Io sono la vite, voi siete i tralci

14 Maggio 2006 Nessun Commento     

Arriviamo qui, come ogni domenica, portandoci dietro la leggerezza delle nostre gioie e delle gioie del

mondo, il fardello ddlle nostre pene e di quelle della realtà che ci circonda.

Gli avvenimenti della nostra vita, i nostri dolori e le nostre speranze si intrecciano alle sofferenze ed alle

speranze del mondo…

Iniziamola, questa messa, con un desiderio: che si manifesti tra le pieghe del tormentato volto della

storia, il volto, la gloria di Dio.

LETTURE

Tutto ciò che ascolteremo oggi è ancora una volta uno stimolo, una spinta vivere, sempre più e sempre

meglio, l’avvenimento pasquale.

Pasqua è risurrezione, è vita nuova, è un nuovo modo di essere che si traduce in un nuovo modo di

fare…

“Io sono la vite e voi i tralci”, ci dice Cristo. Il nostro compito è portare frutti, concreti, reali, veri… non

parole, fatti, precisa Giovanni nella sua lettera, come avveniva, secondo la testimonianza degli Atti, nelle

prime comunità cristiana.

OMELIA

“Amiamoci, ci ha detto Giovanni, sul serio, a fatti, non solo a parole, con bei discorsi.

Da questo sapremo che siamo nella verità.”

La verità della nostra vita…

In che cosa consiste la verità della vita?

E’ estremamente chiara la risposta di Giovanni: Nella nostra capacità di amare.

Chi ha stabilito i brani da leggere in questa domenica di Pasqua ha omesso, speriamo non

deliberatamente, due righe. Due righe che che calano l’astrattezza delle parole nella concretezza della

quotidianità: “Se uno ha di che vivere e vede un fratello bisognoso, ma non ha compassione e non lo aiuta,

come fa a dire: “Io amo Dio”?

Noi siamo nella verità quando amiamo. E’ questo l’unico criterio che da autenticità alla nostra vita.

Penso che per valutare la verità della vita di ognuno di noi sarebbe sufficiente disegnare il cerchio dei

suoi interessi.

Per alcuni un simile cerchio coinciderà con la loro… circonferenza, e sono i dannati.

Altri allargheranno la loro attenzione, a coloro che li circondano, ma saremo giudicati “cattolici” solo se la

nostra visuale arriverà fino alla estremità della terra.

Questa è la “verità” difficile della nostra vita.

Perché non è una verità da credere, ma una verità da fare.

Ma, nella parola di Dio di oggi, insieme alla difficoltà è indicata la strada per la soluzione.

L’amore a fatti, non a parole, nel cristiano non nasce da una generica e moralistica spinta al “vogliamoci

bene”. Non è “buonismo” sdolcinato, che può dare origine al sorriso stereotipato e formale, alla pacca sulla

spalla, magari al tirare fuori cinque euro dal portafoglio, continuando sostanzialmente a farsi i fatti propri.

Questo amore, questa solidarietà, questa capacità di dare la vita nasce da un rapporto profondo,

intimo con Cristo, che ci trasforma, comunicandoci a stessa vita, lo stesso sangue, la stessa linfa

che rende possibile la vita di Dio: Il suo Spirito.

Ecco la spiritualità del cristiano: se è vero, come diciamo spesso che Dio è presente in ogni uomo; se è

vero che Dio è presente nel cuore dell’ateo che opera il bene, sarà ancora più vero che il contatto

prolungato con Cristo, con la Parola di Dio, all’interno in una comunità, produce una vera e propria

trasformazione della propria vita.

Ci fa diventare rami dello stesso albero, fa scorrere dentro di noi la stessa linfa di Dio, ci rende capaci di

fare quello che ha fatto Lui, ci fa capire che senza di Lui, staccati da Lui, non possiamo far nulla.

E ciò non deve stupirci. Non si dice , in senso negativo: “Chi va con lo zoppo, all’annu azzuppia?

Non è un delle esperienze più reali della nostra esistenza che ciò con cui siamo in contatto ci cambia?

Amici, fidanzati, sposi… Un incontro, un libro, un disco, una canzone, tutto ciò che vediamo ci trasforma nel

bene e nel male…

Se questo è possibile agli uomini, alle cose, perché non dovrebbe essere possibile a Dio?

Ecco allora perché siamo nella verità. Perché siamo in Cristo, vite di cui noi siamo i tralci, è la via, la vita,

la verità.

Su questa constatazione, su questa esperienza si fondano per noi cristiani le motivazioni dell’amore del

prossimo.

Se ci riflettete bene, l’amore è l’unica cosa al mondo che si fa senza un motivo.

Chiedete a due perché si amano… Non c’è un motivo. E’ così. Basta.

Così come quando l’amore finisce. Ci si arrovella perr cercare i motivi. Non sempre ci si riesce.

Non amiamo perché ci viene comandato. Si ama perché si è in un certo modo.

Se siamo uniti a Cristo e Cristo è unito a Dio, noi non possiamo non amare, perché Dio è amore.

E’ fatto così.

L’amore non è un comandamento… E’ la naturale esplicitazione di un modo di essere.

Ciò che abbiamo di divino in noi, ama.

Ciò che è ancora umano, ciò che non è ancora stato trasformato dalla Spirito di Dio, non riesce ad

amare.

Il nostro compito consiste nel non uccidere il divino che c’è in noi, nel pigliarne coscienza, senza paure e

senza sensi di colpa per i nostri limiti, perché “se il nostro cuore non ci perdona, Dio è più grande del

nostro cuore”.

Il dramma della nostra epoca è proprio questo. Che noi uomini, oggi, siamo legati, aggrovigliati gli uni agli

altri. Siamo legati dalla paura, dall’interesse, dai problemi economici, dall’inflazione, dalle tasse, dal mercato

globale,dall’indice di Maastricht, da “domenica in, da Internet, ma non siamo uniti dalla fiducia, dall’amore

reciproco.

Siamo stretti gli uni congli altri, ma non ci amiamo, ci inganniamo.

Penso a questi giorni ai tifosi. A quelli che dalla mattina alla sera parlano di pallone: discutono, si

accapigliano, litigano, si esaltano per la superiorità della propria squadra, discettano sullal migliore tattica da

usare, del miglior campione da comprare, del più b ravo allenatore a ingaggiare, mentre altri, a loro insaputa,

decidono a tavolino il risultato della partita. Poveretti!

Siamo legati, costretti a stare l’uno accanto all’altro, senza l’amore… questo è l’inferno!

Leggete solo i quotidiani di ieri: la tangentopoli del calcio… è il male minore; a Gaza in Palestina, la

povera gente muore negli ospedali perché mancano i farmaci: i paesi occidentali, per protestare contro il

governo di Hamas; in Nigeria duecento i morti che tentavano di rubare il petrolio; uccisa Jennifer, aspettava

un bimbo, nove mesi…la foto del bambino morto pubblicata sui gornali: Massimo Cacciari, un filosofo che

dice di essere ateo è sconvolto: “Quell’immagine è indecente… abbiamo bisogno di un dio che ci salvi”.

Noi ce lo abbiamo un Dio.

Il papa si rivolge ai politici, perché è convinto che se fanno leggi ispirate ai valori cristiani, salveranno il

mondo.

La bibbia, la parola di Dio di oggi si rivolge ai cristiani, a noi che abbiamo scelto Gesù Cristo.

Gesù Cristo non si rivolgeva ai politici ma ai suoi discepoli.

Il miracolo che il mondo aspetta dai cristiani è il miracolo della carità, del nostro amore coraggioso, attivo,

gioioso, comunicativo.

Ovunque arriva un cristiano, dovrebbe prodursi la comunione, rompersi il ghiaccio, irraggiare la gioia, la

generosità attenta e delicata, la dedizione contagiosa…

Forse il mondo non è mai stato, come oggi, aperto alla conversione, infatti mai la necessità di amarsi è

stata così evidente.

Forse il mondo non è mai stato così lontano dalla conversione perché noi cristiani non abbiamo portato i

nostri frutti.

E per portare frutti non è necessario essere persone importanti, ricoprire incarichi speciali, perché

spesso, su un albero, i frutti più gustosi, si trovano all’estremità, sui rami più piccoli…

E questi frutti li possiamo far maturare nella vita di ogni giorno, rispondendo alle sollecitazioni che la realtà

e Dio stesso ci pongono sotto gli occhi, se li teniamo aperti.

Mi è stato portato qualche giorno fa un foglietto: le beatitudini del 2000. Per finire lo leggiamo.

Sulla scia di queste indicazioni ognuno di noi troverà la strada, dalle piccole alle grandi occasioni, per

amare non con le parole, ma con i fatti e nella verità.

Le beatitudini del 2000

Beati coloro che hanno scelto di vivere sobriamente, per condividere i loro beni con i più poveri.

Beati coloro che rinunciano a più offerte di lavoro per risolvere i problemi dei disoccupati.

Beati i funzionari che sveltiscono gli iter burocratici e tentano di risolvere i problemi delle persone non

informate.

Beati i banchieri, i commercianti e gli agenti di vendita che non approfittano delle situazioni per

aumentare i loro guadagni.

Beati i consiglieri comunali e provinciali che non hanno come scopo il loro interesse personale e di partito

ma gli interessi della gente.

Beati i politici e i sindacalisti che non arricchiscono se stessi ma trovano soluzioni concrete alla

mancanza di lavoro.

Beati noi quando smetteremo di pensare: “Che male c’è nel frodare, tanto la fanno tutti”.

Allora la vita sociale, la vita di ogni giorno, la nostra vita, sarà un anticipo del Regno dei cieli.

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