Il più grande tra voi sia il vostro servo

30 Ottobre 2005 Nessun Commento     

Mie care sorelle e fratelli… il Signore sia con voi!

Ci chiamiamo così, fratelli e sorelle, quando entriamo a far parte di una comunità cristiana.

Io mi auguro che questo modo di chiamarci, non sia solo un “modo di dire”, un giro di parole usato

qui in chiesa, nella liturgia, ma indichi una vera dimensione della nostra vita.

Sorelle e fratelli perché veramente tutti figli dello stesso padre; fratelli di sangue, perché redenti dal

sangue di Cristo, e quindi animati dallo stesso Spirito, capaci per questo di amare e di perdonare…

Diciamo insieme…

LETTURE

Dopo le parabole del Regno di Dio, dopo la dispute con i farisei, Cristo delinea lo stile della sua

comunità, i rapporti fra i suoi discepoli…

Il brano del vangelo coinvolge in prima persona i preti, ma interessa tutti i cristiani nella comunità.

Accanto al vangelo due quadri: uno negativo, la prima lettura. Il profeta Malachia accusa i sacerdoti

del suo tempo diventati occasione di inciampo per il popolo. In positivo la lettera di Paolo ai

Tessalonicesi, che mette in luce l’amore e la disponibilità dell’apostolo per la sua comunità.

OMELIA

E’ un argomento difficile quello di oggi.

Non vi nascondo che nell’affrontarlo provo un certo disagio.

Perché davanti al vangelo generalmente parliamo di noi, di tutti noi, delle nostre comuni

responsabilità davanti alla Parola di Dio.

Stasera invece si parla direttamente di me, si parla dei preti, del ruolo che svolgono o dovrebbero

svolgere le guide spirituali di una comunità, di una chiesa.

Sarei molto più contento oggi se potessi andare a sedere in mezzo a voi e se potessi sentire

qualche altro parlare a posto mio sul ruolo del prete nella comunità cristiana.

Perché un ruolo il prete ce l’ha, è inutile nascondersi dietro un dito.

Come un ospedale che funziona suppone un direttore sanitario onesto e capace, come una scuola

che si rispetti richiede un preside valido, come una valida giunta comunale non va avanti senza un

sindaco competente e onesto…, così per una comunità cristiana che voglia vivere secondo il vangelo

sono necessari preti che siano sulla stessa lunghezza d’onda di Cristo.

Ma la comunità cristiana non è né un ospedale, una scuola, né una pubblica amministrazione.

Non è una organizzazione che distribuisce servizi religiosi, fatta da impiegati, i preti, e da utenti, i

cristiani.

Anche se purtroppo alle volte è proprio così… prime comunioni, funerali, matrimoni…e si paga,

profumatamente anche…

E’ una chiesa.

E la chiesa siamo noi, siamo tutti noi, che condividiamo la gioia e l’impegno di andare dietro al

Cristo, per testimoniare l’amore di Dio nel mondo.

Ed allora:

Che cosa è il potere nella chiesa?

Se ci deve essere l’autorità nella chiesa, come deve essere esercitata?

Cosa vuol dire far il prete in una comunità?

Quale difficoltà incontrano i preti nel loro ministero?

Come possono essere aiutati?

Cosa ne pensa la gente dei preti? Come li vorrebbe?

Un mio caro amico, mi ha portato, una volta, il testo di un manifesto affisso alla porta della chiesa

parrocchiale di Pereta, frazione del comune di Magliano, in provincia di Grosseto.

E’ una gustosa sintesi di quello che la gente pensa e dice dei preti.

Non ve lo leggo tutto, è troppo lungo, ma qualche frase è proprio simpatica.

“C’è sempre qualcosa da dire sui preti…

Se il prete parla dieci minuti più a lungo… è un parolaio.

Se parla poco… è perché non aveva niente da dire.

Se durante una predica parla più forte… allora urla.

Se non predica forte… non si capisce niente.

Se frequenta le famiglie… non è mai in casa.

Se rimane in casa… non visita le famiglie.

Se comincia la messa puntualmente… il suo orologio è avanti.

Se ha un piccolo ritardo … fa perdere tempo a un sacco di gente.

Se parla da solo con una donna… c’è sotto qualcosa.

Se parla da solo con un uomo… eh!

Se parla di giustizia sociale… fa politica.

Se è giovane… non ha esperienza.

Se è vecchio… non si adatta ai tempi.

Se muore… non c’è nessuno che lo sostituisce”.

Non credo che nella nostra comunità, grazie a Dio, sia necessario appendere questo manifesto alla

porta della chiesa, ma dobbiamo tentare di dare una risposta, a questa e alle altre domande che ci

siamo poste, ponendoci sulla lunghezza d’onda del vangelo.

Una sintonizzazione non facile perché purtroppo, fra noi e la genuinità delle parole di Cristo, si

frappongono le incrostazioni della storia.

I primi cristiani non avevano il vaticano alle loro spalle, la gerarchia ecclesiastica, il potere

temporale e lo stato della chiesa, la santa (si fa per dire) inquisizione, i roghi degli eretici, i privilegi del

clero, gli atei devoti come Marcello Pera, uomini politici che ancora oggi cercano voti proclamandosi

paladini dei valori cristiani…

Erano solo un gruppo di persone che si riunivano insieme per celebrare l’Eucaristia, che

sceglievano fra di loro uno di loro, un anziano, più saggio, più esperto nella fede, perché la

presiedesse, che cercavano di mantenere i contatti con qualcuno degli apostoli, quegli uomini che

avevano visto il Signore, i quali trasmettevano loro una testimonianza sostanziosa come quella di

Paolo, che abbiamo ascoltato. Forse già allora (gli uomini sono sempre gli stessi) tendevano a

formarsi le gerarchie, qualcuno si ergeva a maestro degli altri, qualcuno voleva distinguere fra

superiori e sudditi.

Ecco perché Matteo, nella sua comunità, fa risuonare la parole del Signore:

“Non fatevi chiamare maestri fra di voi, non chiamate nessuno padre, E voi tutti, siete fratelli…; il

più grande fra voi sia vostro servo.

Forse l’immagine che la chiesa ha dato di se non corrisponde a queste linee esposte nel vangelo.

Attorno al 1830 un papa, Gregorio XVI, scriveva: “Nessuno deve ignorare che la chiesa è una

società diseguale, nella quale Dio ha destinato alcuni come governati, altri come servitori. Questi sono

i laici, quelli sono i chierici”.

E un altro papa, Pio IX, agli inizi del nostro secolo: “Solamente il collegio dei pastori ha il diritto e

l’autorità di dirigere e di governare. La massa non ha diritto alcuno, che non sia quello di lasciarsi

governare, quale gregge obbediente che segue il proprio pastore”.

Ma il Concilio Vaticano II° la pensa diversamente: “I laici manifestino le loro necessità e i loro

desideri, con quella libertà e fiducia che si addice a figli di Dio e a fratelli in Cristo. Secondo la

scienza, competenza e prestigio di cui godono, hanno la facoltà, anzi talora il dovere, di far conoscere

il loro parere su cose concernenti il bene della chiesa”.(aggiungi…)

Abbiamo fatto dei passo avanti (dovremmo dire…indietro, perché così era all’inizio); però, la chiesa

mostra ancora oggi una struttura verticistica, piramidale, fortemente gerarchizzata, nella quale

esistono superiori e sudditi, docenti e discenti, chi comanda e chi obbedisce, insieme a distinzioni,

modi di vestire, titoli vari; non solo padri, ma canonici ed abati, eccellenze ed eminenze, monsignori,

cardinali e santità.

Io penso che Pietro, (abbiamo visto lo sceneggiato… non mi ha molto entusiasmato) se l’avessero

chiamato “santità”, lui che ancora sentiva bruciare sulle sue labbra, il rifiuto di Cristo, si sarebbe

ribellato.

E’ certo però che la gente, in chiesa, non si sente a casa sua.

“La chiesa è dei preti, lì comandano loro”, questa è la mentalità comune dei cosiddetti fedeli,

che vengono per fruire dei servizi religiosi messi a loro disposizione.

La nostra chiesa sta cadendo, il tempo ha logorato una costruzione già a suo tempo malcostruita.

Stiamo cercando di metterci rimedio pria che ci caschi addosso… Ma quanti qui se ne sono accorti o

si pongono il problema?

Abbiamo fatto una richiesta di contributo alla regione. Ci hanno mandato una miseria,

assolutamente insufficiente a fare i lavori che si devono fare. Ci hanno anche fatto capire che ci

darebbero molto di più, se nei riguardi dei politici fossimo più “malleabili”, particolarmente in tempi di

elezioni, promettendo voti.

E’ la tentazione che la chiesa deve affrontare ogni giorno. Quella di servirsi del potere, quella di

diventare “potere”.

Certo. Una qualche autorità deve esistere nella chiesa. Qualunque struttura, composta da uomini,

ha bisogno di un coordinamento.

Ma l’autorità, quella secondo l’esempio di Cristo che lava i piedi ai discepoli, si esprime come

servizio, elimina qualunque tipo di costrizione, abolisce il conferimento di qualunque superiorità o

dignità.

Abiti diversi, vestiti diversi, titoli diversi, cerimoniali diversi, sono tutte cose che creano distinzione,

perché ricalcano esattamente i modi di fare del mondo.

E se la chiesa ha il compito di rendere visibile Cristo, è necessario che questa visibilità si veda,

altrimenti che visibilità è?

Vorrei concludere, visto che si parla oggi di preti, con una testimonianza personale, esprimendo la

mia gioia di fare il prete in questa comunità.

La nostra è una parrocchia nella quale si sono tanti difetti, tante cose che non vanno, tantissime

cose da migliorare, ma nella quale esiste qualcosa di positivo.

Nessuno si scandalizza se il prete veste come tutti gli altri; sembra una sciocchezza, ma non lo è.

Da il senso della uguaglianza, elimina, nei nostri reciproci rapporti la divisione di casta, quella

superiorità e quella sudditanza di cui parlava quel papa del secolo scorso.

Sono contento perché ci diamo del “tu” con chiunque lo voglia, e non vediamo in questo un

mancanza di rispetto, ma un segno di confidenza, di amore, di fraternità.

Sono contento mi guadagno la vita con il mio lavoro, che non è quello del prete; e voi sapete da

quanto tempo, in questa comunità sia stata eliminata qualunque tariffa per i sacramenti e le

celebrazioni.

Sono contento perché non mi sento solo. Non solo perché siamo in tre, i preti in questa parrocchia,

ma perché molti fra voi, giovani, adulti, persone anziane, non sono elementi passivi, ma parte attiva in

questa comunità per tutto quello che c’è da fare: dalla spostare una sedia, al togliere la polvere dai

banchi, dall’alzarsi spontaneamente per leggere le letture o fare la colletta, dall’animazione della

messa attraverso i canti, fino al prezioso servizio della catechesi, del portare la comunione agli

ammalati, al servizio dei poveri e a tutte le altre attività che tengono in vita una comunità cristiana.

Quando ci aiutate a fare meglio i preti a fare meglio i preti noi vi ringraziano.

Nella speranza, anzi nella certezza, che insieme, ognuno di noi dia il meglio di se per costruire il

regno di Dio.

Per questo preghiamo.

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