzione… Ministro, a cui si aggiunge la parola “eccellenza”, (anche per i vescovi è così, per i cardinali, “eminenza); sua eccellenza, “onorevole”. Già associare “onorevole” a “ministro” ci porta lontano dal significato della parola “ministro”, che significa di per sé “servo”, “aiutante” (deriva dal latino “minus”, ovvero inferiore).

Onorevole servitore? E’ una contraddizione!

Da onorare è il popolo, di cui loro, i ministri, hanno il compito e il dovere di farsi servitori e sono lautamente pagati per questo.

Che invece i politici rubino, si facciano i loro affari, ingrassino i loro clienti, è qualcosa alla quale purtroppo ci siamo abituati.

Il guaio è che politici che si definiscono cristiani, anzi più cristiani degli altri (penso al caso Lombardia) siano della stessa specie.

Ma il senso del servizio va ricuperato soprattutto all’interno della chiesa.

Fra di voi non deve essere così, dice Cristo, lo dice a Giacomo, a Giovanni, agli altri dieci, a tutti quelli che vogliono sinceramente andargli dietro.

Non è così io sono qui, in mezzo a voi. Io sono il Signore, il Maestro, così mi chiamate e fate bene, perché lo sono Signore e maestro, bravi, ed ora datemi un asciugamano e un catino perché vi devo lavare i piedi!

Ci vuole qualcuno che comandi, (non è anarchico, Cristo) certo, ma ora vi insegno come si fa!

Io sono il capo e vi lavo i piedi!

Fate lo stesso anche tra voi!

D’ così nella chiesa?

E’ così tra noi?

Mah! Forse no!

Perché, al di là delle ottime intenzioni dei singoli, (il papa si auto definisce: (l’iniziativa è del papa Gregorio magno) “servus servorum Dei, servo dei servi di Dio”, ed è un superlativo assoluto) l’immagine della chiesa che noi mostriamo è quella di una società gerarchica e gerarchizzata, verticistica…

Dai vestiti ai palazzi, dal lusso ai titoli onorifici, dalla distinzione fra chierici e laici, tra superiori e sudditi, alla ricerca dei privilegi e dei compromessi con il potere di turno, la chiesa corre il rischio di proiettare sul mondo una immagine molto diversa da quella che Cristo ha sognato…

Purtroppo molti cristiani ci hanno fatto l’abitudine. Non ci facciamo più caso. Forse questi segni evidenti di prestigio, di potere, non hanno, su noi che stiamo dentro, nessun effetto negativo… ma l’immagine che diamo all’esterno, al mondo laico, al mondo del potere, al mondo dei compromessi, al mondo del dominio, al mondo dell’imbroglio, non è genuina, è omologata, a volte anche peggiorata.

Pensate alle manifestazioni pubbliche: le “autorità”…militari, civili e… religiose, esattamente tutte sullo stesso piano.

Eppure anche le apparenze, a volte, fanno la differenza. Comunità dell’Arca, il capo, a lavare i gabinetti…

La mitra, il pastorale, lo zucchetto, gli inchini, la sedia gestatoria, abbiamo anche inventato il bacio della sacra pantofola, abolito solo qualche anno fa da Giovanni XXIII,

Cristo aveva solo due segni di potere: il grembiule con il quale si cinse quando lavò i piedi ai discepoli e la croce.

Noi ripetiamo quel gesto il giovedì santo. Forse dovremmo ripeterlo più spesso all’interno dell’ Eucaristia.

Guardate che è impegnativo.

Vedere il celebrante, colui che presiede, che sta sopra, in alto e al centro, riverito, onorato, incensato, prete, o vescovo, o papa che sia scendere in basso a lavare i piedi di uno qualunque, forse equilibrerebbe la bilancia.

Purtroppo questa pagina di vangelo scorre, innocua, su strutture che da 1500 anni sembra impossibile cambiare.

Anche se abbiamo fatto, specialmente in questi ultimi tempi, passi significativi per avvicinarci al vangelo.

Diceva un papa del’’800, Gregorio XVI: “La chiesa è una società di diseguali, in cui Dio ha destinato gli uni come governanti e gli altri come servitori. Costoro sono i laici, quelli i chierici…

E un altro papa, Pio X, all’inizio del 900: “Solamente il collegio dei pastori il diritto e l’autorità di dirigere e di governare. La massa non ha diritto alcuno che non sia quello di lasciarsi governare, quale gregge obbediente che segue il proprio pastore.

Confrontate non solo il contenuto ma il tono di questo linguaggio con quanto afferma il Vaticano II: nel documento che descrive le caratteristiche della chiesa:

“Uno è il popolo di Dio… Nessuna ineguaglianza in Cristo e nella chiesa… Quantunque alcuni per la volontà di Cristo sono costituiti pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e alla azione comune nell’edificare il Corpo di Cristo…

A questo proposito dice molto bene S. Agostino, vescovo della città di Ippona, in Africa: “Se mi atterrisce l’essere per voi, mi consola l’essere con voi. Perché per voi io sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome d’ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo, questo di salvezza”.

Quale esperienza di chiesa, di comunità abbiamo a questo riguardo?

Certo non devo essere io a rispondere, che dopotutto non sono nemmeno il parroco.

Ma se voi credete che ci sia qualcosa che non va, ditecelo, cercheremo di cambiare, di rinnovarci, di essere più vicino al vangelo.

Esiste nella nostra comunità… il “tu”.

E’ segno di fraternità! Di conoscenza, di desiderio di essere fratelli.

Certo non basta se non è accompagnato dall’amore, dal rispetto, dal servizio reciproco, ma è già un gesto, un segno!

Speriamo non solo nei segni ma nei fatti di essere vicini alle esigenze del vangelo!

Omelie

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