Ti amo, Signore, mia forza

5 Novembre 2006 Nessun Commento     

L’affetto, l’amore, la gioia con cui ci incontriamo, ci salutiamo, ci accogliamo, sono certamente un dono di Dio. Sono, qui, e fuori

di qui, quelle cose che danno senso, significato, valore, alla nostra esistenza.

Imparare ad incontrarsi, ad accogliersi, ad amarsi, è infatti la sintesi di tutta l’esperienza cristiana.

Accogliamo con gioia questo dono di Dio e chiediamogli di perdonarci… di perdonare quell’unico peccato che sta al fondo di tutti

i nostri peccati: quello di non sapere o di non volere amare.

LETTURE

Come singoli posiamo sbagliare strada nella vita, rovinare i nostri giorni, sprecarli, diventare sorgente i sofferenza per gli altri.

Ma anche come comunità, come popoli possiamo sbagliare traiettoria, ed allora le sofferenze si no moltiplicano all’infinito.

Dio vuole parlarci oggi per mostrarci quale è la strada che sfugge alla rovina e che porta alla salvezza.

Prendiamo sul serio questa Parola di Dio, e sforziamoci di capirla, di ricordarla, di metterla in pratica.

OMELIA

Amare, perché?

Perché uscire fuori dai confini del proprio individualismo, dei propri comodi, dei propri interessi?

Perché aprire gli occhi sul mondo, sulla realtà che ci sta attorno, sui problemi degli altri?

Perché non farsi i fatti propri, come fanno tutte le persone per bene, non far male a nessuno e vivere tranquilli?

Addirittura, perché perdonare il nemico, porgere l’altra guancia, offrire la tunica a chi ti chiede il mantello…

perché?

Amare il prossimo come se stessi?

Il prossimo, l’altro, che diritti ha o crede di accampare nei miei riguardi?

L’individualismo nel quale siamo immersi, che respiriamo come l’aria come l’aria inquinata di cui non sentiamo più il cattivo

odore, ci contamina tutti.

Come le persone per bene, ci facciamo i fatti nostri, cercando di non far male a nessuno, ma chiudendo occhi e orecchie verso ciò che

sta attorno a noi.

Come la gente per bene dei quartieri bene di Napoli, Vomero e Posillipo, che non va a fare gli scippi, né si ammazza per la

strada, ma (Corriere della sera di venerdì, pag. 5), paga il pizzo in silenzio e guarda con distacco la criminalità.

O come i giovani dei quartieri bassi, che per “pariare” un neologismo inventato nella fantasiosa lingua napoletana, per

divertirsi, per distrarsi, fa uno scippo, ruba un orologio Rolex, uccide per uno sgarbo, o per un centinaio di euro.

Alla base c’è lo stesso atteggiamento: degli altri non me ne importa niente.

Un atteggiamento che contamina anche la nostra religiosità.

E perché non sarebbe sufficiente manifestare il proprio amore a Dio, pensando intensamente a Lui, attraverso

lunghe meditazioni, intensi momenti di preghiera, tante messe ben ascoltate…

Ed allora: amare gli altri, perché?

Anzitutto dobbiamo chiarire qualcosa sul significato della parola: amore.

Sul piano umano l’amore non ha spiegazioni. Chiedete a due innamorati perché sono …innamorati.

Li mettete a disagio!

Ma perché mi piace… mi sento attratto, non posso farne ameno, è un impulso, è spontaneo… è più forte di me,

non posso reprimerlo! E’ l’uomo, la donna della mia vita… Come farei vivere senza di lui, senza di lei?

Sarebbe come fermare le onde del mare, bloccare con la mano l’acqua della sorgente!

L’amore sul piano umano, quando c’è, sgorga spontaneamente… Ed è impossibile imporre a qualcuno di

innamorarsi o di non innamorarsi, di amare o di non amare

Ed allora, che specie di amore è quello di cui parla Cristo: una imposizione, una legge, un pesante dovere morale,

un comandamento?

Per rispondere a questa domanda non dobbiamo partire da noi.. dalla nostra umanità, dal nostro modo di

amare…

Dobbiamo partire da Dio, e dal rapporto che abbiamo con Lui.

Vediamo di essere sintetici e chiaro.

Dio è amore.

E’ il culmine della rivelazione biblica e cristiana.

Cosa vuol dire?

Dio è “agape”. Questa parola, usata dalla bibbia, indica l’amore disinteressato, l’amore per traboccamento,

l’amore gratuito, l’amore che parte per primo.

E’ distinto dall’eros (la sessualità), che denota l’amore sotto l’aspetto della passione e dell’impulso e dalla filia

(l’amicizia) che designa un amore fondato sulla amabilità dell’altro.

Ciò vuol dire allora che i sentimenti che noi proviamo verso la persona di cui ci innamoriamo, verso i nostri figli,

verso i nostri amici, Dio questi stessi sentimenti è capace di nutrirli per tutti!

Attrazione fisica ed amicizia sono naturali, fanno parte della nostra struttura umana. Hanno bisogno di

reciprocità. Creano tante bellissime situazioni… a volte ne creano di bruttissime…

Ti amo, mi piaci…non ti amo più, non mi piaci più… Ciao! Chi s’è visto s’è visto!

I fratelli musulmani si amano e si organizzano per uccidere quelli che non li amano.

I fratelli americani fanno la stessa cosa.

Il nostro amore umano, naturale, crea le famiglie, i gruppi, i clan, le nazioni, e allo stesso tempo distrugge le

famiglie, rompe le amicizie, e fa le guerre.

L’amore di Dio, il suo non è naturale. E’ innaturale. Se volgiamo è soprannaturale.

Non nasce dalla nostra struttura, dal nostro modo di essere.

Deve essere inserito in noi dall’alto.

Questa capacità, questa forza è ciò che Cristo chiama SPIRITO SANTO. l’unico dono che Dio si è impegnato a

concedere a chi desidera averlo se glielo chiede…

Essere cristiani vuol dire accettare questa rivelazione che Dio è amore. Fare per mezzo di Cristo questa

esperienza di Dio; aver capito ed essere felici di esistere perché lui ci ama, sperimentare di essere salvati, perdonati, mai

abbandonati da lui, e diventare a nostra volta capaci di riversare sugli altri l’amore che Dio ha avuto per noi…

Come sul piano umano nessuno diventa capace di amare se non è amato, così, sul piano cristiano, nessuno

diventa capace di amare come ama Dio, se non ha sperimentato l’amore di Dio.

Possiamo ora capire che questa capacità, questa forza di amare, come diceva M. L. King, non è frutto del mio

carattere, né dei miei sentimenti. E un dono di Dio, un regalo, talmente abbondante nei miei riguardi che io non posso

non riversarlo sugli altri alla stessa maniera con cui Dio lo ha riversato su di me.

Come per un uomo, una donna è spontaneo innamorarsi, così per un cristiano, in un certo senso, deve diventare

spontaneo amare gli altri se ha sperimentato l’amore di DIO.

Ecco allora perché amare per un cristiano non è un dovere, un comandamento, ma solo una conseguenza del suo

modo di essere, una nuova spontaneità, un nuova pulsione che convive in noi con i nostri peccati, con ciò che non è stato

ancora cristianizzato nella nostra vita.

Ma forse questi peccati sono provvidenziali, perché solo se continuiamo a sentirci amati e perdonati saremo

capaci di amare e di perdonare.

In sintesi allora: la risposta è semplice: Perché ami? Perché sono amato!

Ed è così grande questo amore di Dio in me che non può non traboccare verso gli altri.

Se non ci troviamo del tutto all’interno di questa esperienza non scoraggiamoci..

E’ che il cristianesimo, ci è stato presentato solo come una buccia, un involucro esterno che non ha trasformato la

nostra vita.

Ma Dio non si perde d’animo. ogni momento, anche questo che ora stiamo vivendo è buono per ricominciare, per

proiettare , con fatica all’inizio, poi, a poco a poco, a mano a mano che Cristo di impadronisce di noi più facilmente,

questo amore in tutte le dimensioni della nostra vita.

Nella dimensione personale: Il rispetto, l’attenzione, la premura, la delicatezza, la disponibilità, l’apertura, la

capacità di chiedere perdono dopo aver sbagliato, nel cristiano sono frutti della carità, dell’amore che viene da Dio.

Quest’amore che arricchisce l’eros, la sessualità di fedeltà e della capacità di farsi carico dell’altro, ed aggiunge alla filia,

all’amicizia la capacità di aprirsi all’accoglienza dell’estraneo.

La dimensione comunitaria: ci troviamo qui come estranei, dobbiamo diventare fratelli. Amatevi come io ho

amato voi. Nella comunità l’amore reciproco diventa segno della presenza di Dio: siate una cosa sola, perché il mondo

creda; modello del regno di Dio, da costruire nel mondo, partecipazione del Regno che Dio progetta nel futuro.

La dimensione sociale e politica: all’interno di una mentalità ormai diffusa secondo la quale politica significa

individualismo, ricerca del potere, perseguimento dei propri interessi, corruzione, sopraffazione, furto, logica dipartito e

non ricerca del bene comune, noi siamo chiamati in nome dell’amore di Dio dare a questa parola una nuova dignità, una

nuova pulizia, un nuovo significato.

Il cristiano che si interessa di politica oggi, della vivibilità della sua città, del buon funzionamento delle strutture

pubbliche, del controllo degli amministratori, sa che la sua fede e la sua carità non possono ridursi ad un fatto intimistico,

privato, personale, ma devono sforzarsi di incidere nel mondo in cui vive, dei mali del quale dobbiamo, come Cristo farci

carico.

Anche in questo campo l’assenza dei cristiani, la loro apatia il loro permettere che siano autori dello sfascio

uomini che aggiungono al loro partito l’aggettivo “cristiano” è segno di una religiosità superficiale, di una spiritualità

povera che si preoccupa magari del miracolo di S:Gennaro, ma è incapace di realizzare nel mondo la carica esplosiva

dell’amore di Dio.

Anche oggi probabilmente, questa parola di Dio ci giudica e ci mette in crisi.

Se così fosse, ringraziamo Dio, vuol dire che l’abbiamo capita, vuol dire che desideriamo e imploriamo da Lui la

forza per realizzarla.

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