Fa’ che ascoltiamo Signore, la tua voce

30 Gennaio 2006 Nessun Commento     

Convocati da mille strade diverse, in mille modi diversi ci ritroviamo insieme, per formare una famiglia,

la famiglia dei figli di Dio.

La nostra presenza qui è già un segno, un’immagine di ciò che Dio si aspetta ogni giorno da noi.

Battesimi

Perché noi speriamo che questo trovarci insieme, questo pregare insieme, questo prenderci per mano

non rimanga fra queste quattro mura, ma sia esportato nella nostra vita, ogni volta che tendiamo uno mano allo

straniero, allo sconosciuto, all’amico e al nemico, per far sentire loro il calore di Dio.

Non sempre, lo sappiamo, riusciamo a farlo.

Per questo che prima di celebrare l’Eucaristia, chiediamo insieme perdono.

LETTURE

Il brano del V.T. che leggeremo si collega con il vangelo di Marco. Dio promette al suo popolo un

profeta che parli in suo nome. I primi discepoli identificarono in Cristo il profeta promesso da Dio.

Tralasciando il brano di Paolo che avrebbe bisogno di un discorso a parte ci fermeremo piuttosto sulla

profezia, cercando di comprendere il senso di questa dimensione di Cristo per ricrearla nella nostra vita.

OMELIA

Corriere della sera, sabato 29 gennaio 2000, ieri, pag. 15: “Incerta, confusa, impacciata, disorientata e

sostanzialmente disillusa”, così viene descritta nel rapporto annuale dell’Eurispes l’Italia che si affaccia al

duemila.

E simbolo del Belpaese diventa Zeno, il neghittoso protagonista del romanzo di Italo Svevo che si

crogiola nella sua malattia più o meno immaginaria, “lastrica il suo cammino di buoni propositi puntualmente

disattesi”, lascia infine che siano altri a decidere per lui.

Per quanto chi sta in alto faccia di tutto per rasserenarci, per convincerci che nel mondo tutto va bene

perché stiamo vincendo la guerra in Iraq, che nel nostro paese tutto va bene, perché se qualcosa andasse male

bisognerebbe cercare i colpevoli e questo non è di moda, che nella nostra città tutto va benissimo, come diceva

l’altra sera il sindaco al consiglio comunale, anche se il comune ha accumulato in due anni 82 000.000 di euro

di debiti e non sappiamo come andrà a finire nel 2006, noi sappiamo benissimo quante incertezze e quanti

disorientamentiemergono in tutti gli strati della società, a stento camuffati dalle fiction televisive e dagli

spettacoli di varietà…

E dentro di noi come va?

Eurispes 2005

Un Paese confuso e abulico, che tentenna sulla strada da intraprendere. Un Paese, schiacciato sul presente,

incapace di proiettarsi nel futuro, di prolungare lo sguardo oltre l’arrangiarsi giornaliero e di lanciare il cuore

oltre l’ostacolo. Un’Italia alla ricerca di un progetto.

Si assiste al ritorno di pericolose forme di disuguaglianza sociale, economica e culturale, la mobilità sociale in

senso ascendente e duraturo sembra essersi bloccata mentre appare attiva e sempre più pervasiva quella

discendente. Siamo in presenza, per la prima volta nel dopoguerra, di un fenomeno che abbiamo definito di reflazione,

dato dalla successione temporale, nello scenario economico italiano, di elevati tassi di inflazione – che,

deliberatamente, sfuggono alla contabilizzazione della statistica ufficiale – e di segnali significativi di recessione,

sia dal lato della domanda di beni di consumo e di investimento sia dal lato della produzione di beni e servizi.

Tuttavia non mancano nel nostro Paese modelli di vitalità imprenditoriale e territoriale, casi di successo

organizzativo, come il Lazio e la Campania, aree di eccellenza produttiva e tecnologica, modelli che attendono

soltanto di essere replicati su scala nazionale, soprattutto in quei contesti dove è maggiore la fragilità di

carattere sociale ed economico.

Il Rapporto Italia 2005 è strutturato in 6 sezioni, ciascuna delle quali è accompagnata da 10 schede tematiche di

carattere fenomenologico. Ogni sezione è introdotta da un saggio che rappresenta uno specifico percorso di

riflessione rispetto alla categoria o al concetto da sviluppare. Le diverse schede realizzate sono riconducibili, in

massima parte, ai saggi base che ne costituiscono il prolungamento fenomenologico ma, al tempo stesso,

rappresentano il punto di partenza per una lettura critica degli stessi.

L’edizione del 2005, la 17a, offre una lettura della società complessa attraverso diversi percorsi di ricerca:

Competitività ● Lavoro ● Economia ● Democrazia e Istituzioni ● Giustizia e Legalità ● Società e

Costume

Un paese alla deriva, insomma, così lo descrive il presidente dell’Istituto di ricerche e di analisi Gian

Maria Fara, in cui “la classe politica è balbettante e incapace di affrontare le questioni aperte dalla complessità

sociale”.

Incertezze e disorientamenti emergono in tutti gli aspetti della società…

Mi fermo qui; il resto lo potete leggere sul giornale che ho citato o sul qualunque altro quotidiano che

porta la data di ieri. Leggevo questo articolo ieri mattina a scuola, nel cortile del Cutelli, ed ho guardato i

ragazzi… sarà una strana coincidenza ma mi ha colpito il “nero”. Sì. Lo avete notato? I giovani oggi vanno tutti,

o quasi vestiti di nero…

Lo stesso colore dell’articolo riflesso su di loro; inconscio specchio forse della realtà?

Che ne pensiamo di questa diagnosi?

Ci riconosciamo in questo identikit dell’italiano medio?

Oppure, anche se questo è il clima che ci circonda ritroviamo dentro di noi, incertezza, confusione,

disorientamento, disillusione, oppure, nonostante tutto, idee chiare, ottimismo, fiducia, speranza?

Se riusciamo a non farci cadere le brccia, quale potrebbe essere il nostro compito di cristiani in un

mondo, in una società che dobbiamo purtroppo descrivere in termini così oscuri?

Recenti inchieste (e non mi riferisco all’Eurispes…?)sulla religiosità degli italiani dicono che l’essere

cattolici si riduce spesso all’uso privato di Dio e dei santi, alla consolazione che viene dai riti del giubileo o dalla

festa di Sant’Agata, alla incapacità di percepire le dimensioni del mondo in cui si vive, ed alla conseguente

inettitudine davanti ai problemi ai quali si dovrebbe cercare di offrire una soluzione.

Bene.

Nel linguaggio biblico di oggi, questo appannamento della fede davanti ai mali del mondo viene attribuito

alla mancanza di profezia.

Già ai tempi di Mosé era così. Il popolo si trovava in questa situazione.

Leggete il contesto della prima lettura: era frequente il ricorso agli indovini, la ricerca del sortilegio,

l’evocazione dei morti…

Anche ai tempi di Cristo era così: il rapporto con Dio era ingabbiato nella osservanza esteriore e rituale

della legge di cui erano rigidi custodi le istituzioni: scribi e i farisei.

Ma lui propone un nuovo modo di rapportarsi con Dio: non la superstizione che protegge, né

l’osservanza della legge che tranquillizza la coscienza, ma la responsabilità di fronte al mondo è il nucleo della

sua religiosità.

Ecco perché il cristianesimo è la più laica delle religioni perché la sua validità va cercata non all’interno dei

templi, non dietro le vare delle processioni, non nell’incenso dei riti ma nella profanità della vita di ogni giorno,

nei gesti concreti di liberazione, in tutte quelle occasioni nelle quali il nostro modo di vivere anticipa le

dimensioni del regno di Dio.

Anticipazione. E’ questa la parola chiave. In questa anticipazione consiste la dimensione profetica di

Cristo e dei cristiani.

Mi spiego: nella mentalità comune il profeta è colui che prevede, predice il futuro. Ed è vero!

Il profeta ha certamente un rapporto privilegiato con il futuro: non perché sia un indovino, un astrologo o un

mavaro, ma perché in ciò che dice e in ciò che fa, anticipa appunto, rende presente il futuro di Dio.

Ecco: la gente che a Cafarnao, (voi sapete che nel vangelo di Marco questa giornata di Cafarnao della quale noi

abbiamo letto solo poche righe, è una “giornata tipo” di Cristo) la gente, dicevo, che nella sinagoga, guarda

stupita il suo modo di fare è portata a pensare: “Così dovrebbe essere il mondo. Così Dio vuole che il mondo

divenga. Dobbiamo anche noi fare quello che fa Lui”.

Anche oggi la gente che guarda i cristiani, la nostra comunità, la chiesa dovrebbe dire: Ma allora c’è una

speranza, è possibile un cambiamento, c’è qualcuno che anticipa un pezzo di mondo come lo vuole Dio.

Oggi più che mai è necessaria la profezia, anzitutto e soprattutto all’interno della chiesa perché l’istituzione è

spesso pesante, immobile, ferma; è soggetta ai compromessi con il potere, tende a stabilizzarsi; invece la

profezia è scomoda, disturba, rompe gli equilibri stabiliti, genera un nuovo modo di pensare, e guarda alle

esigenze radicali del vangelo che paradossalmente diventano impraticabili non solo nel mondo, ma a volte,

all’interno della stessa chiesa!

Che c’entri con noi?

Sei venuto a rovinarci?

Questa parola detta da un ossesso è di una potenza meravigliosa.

C’è una pagina impressionante di Dostoijevski, nei Fratelli Karamazov, la leggenda del grande inquisitore…

Quel vecchio cardinale, pressoché novantenne, alto e diritto, col viso scarno e con gli occhi incavati che fa

imprigionare Cristo, tornato nel mondo a riannunziare il suo vangelo, e gli grida: “Perché sei venuto a

disturbarci? Tu vuoi rovinare tutto quello che noi in duemila anni abbiamo costruito”.

La tua parola è destabilizzante. Il popolo ha bisogno di riti, di processioni, di feste, ha bisogno del sabato, della

legge, della sicurezza che noi soli possiamo dare. Tu sconvolgi tutto. Rimetti tutto in discussione, scandalizzi i

fedeli. Perché sei tornato? Vattene via. Ci sei più utile quando non ci sei.

Cristo disturba la chiesa ogni qualvolta le chiede di realizzare il regno di Dio senza soldi, senza appoggi, senza

riconoscimenti, senza alleanze con il potere, senza sponsorizzazioni delle banche…

E ve lo immaginate Gesù Cristo dietro, o meglio ancora sulla vara di Sant’Agata a benedire la folla?

Non sono sicuro che lo farebbe. Sulla festa di Sant’Agata avrebbe probabilmente molto da ridire.

E in molti inveirebbero contro di lui: “Tu sei venuto a rovinarci, ci sfasci la festa”.

Qualche sera parlavo con una ragazza che, doppo aver vissuto al’interno di un cristianesimo tradizionale e

bigotto è passata al buddismo.

Ho trovato la pace, mi ha detto…

Ma Cristo la leva la pace.

Cristo disturba le istituzioni sacre quando diventano un ostacolo piuttosto che un segno del Regno di

Dio.

Cristo disturba i fedeli quando cercano solo nei riti la consolazione della vita.

Cristo disturba il mondo ogni qualvolta parla di liberazione, e di giustizia.

Cristo disturba ognuno di noi non appena ci propone di essere profeti, di guardare nel futuro, di agire in

avanti, di anticipare, nell’oggi il futuro di Dio.

Cristo vuole rovinarci.

Potrebbe dirci: “Perché, tu prete, battezzi questi bambini? Ti sei reso conto se è solo un rito, una

tradizione da rispettare, o qualcosa di molto più serio e impegnativo?

Perché ti sposi in chiesa? Hai colto il senso del matrimonio vissuto da cristiani?

Ma questa rovina è necessaria: Prerché può essere una liberazione che ci fa scoprire un’alternativa, un mondo

diverso: un mondo in cui i poveri sono beati e i ricchi disgraziati, gli oppressi messi in alto e i dominatori

debellati, i guerrafondai dispersi, e gli operatori di pace chiamanti figli di Dio…

Se queste parole per me e per voi sono solo una bella predica perdono tutta la loro forza.

Se entrano invece nella mia e nella vostra vita le danno un senso; e questo senso cresce nella misura in cui per

esse siamo capaci di soffrire, di combattere e di sperare.

Tags: , , , , Omelie

Scrivi un Commento


Warning: Undefined variable $user_ID in /membri/sspietroepaolo/wp-content/themes/mymag/comments.php on line 51

(required)

(required)


Che siano una cosa sola

RIT. Che siano una sola cosa, perchè il mondo veda che siano un solo amore. perchè il mondo creda....

Il cantico delle creature

A te solo Buon Signore Si confanno gloria e onore A Te ogni laude et benedizione A Te solo...