Alzati, rivestiti di luce

6 Gennaio 2007 Nessun Commento     

LETTURE

Gerusalemme, la città alla quale si rivolge Isaia nella prima lettura, non è un luogo geografico; è il

simbolo della umanità tutta, che viene invitata a rivestirsi di luce, ad essere luce, perché investita dalla luce,

dalla gloria, dalla manifestazione di Dio…

Una manifestazione che, come viene ribadito nella lettera di Paolo, è diretta ad ogni uomo, ed, in

maniera particolare, come sembra suggerire il racconto dei Magi, a chi si mette in cammino per cercare la

verità.

OMELIA

Oggi è la befana. “Befana” altro non è che la corruzione linguistica della parola “epifania”, che vuol

dire apparizione, manifestazione, rivelazione.

Se siamo qui, oggi, è perché vogliamo conoscere il contenuto di questa rivelazione e verificare se

essa fa parte della nostra vita.

Per raggiungere questo obbiettivo dobbiamo tornare alla pagina di Matteo.

Avete notato l’antitesi suggestiva, le contrapposizioni evidenti sulle quali è costruita?

Contrapposizione numero uno: Gli scribi da una parte, i magi dall’altra. I primi, sapienti che

custodiscono la parola scritta, i secondi sapienti lontani, estranei alla tradizione giudaica, che leggono altri

libri, il libro delle stelle, secondo una tradizione tutt’altra che ortodossa.

Contrapposizione numero due: Erode, i pastori. Il primo che dice, con una finzione che non è

episodica ma propria di ogni potere che vuole andare ad adorare il bambino, contrapposto ai pastori, i senza

potere, gli uomini da nulla, quelli che non contano, che adorano il bambino con sincerità.

Contrapposizione numero tre: Gerusalemme, la grande città, che appare “turbata” dalla notizia: un

turbamento passeggero, presto dimenticato, dall’altro lato Betlemme, un paesino sperduto, irrilevante, la più

piccola fra le città della Giudea, che ospita, seppure in una stalla il bambino.

Su queste tre contrapposizioni: Scribi-Magi, Erode-pastori, Gerusalemme-Betlemme si costruisce il

mistero che vogliamo scoprire.

Infatti si può vivere il mistero, il contenuto della Epifania in due modi completamente diversi.

Il primo, molto congeniale ad una certa mentalità cattolica, è il modo trionfalistico: tutti rendono

omaggio a Gesù, anche i re che vengono dall’Oriente, Gesù è il re universale, tutto il mondo lo deve

riconoscere, e siccome Roma è la città sul monte di cui parla Isaia, e il papa è il vicario di Cristo davanti al

quale si inginocchiano tutti i potenti della terra, ecco chiaro il senso della Epifania: tutti i popoli della terra

verranno alla chiesa ed essa trionferà, prima o poi in tutto il mondo…

Ma, fortunatamente, nella mente e nel cuore di persone più attente va maturando, oggi, un’altra

prospettiva. Qualcuno ha cominciato, faticosamente, a capire che è assurdo e contrario al vangelo attendere

che i popoli si introducano dentro la nostra città religiosa, dentro il nostro cristianesimo tradizionale.

Qualcuno ha capito che questa mentalità crea lo scontro di civiltà, crea lo scontro delle diverse fedi,

crea le guerre in nome di Dio, perché è una mentalità che tende alla distruzione dell’altro, alla sua

fagocitazione, che divide il modo in buoni e cattivi, in angeli e demoni, in cristi e anticristi…

Qualcuno ha capito, in pochi ancora purtroppo, che ci sono culture assolutamente irriducibili alla

nostra cultura, che esistono forme religiose antiche aventi dignità pari a quella del messaggio evangelico.

Non è evangelico questo imperialismo spirituale che si coniuga benissimo con l’imperialimo

economico e con quello politico e coloniale proprio del mondo occidentale di ieri e di oggi.

Qual è la città sul monte?

Il punto di riferimento?

Il centro su cui misurare tutto?

Se noi rispondiamo che è la chiesa, per quanto si allarghino le tende della chiesa, esse non potranno

non apparire ai lontani se non come prigioni dello spirito.

Invece il centro cui tutto va riferito è il Regno di Dio è quella realtà in cui il povero è accolto,

l’ammalato è curato, il nemico è amato, l’affamato è saziato, il prigioniero è liberato, l’afflitto è consolato… lì è

il Regno di Dio che viene.

La città sul monte non è in nessuna parte della terra. Non è Roma, non è Gerusalemme, è il futuro di

Dio.

Solo così può esplodere l’universalità della Epifania, il “cattolicesimo” del cristianesimo”. Perché se

“cattolico” vuol dire “per tutti”, in greco “catà olos,” per tutti, solo così questo aggettivo si riempie di

significato.

Ci sono mille motivi di attualità in questo discorso.

C’è una guerra dichiarata in nome di valori cristiani che ancora oggi uccide ogni giorno, donne uomini e

bambini; se sono tremila i soldati americani morti in Iraq, e ognuno di loro ha un nome, una tomba, una foto,

un ricordo, sono seicentomila gli iracheni morti senza ricordo, senza foto, senza nome.

C’è un modo di far politica in cui si fa, l’occhiolino a questa concezione trionfalistica della chiesa; c’è la

chiusura mentale dei cattolici che spesso, sono incapaci di aprirsi agli uomini e a donne di culture diverse

che ormai vivono nel nostro paese, in una realtà con la quale abbiamo già cominciato a fare i conti.

Noi non dobbiamo esser le forche caudine per l’ingresso nel regno di Dio: dobbiamo allargare il nostro

cuore e riconoscere che anche coloro che abitano regioni lontane e guardano stelle diverse dalle nostre

stelle, sono incamminati verso lo tesso adempimento.

Il punto di convergenza, il punto di arrivo non è nelle nostre mani, sta dinanzi ai nostri occhi: il mistero

della Epifania è la rivelazione di questo evento, verso il quale siamo incamminati.

I magi, questi generosi pellegrini di cui parla la scrittura se ne sono tornati al loro paese, non hanno

arricchito l’anagrafe cattolica.

Perché non c’è nessuna città santa, nessuna terra santa, perché santa è l’umanità assunta da Cristo.

Questo ci rivela oggi Gesù di Nazareth.

E quando ebrei, musulmani e cristiani capiranno questo che potranno andare veramente d’accordo.

E così abbiamo chiuso il cerchio aperto il giorno di Natale, quando dicevamo che il bambino che

nasce, è il Dio che si fa uomo per rivelare la dignità di ogni essere umano.

Se c’è qualcuno in mezzo a noi cui stanno strette pratiche e appartenenze, radici cristiane e lotte di

angeli contro demoni… vive la sua fede come i magi, come i pastori, come Betlemme ed è più vicino al regno

di Dio, dei vari Erodi di turno, dei vari scribi di turno, e della Gerusalemme di turno.

Perché ha capito dove ha genuinamente sede il Regno di Dio.

Un regno di Dio che costruiamo con lo sguardo rivolto al mistero di Cristo, che nella frequenza

assidua della comunità cristiana, anche in questo nuovo anno, continueremo ad approfondire per viverlo

meglio.

Per questo, come ogni anno, proprio all’Epifania, scandiamo le tappe di questo mistero che ci

accompagnerà negli impegni della nostra vita

SEQUENZA: annuncio del giorno della Pasqua

Fratelli carissimi,

la gloria del signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.

Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.

Centro di tutto l’anno liturgico sono i tre giorni del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culmineranno nella

domenica di Pasqua l’8 di aprile.

In ogni domenica, Pasqua della settimana., la santa chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha

vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della quaresima, il 21 di febbraio, L’Ascensione del

Signore, il 20 di maggio, la Pentecoste il 27 di maggio, la prima domenica di avvento, il 2 di dicembre.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra

proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.

Amen!

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