Sarete come dei
13 Febbraio 2005 Nessun Commento
“Sarete come dei”: è la tentazione costante dell’uomo: costituirsi come dio per
l’altro uomo, punto di riferimento, padrone del bene e del male.
Una tentazione cui cediamo tutti: dai capi di stato e di governo che sull’alibi della
democrazia si arrogano il terribile diritto di uccidere nelle guerre che poi chiamano
giuste, al dominio dell’uomo sull’uomo in tutti i sensi: l’incapacità ad accogliere la
vita, la presunzione di dominare la matura senza tener conto dei suoi limiti, i rapporti
con gli altri quando al primo posto non sta lo scambio umano, ma la struttura, la
società che abbiamo creato per cui ci riesce difficile persino scambiarci un sorriso e
un saluto sincero: tutto è viziato dal demone della strumentalizzazione…
“Sarete come dei”. E’ una frase con doppio significato!
Se il tuo dio è il dio della forza, della potenza, del dominio, il dio presentato da
satana, voler diventare come lui è un peccato, il peccato originale, fondamentale; se il tuo dio è il Dio di Cristo, il Dio dell’amore, diventare come lui è l’unica via di
salvezza.
Notate: sia satana che Cristi per giustificare le loro rispettive posizioni si rifanno
alla Parola di Dio.
La frase è bifronte. Detta da Satana è una menzogna, detta da Cristo è la verità!
Non c’è alternativa: o viviamo dando il primato all’amore e il nostro potere
diminuisce, o viviamo cercando il potere e l’amore è sopraffatto.
Così lo scrittore biblico raffigura nella Genesi l’origine del male.
Il racconto biblico non è nostalgia del paradiso perduto, è speranza di un mondo
da costruire.
E ciò sarà possibile solo sulla scia di Cristo il nuovo Adamo, il capostipite di una
nuova umanità che reagisce in maniera molto diversa dal vecchio, dal primo Adamo
alle proposte di Dio alle proposte di Dio ed alle tentazioni del male.
Non di solo pane vive l’uomo.
Vive di pane certo, vive di casa, vive di tetto sulla testa.
Lo sanno bene quanti di voi si stanno ancora interessando dei senza casa, dei
senza tetto.
Un consigliere comunale che è anche pastore protestante, ha fatto la proposta di
aprire le chiese ai senzatetto.
Se lo ha fatto come consigliere comunale gioca a scaricabarile. Se lo ha fatto
come pastore dice una verità sacrosanta alla quale né noi cristiani, né noi preti
siamo abituati.
E ciò non perché non abbiamo spazi da destinare a questo scopo. Ad accogliere
chi per una o più notti non sa dove andare. Ma perché quando costruiamo una
chiesa, una struttura religiosa, non pensiamo a questo. Non ci passa manco per
l’anticamera del cervello; e se capita il bisogno, ci troviamo in difficoltà. Ci affidiamo
alla generosità ed alla fantasia di qualcuno che a queste cose ci tiene. Ma non
esiste nella comunità una mentalità che si fa carico di queste cose…
Ma torniamo a ciò che stavamo dicendo.
Il pane è importante.
Il Signore non dice affatto che l’uomo non vive di pane: “Dice: “ Non vive di solo
pane.
Non sono venuto per dare il pane. Non è questo il mio compito.
I discepoli ricordavano quando ebbe pietà delle turbe, quando dette da mangiare
a 5000 persone! Ma forse avevano dimenticato che Egli, non appena la turba,
soddisfatta, lo voleva fare re, scappò sul monte, solo.
Cristo vinse la tentazione. Satana era la folla soddisfatta che diceva: Abbiamo
trovato uno adatto a noi. Questo ci da il pane senza lavorare!
Ma Cristo non è un messia venuto a dare la riposta agli istinti fondamentali
dell’uomo. Certo nell’amore c’è un risposta anche a questo appetito, ma
sbaglieremmo se riducessimo il vangelo a un specie di carta dei diritti per risolvere i
problemi del diritto al pane.
Il messia ha rivelato non la necessità del pane, ma una ulteriorità, qualcosa di più
del pane, ha rivelato quella dimensione che sfugge all’uomo quando in lui diventa
onnipotente la fame dei beni della terra.
Se la fede nel Cristo avesse dovuto diffondersi nel mondo su questa garanzia
data agli istinti, il Regno di Dio sarebbe scomparso, perché sarebbe mancata la sua qualità costitutiva, quella che è il mistero dell’uomo correlativo al mistero di Dio: la
libertà.
E questo ci porta diritti alla seconda tentazione.
Gesù ha sempre preso le distanze dalla religione, (ne abbiamo parlato domenica
scorsa in relazione alla festa di Sant’Agata, il cui principio è di poter disporre
dell’onnipotenza di Dio quando ne abbiamo bisogno.
Stiamo attenti: Diciamo “di poter disporre” non diciamo “di poterla invocare”.
Noi crediamo alla potenza del Signore, ma sappiamo che la sua Parola circonda
di contingenza ogni legge assoluta: sappiamo che davanti alla Parola del Signore
non è assoluta nemmeno la tomba, nemmeno la pietra del sepolcro.
Sappiamo questo. E perciò nessuna invocazione deve restare inibita dentro di noi.
Ma una cosa è l’invocazione umile, abbandonata a Lui, un’altra la pretesa di
piegare la sua volontà ai nostri progetti, per quanto ci sembrino affini alla sua
volontà ed ai suoi propositi.
La nostra religione per nove decimi è costruita fuori dalle misure stabilite dal
Messia Gesù Cristo.
Egli dovette continuamente affrontare questa deviazione: “Razza adultera, tu non
chiedi che miracoli”, egli disse, e non ci sarà altro miracolo se non quello della
Risurrezione, ma quel miracolo non sarà a vostra disposizione.
Nessun discepolo potrà dire: “Venite andiamo a vedere che è risorto”. Nessuno ve
lo dirà. Perché la scoperta di Dio avviene nella libertà, non nella necessità. Il
miracolo introduce nella risposta a Dio l’elemento della necessità.
Se io potessi far credere a Dio facendo un miracolo, io, nello stesso momento
avrei costretto la vostra libertà. La vostra religione sarebbe la religione degli schiavi
che è l’opposto della religione di questo messia che è morto fra i delinquenti, come
un verme, secondo la profezia di Isaia.
Ed eccoci così alla tentazione ultima, che è la sintesi di tutte.
Quando Gesù ha dinanzi a sé, nella visone del vangelo tutti i regni e la loro gloria,
e si rifiuta di adorare Satana, Satana scopre le sue carte.
Prima fa da rabbino, cita la bibbia, si veste di panni religiosi che sono i panni
prediletti dal diavolo. Ma qui si scopre. Egli chiede di essere adorato.
L’adorazione del principe del potere: ecco il peccato dell’uomo.
Perché quando diciamo potere non alludiamo solo a quella sua espressione
eminente che è il potere politico, che sappiamo tutti quante e quali cose faccia per
essere “adorato”, riverito, esaltato adulato, raggiungendo spesso in questi sforzi
vertici di involontaria comicità, ma al potere in tutti i suoi gradi e in tutte le sue forme,
che è la pretesa dell’uomo di ridurre l’altro a strumento di sé per la propria
affermazione.
Lo stesso modulo che vale per i grandi e per i potenti si ripete nell’ambito della
famiglia, perfino nel rapporto di coppia, perfino fra due amici, perfino nel rapporto
con me stesso quando sono io, e io solo, a decidere qual è il bene.
La vita di Gesù di Nazareth si è svolta in perfetta antitesi alle scelte che per noi
sono pane quotidiano. Ecco la sua diversità.
Questa diversità oggi ci viene proposta come strada per realizzare quel
capovolgimento del mondo che Cristo insieme a lui, ci chiama a compiere.
Un capovolgimento che comincia dal più profondo di noi stessi per estendersi a
tutto ciò che tocchiamo, che amiamo, che facciamo.
Ci sostenga in questo cammino nel cammino quaresimale di quest’anno e in tutte
la nostra vita, la speranza di Cristo e la forza del suo Spirito.
Omelie