I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno di Dio.

25 Settembre 2005 Nessun Commento     

Ci rivediamo con gioia questa sera nella comunità cristiana, nella quale accogliamo questi bambini

… che i loro genitori desiderano battezzare.

Lo sappiamo tutti che battezzare vuol dire immergere, non tanto e non solo nell’acqua.

L’acqua è solo un simbolo, un richiamo a qualcosa di più. Noi vogliamo immergere questi bimbi

nell’amore di Dio. Vogliamo che attraverso l’amore dei genitori essi scoprano l’amore del Padre e,

crescendo, scelgano consapevolmente, di diventare suoi figli e quindi fratelli e sorelle di tutti gli

uomini del mondo.

Purtroppo essi nulla capiscono in questo momento di ciò che noi facciamo. Sono troppo piccoli per

comprendere e scegliere.

Dobbiamo essere noi, e particolarmente i genitori e i padrini, ad impegnarci per loro. Se con la

nostra vita mostreremo loro la gioia di essere figli di Dio, anch’essi un giorno vorranno diventarlo. Per

questo, prima di cominciare, preghiamo.

Ringraziamo Dio di rivederci insieme. Ringraziamolo di averci chiamati a

condividere con i nostri fratelli la gioia di poter ascoltare la sua parola che

illumina e dirige la nostra vita e preghiamolo perché perdoni i nostri peccati.

LETTURE

La metafora, il paragone con cui la bibbia i mette a contatto in questa domenica e nella

domenica successiva è quello della vigna.

Già domenica scorsa se ve lo ricordate, Dio cercava gente che lavorasse nella sua

vigna.

La vigna del Signore, (ci sono delle pagine bellissime nella bibbia che rivelano l’amore di

Dio per la sua vigna) è il mondo, questo nostro mondo.

Il cristiano sa che la sua vita è un dono che Dio gli ha fatto perché

egli possa lavorare con responsabilità: è la prima lettura: la sottolineatura della nostra

responsabilità, in prima persona.

Per questo Paolo ci dice di vere”gli stessi sentimenti di Cristo, di agire con la sua stessa

generosità.

E’ il vangelo: dire di sì con i fatti, non con le parole è quello che Dio si aspetta da noi.

Ascoltiamo

OMELIA

Le prostitute passano avanti a voi nel regno di Dio.

Vi faccio notare il presente. Non dice vi precederanno, passeranno, ma vi

precedono, passano avanti a voi.

Forse conviene immaginare la scena: Gesù, attorniato dalla gente, seduti in prima

fila ad ascoltarlo, con gli occhi fissi su di lui, Matteo, il pubblicano, l’esattore delle tasse

esoso e spietato con i contribuenti, non si faceva scappare un centesimo che aveva

lasciato tutto per seguirlo, e Maria di Magdala, ex prostituta della zona, ora

affezionatissima discepola, e, laggiù, ai margini della folla, sul fondo, critici e diffidenti,

sacerdoti, scribi, farisei, anziani del popolo che lo guardavano con sospetto e

scandalo: “Mangia con i peccatori, frequenta gente di malaffare e poi dice di essere il

Figlio di Dio…”

Il contesto in cui si svolge questo fatto è il rifiuto di Cristo da parte di

rappresentanti della religione ufficiale ebraica, la religione dei riti, quella del clero,

quella dell’osservanza perfetta della legge, quella del sentirsi giusti troppo giusti

davanti al Dio, non bisognosi del suo perdono, gente alla quale Dio non aveva nulla da

rimproverare…

Se queste parole allora destano scandalo, non è detto che oggi possano passare

lisce sulla nostra pelle.

Sulla mia anzitutto…su quella dei miei colleghi preti, vescovi, papi… noi siamo quelli

che parliamo, che ci pronunziamo su qualunque cosa, che diciamo agli altri ciò che si

può fare e ciò che non si può fare, che, come dice Cristo nel vangelo, mettiamo sulle

spalle altrui pesi che noi non muoviamo neppure con un dito, che diciamo e non

facciamo, anche perché spesso, siamo completamente estranei alle situazioni difficili e

imbarazzanti nelle quali si trovano i comuni mortali…

E’ pericoloso parlare agli altri… Ci si può condannare con le proprie parole.

Non si dice dei preti: “Fai quello che ti dicono, ma non fare quello che fanno?”

Ma, oltre che per me, che sono il primo a dover riflettere su queste parole, queste

parole credo che valgano per tutti noi se ci crediamo giusti, se diciamo di sì con le

labbra, mentre il nostro cuore, come afferma la bibbia, è lontano da Dio.

Cerchiamo allora di entrare ancora di più dentro il significato delle parole di

Cristo.

La vigna di Dio, lo abbiamo già detto, è il mondo, questo nostro mondo, nel

quale quotidianamente si svolge la nostra vita.

I figli, chiamati a lavorare in questa vigna sono gli uomini, tutti gli uomini, ma

particolarmente e soprattutto i cristiani.

Per questo noi siamo battezzati, immersi non nell’acqua, ma nella morte e nella

risurrezione di Cristo, impregnati dal suo stesso Spirito, per diventare capaci di avere “i

suoi stessi sentimenti”.

A volte mi chiedo come prete (ce lo chiediamo anche con i catechisti, ma credo che

questa cosa se la dovrebbe chiedere ogni persona che frequenti una comunità

cristiana), qual è il significato dei sacramenti che noi celebriamo, credo con molta

superficialità.

Spesso questi gesti sono un “sì”, superficiale affrettato, altrettanto pronto ad essere

detto ed altrettanto pronto ad essere negato.

Oggi è la norma.

Esiste oggi una religione “sociologica”, cioè, eliminando le parola difficili, imposta

dalla società, dalle buone maniere, la religione di quelli che dicono di sì non a Dio, ma

alle convenienze sociali, alla tradizione, ai modi comuni di fare, ma non hanno

nessuna intenzione di entrare a lavorare nella vigna del Signore.

E’ la mia esperienza quotidiana di questi giorni di inizio dell’anno nella parrocchia.

Sono molte le persone che vengono preoccupatissime di far fare la prima

comunione ai loro figli, ma più preoccupate ancora di chiedere: “Quanto dura?”

Restano un po’ spiazzate quando rispondo: “Tutta la vita”.

Ma come? Prima non era un anno, al massimo due?

Perché l’importante non è far la prima comunione ma inserire nella nostra vita

egoistica il germe della comunione, della condivisione…

Mi chiedo quanto a volte non sia più valida, davanti a Dio la vita di chi nega la

chiesa, i sacramenti, i preti, la religione, la chiesa, ma poi, cerca la pace la giustizia e

la solidarietà fra gli uomini.

Mi chiedo quanto le nostre pratiche religiose non siano dei sì ai quali poi non

corrisponde una adeguata generosità nel costruire, giorno per giorno, il Regno di Dio.

Qualche giorno addietro è venuta una signora da me. Una madre di famiglia…

Padre due figli: uno i 12 anni e una di 6, non li ho battezzati quand’erano piccoli… non

capivano nulla…

Complimenti!

Ma ora li vorrei battezzare, possiamo farlo domenica prossima?

Sono rimasto un po’… di stucco!

Ed ho trovato anche molte resistenze quando le ho detto che era meglio aspettare,

che era conveniente che quella di 6 anni la facesse crescere e per quello di 12

frequentare un gruppo, fargli capire, (ora che aveva l’età) che non ha senso il

battesimo senza una previa accettazione della esperienza di Cristo nella propria vita.

Che soprattutto non ha senso una educazione alla fede delegata ai preti quando la

famiglia non è coinvolta in questa crescita…

Quando un padre, una madre decidono di battezzare un bambino, a volte non si

rendono conto di quanto questo gesto sia pericoloso.

Perché può far capitare qualcosa che non coincide con la loro mentalità.

Quando i genitori decidono di battezzare il proprio figlio è come se gli dicessero:

“Figlio mio, da questo momento in poi tu dovrai capire (e dovrò capirlo anch’io) che tu

non sei solo figlio mio.

Intanto perché, se ti ho messo al mondo l’ho fatto per te e non per me. Perché io,

tuo padre tua madre .sono l’arco e tu sei la freccia….

Ma c’è di più:

Io sono cristiano, io e tua madre siamo cristiani. Oggi noi ti facciamo uscire di casa,

per farti conoscere un’altra casa alla quale apparteniamo. Questa casa, fatta non di

mura o di preti, ma di persone è la chiesa, la comunità cristiana: una famiglia molto più

grande di quella in cui sei nato.

In questa famiglia più grande noi ci troviamo bene.

La frequentiamo, ne facciamo parte, perché ci troviamo dentro qualcosa che da un

senso più grande alla nostra vita.

Qui ascoltiamo al Parola di Dio, qui ci incontriamo con altri fratelli e sorelle. Qui

impariamo ad amarci, ad aiutarci, a non mettere a qualunque costo i nostri interessi

sopra quelli degli altri.

Qui partecipiamo alla Eucaristia, perché non avrebbe senso il tuo battesimo se tu

dovessi ritornare nella comunità cristiana solo quando dovrai sposarti o fare la prima

comunione.

Stai attento!

Se ti battezzi, ti immergi in Dio, diventi suo figlio, e questo per te, non è un privilegio,

ma un compito: diventare fratello di tutti gli uomini del mondo.

Io sono certo che se si pensasse seriamente a tutto questo quando si battezza un

bambino, il numero dei battesimi diminuirebbe…e i preti dovrebbero essere contenti.

Avremmo meno cristiani anagrafici e più cristiani di fatto.

Come dovrebbero essere contenti quando una coppia non si sposa in chiesa se non

ha maturato una scelta che giustifica questo gesto.

Perché,lo abbiamo detto tante volte, ma ripetiamolo perché cade a fagiolo, il

matrimonio fatto in chiesa è una cosa e il matrimonio cristiano è un’altra cosa. A volte

le due cose coincidono, a volte, no!

Ecco perché quello che conta, davanti a Dio, è il sì della vita.

Quello dei cristiani “anonimi”, che non sono registrati nei documenti parrocchiali.

Quelli che magari rifiutano la religione, i preti, la chiesa, i sacramenti, forse a causa

di qualche esperienza negativa…, ma nella loro vita lavorano effettivamente nella

vigna di Dio.

A questi Cristo dirà nel giorno del giudizio: “Venite, benedetti dal Padre mio, non lo

sapevate, forse non ci avete mai pensato, ma che quello che facevate al più piccolo

dei miei fratelli, o facevate a me”.

Noi, tutti noi che frequentiamo la chiesa, ed io più di voi, siamo esposti al rischio di

dire un “sì” verbale che potrebbe camuffare un “no” sostanziale.

Per diventare veramente lavoratori della vigna di Dio dobbiamo operare una

conversione, un effettivo cambiamento nel modo di pensare, di agire, di metterci in

relazione con gli altri; di immergerci nel fiume della storia, non restare sulla riva a

guardare chi passa.

Doppiamo imparare a guardare sotto l’ottica del Regno di Dio la nostra vita: la

famiglia, il lavoro, la comunità cristiana, la società.

Per acquistare questa mentalità dobbiamo convertirci, dobbiamo cambiare.

Questo ci metterà insieme ai pubblicani e alle prostitute che sono passati avanti

perché sono stati capaci di convertirsi, di cambiare.

Ma solo questo cambiamento ci renderà effettivamente “Figli di Dio”.

Preghiamo insieme per questo.

Speriamo e preghiamo che avvenga così per questi bambini, per ognuno di

noi.

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