Ti amo, Signore, mia forza
23 Ottobre 2005 Nessun CommentoL’affetto, l’amore, la gioia con cui ci incontriamo, ci salutiamo, ci accogliamo, sono
certamente un dono di Dio. Sono, qui, e fuori di qui, quelle cose che danno senso,
significato, valore, alla nostra esistenza.
Imparare ad incontrarsi, ad accogliersi, ad amarsi, lo dicevamo qualche domenica fa,è
infatti la sintesi di tutta l’esperienza cristiana.
Accogliamo con gioia questo dono di Dio e chiediamogli di perdonarci… di perdonare
quell’unico peccato che sta al fondo di tutti i nostri peccati: quello di non sapere e non
volere amare.
LETTURE
Il vangelo di oggi va al cuore di molti nostri problemi e di tante difficoltà del mondo in
cui viviamo. Delinea anche in maniera chiarissima ciò che Dio vuole da noi. Il grande
comandamento, il più grande è quello dell’amore, il comandamento che unisce il cielo e la
terra, Dio e gli uomini.
La prima lettura, il libro dell’Esodo va molto al concreto e presenta delle occasioni di
amore che risalgono a 3000 anni fa e sembrano di oggi. Il Vangelo tocca il cuore del
problema e Paolo ci dice che la presenza di Dio nel mondo è affidata alla nostra
testimonianza.
Ascoltiamo!
OMELIA
Amare, perché?
Perché uscire fuori dai confini del proprio individualismo, dei propri comodi, dei propri
interessi?
Perché aprire gli occhi sul mondo, sulla realtà che ci sta attorno, sui problemi degli altri?
Perché non farsi i fatti propri, come fanno tutte le persone per bene, non far male a
nessuno e vivere tranquilli?
Addirittura, perché perdonare il nemico, porgere l’altra guancia, offrire la tunica a chi ti
chiede il mantello… perché?
Perché amare il prossimo come se stessi?
Il prossimo, l’altro, il forestiero, il povero, che diritti ha o crede di avere nei miei riguardi?
E perché non è sufficiente manifestare il proprio amore a Dio, pensando intensamente a
Lui, attraverso lunghe meditazioni, intensi momenti di preghiera, tante messe ben
ascoltate?
Perché il secondo comandamento è simile (vuol dire: omogeneo, della stessa pasta) de
primo?
Perché, lo dice l’apostolo Giovanni, è un bugiardo chi dice di amare Dio che non vede e
non ama il fratello che gli sta davanti?
Sono domande importanti.
Non potremo rispondere a tutte ma cercheremo nella Parola di Dio un’orizzonte, uno
sfondo che incammini ognuno di noi verso una risposta che, speriamo, faccia già parte
della nostra vita.
Sul piano umano l’amore non ha spiegazioni, non ha perché. Chiedete ad un uomo
(ragazzo/a), a una donna innamorati… perché?
Li mettete a disagio!
Non c’è un “perché”.
Ma… perché mi piace… mi sento attratto, non posso farne ameno, è un impulso, è
spontaneo… è più forte di me, non posso reprimerlo! Come farei vivere senza di lui, senza
di lei?
E’ come fermare le onde del mare, bloccare con la mano l’acqua della sorgente!
Il miracolo dell’amore nella nostra esperienza umana, quando c’è, sgorga
spontaneamente… Ed è impossibile imporre a qualcuno di innamorarsi o di non
innamorarsi, di amare o di non amare.
Ed allora, come può l’ amore di cui parla Cristo nel Vangelo, essere un’imposizione, una
legge, un dovere morale?
Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe tanto tempo.
Dovremmo conoscere a fondo noi stessi, ma soprattutto dovremmo conoscere Dio.
Vediamo di essere sintetici e chiari.
Chi è Dio?
Dio è amore. E’ la rivelazione centrale del messaggio cristiano.
Ma la parola amore ha troppi significati. Rimanda a troppe esperienze. E’ equivoca.
Non c’è parola più contraddittoria di questa: “Ti amo”.
Lo sa la nostra vita: “Ti amo e ti soffoco, ti amo e ti prendo e poi ti lascio, ti amo e ti
distruggo, ti amo e ti sfrutto, ti amo e ti incateno, ti amo e ti rendo infelice, ti amo… ma non
ne sono tanto sicuro, ero sicuro ieri sera, stamattina non lo sono più, ti amo, ma amo
anche un altro, o un’altra… e via discorrendo…
Dio è amore ,che in greco si dice “agape”.
Cosa vuol dire?
Questa parola indica l’amore disinteressato, l’amore per traboccamento, l’amore
gratuito.
E’ diverso dall’eros (sessualità), che riguarda la sfera della passione e dell’impulso e
dalla filia (amicizia) che designa un amore fondato sulla amabilità dell’altro.
E’ l’amore che non proviene dall’istinto ma nasce dalla decisione di farsi carico
dell’altro.
E’ questo amore che da forza, stabilità certezza all’amore umano.
Pensate all’amore di una coppia.
E’ chiaro che non è possibile senza l’eros, il reciproco desiderio dell’uno verso l’altro.
E’ evidente che è impossibile senza l’amicizia, la filia, il trovarsi bene insieme.
Ma è chiaro che se a queste due dimensioni, che oscillano, che vanno e vengono, che
cominciano e finiscono, che fluttuano, non si aggiunge la capacità di farsi carico dell’altro,
in ogni circostanza della vita, come dicono quelli che si sposano davanti all’altare,
nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, se a questi due capi della corda che
tiene uniti due persone, non si aggiunge il terzo capo che è l’amore che viene da Dio tutto
ricade nel campo della precarietà, del “mi sento e non mi sento”, dell’oggi sì domani no…
E se l’amore che viene da Dio è un ingrediente necessario per la riuscita, la
coagulazione di quegli amori che sono spontanei, pena la fine, la disgregazione dello
stesso amore che noi desideriamo come la cosa più importante del mondo, questo amore,
che viene da Dio, è assolutamente necessario per andare incontro al forestiero, alla
vedova, all’orfano, per non prestare denaro ad usura, per instaurare rapporti fondati sulla
gratuità e non sul guadagno, per perdonare il nemico, per non usare gli altri come sgabello
per le nostre scalate, per creare un mondo a immagine di Dio.
Essere cristiani vuol dire accettare questa rivelazione: che Dio è amore, e
testimoniare questo tipo di amore sia quando il nostro istinto ci spinge ad amare sia, e
soprattutto, quando il nostro istinto ci dice di disinteressarci, di fregarcene, di farci i fatti
nostri, perché il tuo prossimo è come te, come te stesso, fa parte di te, è uomo come te…
Essere cristiani vuol dire accettare soprattutto accettare Dio dentro di sé per
diventare capaci di amare.
Come sul piano umano nessuno diventa capace di amare se non è amato, così, sul
piano cristiano, nessuno diventa capace di amare come ama Dio, se non sperimenta
l’amore di Dio.
Per i cristiani la capacità, la forza di amare, come diceva M. L. King, non è un
prodotto del mio carattere, né è frutto dei miei sentimenti: E un dono, regalo, talmente
abbondante nei miei riguardi che io non posso non riversarlo sugli altri alla stessa maniera
con cui Dio lo ha riversato su di me.
Questa capacità, questa forza è ciò che Cristo chiama SPIRITO SANTO. l’unico
dono che Dio si è impegnato a concedere a chi desidera averlo e a chi lo chiede…
Ecco allora perché amare per un cristiano non è un dovere, una imposizione, ma
solo una conseguenza del suo modo di essere, un nuovo istinto, un nuova pulsione che
convive in noi con i nostri peccati, con ciò che non è stato ancora cristianizzato nella
nostra vita.
In sintesi allora la risposta è semplice: Perché ami?
Perché l’amore fa parte della vita!
Perché ami così?
Perché Dio fa parte della mia vita!
Questo amore non si rinchiude, non fa prigionieri, ma si proietta in tutte le direzioni.
Sul piano personale: Il rispetto, l’attenzione, la premura, la delicatezza, la
disponibilità, l’apertura, la capacità di chiedere perdono dopo aver sbagliato, nel cristiano
sono frutti della carità, dell’amore che viene da Dio.
Sul piano comunitario: “amatevi come io ho amato voi”; nella comunità l’amore
reciproco diventa segno della presenza di Dio: siate una cosa sola, perché il mondo creda;
modello del regno di Dio, da costruire nel mondo, partecipazione del Regno che Dio
progetta nel futuro.
Sul piano sociale e politico: all’interno di una mentalità ormai diffusa secondo la
quale politica significa individualismo, ricerca del potere, perseguimento dei propri
interessi, corruzione, sopraffazione, furto, logica di partito e non ricerca del bene comune,
noi siamo chiamati in nome dell’amore di Dio dare a questa parola una nuova dignità, una
nuova pulizia, un nuovo significato.
Il cristiano che si interessa di politica oggi, della vivibilità della sua città, del buon
funzionamento delle strutture pubbliche, del controllo degli amministratori, sa che la sua
fede e la sua carità non possono ridursi ad un fatto intimistico, privato, personale, ma
devono sforzarsi di incidere nel mondo in cui viviamo, nei mali dei quali dobbiamo farci
carico.
Anche oggi probabilmente, questa parola di Dio ci giudica e ci mette in crisi.
Se così fosse, ringraziamo Dio, vuol dire che l’abbiamo capita, vuol dire che
desideriamo e imploriamo da Lui la forza per realizzarla.
Omelie