Beati quelli che crederanno senza aver visto

23 Aprile 2006 Nessun Commento     

Siamo tornati!

Dopo la settimana santa, dopo la notte e il giorno di Pasqua, siamo ritornati per celebrare quella pasqua che

continua nella nostra vita.

Cominciamo ricantando il “Gloria” per rinnovare la gioia dell’al Resurrezione del Signore.

LETTURE

Voi farete certamente attenzione alla Bibbia che fra poco leggeremo.

Noterete che da oggi in poi, per tutto il tempo di Pasqua, non vengono letti brani del vecchio Testamento.

Pasqua è novità, è risurrezione.

I brani sono presi da ciò che hanno scritti i contemporanei di Gesù, gli apostoli e i discepoli che sono stati

testimoni della sua risurrezione.

Sono brani molto interessanti, ed anche molto densi.

Avrebbero bisogno, ognuno di essi, di essere ascoltato per bene, di essere esaminato, di essere compreso

fino in fondo.

Come il primo che leggeremo, dagli Atti degli Apostoli, che ci descrive come vivevano i primo cristiani,

quelli che credendo a Cristo, furono trasformati così profondamente nel loro cuore, da amarsi fra di loro, al di là

dl loro stesso portafoglio e dei loro soldi.

Il secondo, la lettera di San Giovanni: La nostra fede, dice, vince il mondo, toglie il peccato dal mondo, come

lo stesso Giovanni dirà nel Vangelo, quel brano di vangelo, nel quale c’è un personaggio nel quale qualcuno di

noi può rivedere se stesso.

Tommaso, San Tommaso, che dubitava, che non credeva, che voleva “toccare con le sue mani”…

Ascoltiamo. Purtroppo non abbiamo molto tempo. Ma speriamo di poterne trarre qualcosa di utile per la

nostra vita.

OMELIA

Siamo tornati!

Siamo di meno della domenica di Pasqua!

Siamo di meno, molti di meno, della domenica delle Palme, quando la gente si riversa nelle chiese per

portarsi a casa la palma benedetta, e la vuole benedetta ad ogni costo, la palma.

C’è stato qualcuno, qui, la domenica delle palme, che alla fine della messa, mentre si cercava di spiegare il

senso, il significato cristiano delle benedizione a chi era arrivato un po’ in ritardo, che, di nascosto, saliva

sull’altare per cercare l’acqua benedetta in cui intingere la palma, perché senza acqua benedetta la benedizione

non funziona…

Noi siamo tornati!

Certamente non per abitudine, per paura, par forza.

Noi siamo tornati, perché riteniamo essenziale al nostro essere cristiani questo momento di testimonianza

reciproca, questa occasione di impegno, questa esperienza di comunità.

Siamo tornati perché dobbiamo dirci a vicenda che abbiamo visto il Signore, perché non vogliamo lasciare

nel vago la nostra scelta cristiana, ma calarla nella vita di ogni giorno, attraverso quei progetti che possono, che

devono nascere all’interno di una comunità degna di questo nome.

Siamo anche tornati perché dobbiamo aiutarci a vicenda a superare i nostri dubbi.

Si dice: “Se uno dubita non crede…” Fede e dubbio si contraddicono.

Non è vero.

Credere, cioè essere fedeli a Dio, vuol dire non fermarsi mai, vuol dire andare avanti nonostante il dubbio.

Del resto non capita nella vita?

· Tu inizi un lavoro, e non sia come andrà a finire… Eppure, vai avanti.

· Tu inizi un amore e non sai come andrà a finire… Eppure vai avanti!

· Metti al mondo un figlio, lo cresci, lo educhi, non si come andrà a finire, e vai avanti!

· Ti prepari ad un esame, non sai come finirà, eppure non smetti di studiare!

La fede, l’affidarsi, fa parte della nostra vita, molto di più di quello che noi crediamo!

Non potremmo vivere più senza fidarci!

Andiamo dal medico, ci mettiamo nelle sue mani, ci facciamo tagliuzzare… E certamente non gli chiediamo

prima un certificato di suoi studi o della sua bravura!

Saliamo su un aereo e non ci informiamo se il pilota ha alzato il gomito, o se è fuori di sé perché ha

bisticciato con la moglie prima di uscire di casa!

Il dubbio coesiste con la fede, perché la fede è una crescita, e ciò che la anima dall’interno è la

fedeltà.

La fede è l’apertura verso la verità, quali che siano le conseguenze, dovunque ci porti, senza sapere

nemmeno dove ci porterà. Questa è la fede.

L’abbiamo detto altre volte, ma ripetiamolo perché ci fa bene!

Io non posso promettere a Dio di credere con chiarezza, non è nelle mie mani.

Posso promettere di essere fedele, questo è nelle mie possibilità.

La fedeltà, cioè l’impegno delle fede, è il salario quotidiano che pago al Dio che mi ha dato la fede. La fede è

un patto con Dio, è un darsi la mano e tenerla stretta anche nel buio…

Perché noi non siamo i portatori di una spiegazione del mondo. Noi non ce la abbiamo una spiegazione del

mondo. Noi non sappiamo perché c’è un terremoto, o perché un bambino muore a sette anni, stroncato dalla

leucemia, noi non sappiamo darci una spiegazione del male…

Noi sappiamo solo che Cristo, il giusto per eccellenza è stato crocifisso…

Dio non ci ha fornito una spiegazione, una formula per spigare tutto.

· Dio ci ha dato una speranza: Se Cristo è risorto, risorgeremo anche noi.

· Dio ci ha dato una forza: “Ricevete lo Spirito santo: A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”,

abbiamo letto nel Vangelo.

Queste parole, sono rivolte a ognuno di noi.

Se abbiamo lo Spirito santo, la forza di Dio, l’amore di Dio, noi saremo capaci, come Cristo che è stato

mandato per questo, di togliere il peccato, il male dal mondo.

E quello che toglieremo sarà tolto, e quello che non toglieremo, rimarrà.

Questa è la messa.

La parola messa, viene dalla parola latina “missio” significa “missione”.

Ognuno di noi viene qui, torna qui per imparare a togliere i peccati, e per accorgersi, – ecco la comunità -,

che in questa strada non è solo, ma che ci sono altri incamminati con Cristo, sulla stessa strada, insieme a lui.

Ecco perché la prima comunità cristiana non è nata dalla abitudine di andare a messa, o dalla necessità di

battezzare i bambini, è nata, duemila anni fa, dalla esigenza di immaginare e costruire un mondo come lo vuole

Dio. Erano stati così trasformati dalla risurrezione di Cristo, i primi discepoli, che facevano cose da pazzi. Cose

che a noi sembrano impossibili; cose dell’altro mondo.

Quello che possedevano, la loro “proprietà privata” non era un diritto assoluto. Lo mettevano a disposizione

perché nessuno, nella comunità, fosse nel bisogno.

Questa dimensione cristiana, che non è recitar preghiere, che non è rito, che non è processione, ma che

passa attraverso il proprio portafoglio, non possiamo lasciarla nel mondo idilliaco di sogni.

In qualche modo è necessario attualizzare questa esigenza della fede. In qualche modo, se ci chiamiamo

cristiani, dobbiamo trovare il modo, anche oggi, nella nostra società di oggi, di farla diventare progetto.

E qui, in un certo senso, ci troviamo in condizioni migliori dei primi cristiani.

Loro vivevano in un mondo cristallizzato da leggi intangibili, costruito secondo un immutabile destino: il

povero doveva restare sempre povero, per il malato non c’erano rimedi, lo schiavo non poteva essere liberato, il

potente era sempre più prepotente, la speranza pasquale urtava contro infrangibili barriere.

La loro comunione non diventava progetto Era solo un soccorso immediato, uno spiraglio aperto sulla vita

eterna.

Noi oggi abbiamo maturato una coscienza diversa, siamo aperti ad altre e nuove possibilità.

Noi oggi sappiamo che è nella mani dell’uomo, nelle nostre mani, guarire i malati, aiutare chi ha fame,

accogliere il profugo, costruire la pace, sappiamo che tutte queste cose non dipendono solo da ciò che decide

l’imperatore, ma da ciò che vuole la gente.

Purtroppo questa mentalità, anche fra i cosiddetti cristiani oggi è sempre più labile.

Durante la recente campagna elettorale lo slogan che ha fatto più presa era quello che esortava a farsi i fatti

propri, i “propri” interessi.

Vota per difendere i tuoi interessi.

Il bene comune, la solidarietà, gli interessi di tutti, specialmente dei meno fortunati, non sono di moda.

Ognuno zappi il suo orticello, ed il mondo vada pure alla malora!

E’ qui dobbiamo dubitare della nostra fede.

Io devo dubitare, devo chiedermi se la mia fede è o no coerente con la mia vita.

Perché, credetemi, non è difficile credere in Dio, quando questo non influisce minimamente sulla mia vita.

Ma questa non è fede. Questa è credulità

Fede vuol dire fidarsi di Dio, Vivere nella nuova dimensione della risurrezione di Cristo.

Io dubito della mia fede. Dubito cioè della mia capacità di essere coerente nella mia vita con ciò che le mie

labbra dicono di Cristo e di Dio.

Beati quelli che crederanno senza aver visto.

Senza aver visto me, perché avranno visto voi, avranno visto la vostra fede incarnata nell’al vostra vita.

Che il Signore risorto ci dia lo Spirito, la forza, la capacità di essere, come Lui, capaci, di togliere il peccato

del mondo.

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