Il Figlio dell’uomo è venuto per servire

22 Ottobre 2006 Nessun Commento     

Ci ritroviamo come fratelli attorno alla stessa mensa per ripetere quel gesto che Cristo ha inventato per

insegnarci l’amore e il servizio per i nostri fratelli.

Per tutte quelle volte in cui la nostra sete di dominio si è servita degli altri invece di servirli, chiediamo a Dio

perdono.

LETTURE

Un altro orizzonte, un altro dei sogni, delle utopie di Cristo si squaderna oggi davanti ai nostri occhi leggendo il

brano del Vangelo di Marco.

Abbiamo visto, nelle domeniche scorse, cosa ne pensa Cristo dell’amore umano, come valuta il denaro e le

ricchezze; oggi vedremo il suo atteggiamento davanti al potere, al prestigio, a quell’istinto di dominio che, in

maniera a volte sottile, a volte grossolana regola spesso i rapporti umani.

Egli è giunto alla fine del suo viaggio verso Gerusalemme. Un viaggio il cui significato va al di là di un semplice

spostamento geografico.

Cristo, salendo a Gerusalemme, va a morire, va a dare la vita, va a ricevere il suo vero “battesimo”,

l’immersione nella sofferenza che accompagna la disponibilità a dare la vita.

Della generosità, e della presenza di Cristo in tutte le nostre esperienze umane ci parlano Isaia nella prima

lettura e il brano della lettera agli ebrei.

Ascoltiamo!

OMELIA

“Maestro, per noi, che c’è?

Queste parole assomigliano tanto a quella frase che era diventata qualche anno fa a Catania un ritornello sulla

bocca degli amministratori in cerca di prebende e soldi: “Pi mia cchi c’è?”

Giacomo, Giovanni e gli altri dieci non erano molto diversi da chi oggi briga per ottenere dall’alto un assessorato

o una poltrona nel consiglio comunale, una ricca consulenza, o favori per i propri protetti.

E questo non deve scandalizzarci, dicevamo venerdì all’incontro nel quale abbiamo riflettuto insieme su questa

Parola di Dio.

I discepoli di Cristo solo dopo la risurrezione, solo dopo il contatto profondo con lo Spirito Santo, capirono

veramente chi era il Maestro.

Prima che questo avvenisse, Gesù rappresentava per loro un capopopolo che una volta preso il potere li

avrebbe “sistemati” tutti.

Ma Cristo approfittando della richiesta, ribalta ancora una volta, come nel caso del matrimonio, come

nell’episodio del ricco che voleva seguirlo, la loro mentalità, la mentalità comune.

Perché il mondo in cui viviamo è così.

Tendiamo a prevaricare, a sottomettere, a comandare.

Ne abbiamo parlato qualche domenica addietro. Lo ricorderete.

Abbiamo visto come questa sottile voglia di dominio si insinua ovunque: nel rapporto di coppia, negli affetti

familiari, su su, fino alla vita sociale e politica.

Ma fra voi non deve esse così, dice Cristo, lo dice a Giacomo, a Giovanni, agli altri dieci, a tutti quelli che

vogliono sinceramente andargli dietro.

Non sembra che Cristo si preoccupi direttamente della sete di potere nel campo della economia e della politica,

né del modo di esercitarlo.

Lo da per scontato… Anche se è possibile cogliere, sotto le sue parole una sottile ironia: ai potenti “sembra” che

il mondo dipenda da loro; si fanno chiamare “benefattori” dell’umanità.

Dalle follie palesi del dittatore della Corea del Nord alle espressioni più smaliziate dei politici di casa nostra, la

musica non cambia…

Piuttosto Cristo si preoccupa dei suoi seguaci, si preoccupa di noi.

Fra di voi non deve essere così. Nella chiesa, nella comunità cristiana non deve essere così.

Egli sa che per diminuire l’inquinamento che il potere genera nel mondo è necessario cominciare a diminuire il

tasso di potere e di aggressività che c’è dentro di noi, perché altrimenti tutta la realtà che ci circonda sarà inquinata.

Ma c’è un problema: a volte l’esperienza che il cristiano fa della chiesa è, a questo riguardo, un esperienza

negativa!

Perché, al di là delle ottime intenzioni dei singoli, l’immagine della chiesa che noi presentiamo all’esterno è quella di

una società gerarchica e gerarchizzata, verticistica…

Dai vestiti ai palazzi, dal lusso ai titoli onorifici, dalla distinzione fra chierici e laici, tra superiori e sudditi, alla ricerca dei

privilegi e dei compromessi con il potere di turno, noi corriamo il rischio di proiettare una immagine molto diversa dalla

chiesa che Cristo ha sognato…

Purtroppo ci siamo abituati. Non ci facciamo più caso. Molto probabilmente questi segni esterni di prestigio e di potere

non hanno, su noi che stiamo dentro, nessun effetto negativo, si sposano magari con un autentico spirito di servizio…, ma

l’immagine che diamo al mondo, al mondo laico, al mondo del potere, al mondo dei compromessi, al mondo del dominio

non è genuina, è omologata.

E il mondo del potere guarda alla chiesa come a un centro di potere, con cui allearsi per stare a galla.

E’ stato umiliante per noi cristiani, avere appreso quanto è avvenuto giovedì scorso a Verona.

Una messa alla stadio. La messa del papa a conclusione del convegno ecclesiale.

Alla messa presenti gli uomini di potere di entrambi gli schieramenti gli uni a destra, gli altri a sinistra, in pompa magna,

con portaborse, ministri e sottosegretari, pronti a inchinarsi davanti al papa facendo a gara nel promettere alla chiesa

appoggi e protezione in cambio di consenso.

Altrimenti perché credete che ci siano andati?

Perché tutto questo?

Se il capo del governo o il capo dell’opposizione vogliono andare a messa, che ci vadano come tutti gli altri, mescolati.

E se non possono farlo perché temono della loro sicurezza, che se ne stiano a casa. E’ meglio!

E poi durante i canti sacri, in sottofondo, cori di applausi dei fans per l’uno, fischi o qualcosa di simile per l’altro.

E’ stato definiti uno spettacolo indegno

Io non do la colpa né ai sostenitori dell’uno, né ai contestatori dell’altro.

Do la colpa a chi ha permesso che si scambiasse una celebrazione eucaristica per una passerella politica in cerca di

consensi.

Esattamente il contrario del vangelo di oggi: Giacomo e Giovanni: Berlusconi e Prodi, uno alla destra l’altro alla

sinistra: nella politica sì, alla messa no!

La chiesa non fa politica, ha detto il papa. Così il Corriere della Sera titolava venerdì in prima pagina.

Io non so che cosa significano precisamente queste parole.

Ma bisognerebbe fare in modo che i politici non la considerino la chiesa come un potere, con il quale allearsi

vantando,la torto o a ragione la propria patente di cattolicità. E che la chiesa si sganciasse dai privilegi e dalle protezioni,

affidando alla testimonianza dei credenti la forza del vangelo.

Cristo non aveva potere.

Aveva solo due simboli. il grembiule con il quale si cinse quando lavò i piedi ai discepoli e la croce.

Noi ripetiamo quel gesto il giovedì santo. Forse dovremmo ripeterlo più spesso all’interno dell’ Eucaristia.

Guardate che è pesante.

Vedere il celebrante, colui che sta sopra e al centro, riverito, onorato, incensato, prete, o vescovo, o papa che sia

scendere a lavare i piedi di uno qualunque, forse equilibrerebbe la bilancia.

Purtroppo questa pagina di vangelo scorre, innocua, su strutture che da Costantino in poi, ci sembra impossibile

cambiare.

Anche se abbiamo fatto, specialmente in questi ultimi tempi, passi significativi per avvicinarci al vangelo.

Diceva un papa del secolo scorso, Gregorio XVI: “La chiesa è una società di diseguali, in cui Dio ha destinato gli uni

come governanti e gli altri come servitori. Costoro sono i laici, quelli i chierici…

E Pio X, all’inizio di questo secolo: “Solamente il collegio dei pastori il diritto e l’autorità di dirigere ve di governare. La

massa non ha diritto alcuno che non sia quello di lasciarsi governare, quale gregge obbediente che segue il proprio

pastore.

Confrontate non solo il contenuto ma il tono di questo linguaggio con quanto afferma il Vaticano II : nel

documento che descrive le caratteristiche della chiesa nel mondo contemporaneo:

“Uno è il popolo di Dio… Nessuna ineguaglianza in Cristo e nella chiesa… Quantunque alcuni per la volontà di Cristo

sono costituiti pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e alla azione comune

nell’edificare il Corpo di Cristo…

A questo proposito dice molto bene S. Agostino: “Se mi atterrisce l’essere per voi, mi consola l’essere con voi. Perché

per voi io sono vescovo, con voi sono cristiano. Quello è nome d’ufficio, questo di grazia; quello è nome di pericolo,

questo di salvezza”.

Ecco. Da questa immagine di chiesa noi dobbiamo desumere i nostri atteggiamenti. Come lui,

E se ci capita, perché viviamo in questo mondo, di avere delle responsabilità, dei posti di potere, abbiamo una cartina

di tornasole per verificare se la nostra è un’autorità che fa crescere, se è un servizio, o se è un dominio che appiattisce.

Questo posto di potere quali vantaggi mi procura? Quali privilegi mi da? Quali comodi mi offre?

Sarebbe una domanda da porre a tutti quegli onorevoli che si definiscono cattolici.

Ma pensiamo a noi e preghiamo per noi.

Perché è giusto chiedere a Cristo di sedere con lui nel suo regno.

Se siamo disposti a bere il calice della condivisione, ad essere battezzati col battesimo delle difficoltà e delle

sofferenze che affronta chiunque mette veramente la sua vita al servizio degli altri.

E speriamo che questa preghiera venga esaudita.

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