Signore, dammi di quest’acqua perché non abbia più sete

24 Febbraio 2008 Nessun Commento     

Un caro benvenuto a tutti, ma sopratutto oggi a questi bimbi che fra poco battezzeremo…

IL battesimo: un gesto che segna l’inizio di un cammino che dovrà trovare altri riscontri nella loro vita.

Un cammino nel corso del quale sarà essenziale nella loro crescita, la nostra presenza e la nostra testimonianza.

Li battezziamo da piccoli, da neonati. Non capiscono nulla..

Una volta non era così! Il battesimo, l’essere immersi in Cristo, era accompagnato da una acuta e adulta consapevolezza: la consapevolezza di impegnare la propria vita per dare una mano a Dio…

Se li abbiamo portati qui è sperabile che il nostro impegno presente sia il supporto della possibilità della loro fede futura

E siccome in questo campo ognuno di noi ha la coscienza dei suoi limiti, chiediamo insieme perdono…

LETTURE

La prima lettura (ne leggiamo solo due oggi) anticipa il tema dell’acqua, necessaria alla nostra vita materiale…

E’ una lettura che prepara alla ricerca di un’altra acqua: quella di cui ha sete la nostra anima: sete di gioia, di amore, di senso, di felicità.

Ascoltiamo!

OMELIA (PRIMA DELLA LETTURA DEL VANGELO) (SEDUTI!)

Dopo le due domeniche precedenti, nelle quali se ricordate, siamo stati invitati ad allearci con Dio, a dargli una mano nel buon funzionamento di questo modo, oggi e nelle prossime due domeniche, la Scrittura vuol farci conoscere Cristo al fine di instaurare un rapporto vero, personale, profondo con Lui: a noi che siamo già stati battezzati per verificare il successo, la riuscita del nostro battesimo, e a chi, adulto, doveva essere battezzato la notte di Pasqua, (perché una volta, con maggiore coerenza ci si battezzava da grandi e solo la notte di Pasqua).

Cristo, ci diranno i brani del vangelo che ascolteremo , è l’acqua che toglie la sete, la luce che da la vista,la vita che vince la morte.

La sete, il buio, la morte…il bisogno dell’acqua, essenziale alla vita, il bisogno di luce, necessaria per orientarsi, per sapere dove andare, il desiderio di vivere, a volte più forte della nostra stessa volontà.

Tre esperienze tre situazioni che probabilmente abbiamo qualche volta, sperimentato.

Oggi si parte dalla sete: la mancanza dell’acqua, che ti taglia la gola, che ti screpola le labbra, che succhia dal tuo corpo, goccia per goccia la vita.

Forse qualche volta l’abbiamo provata. Abbiamo ancora non si sa per quanto tempo, almeno noi, in questa parte nel mondo tanta acqua a disposizione. Apriamo il rubinetto e c’è la fontana in casa. Apriamo il frigorifero e la troviamo fresca d’estate.

Ma fino a non molto tempo fa anche dalle nostre parti e certamente ai tempi di Cristo per bere dell’acqua bisognava andare alla fontana.

Questo bisogno umano, questa necessità della vita fisica, viene estesa oggi, nel brano del vangelo alla nostra vita umana.

La sete di qualcosa che sazii non temporaneamente , ma definitivamente il nostro desiderio di senso, di significato, di gioia, di felicità.

Cristo ci dice che tutto questo non può essere saziato se non da Dio.

Per questo è venuto!

Per dirci questo e per insegnarci come si fa!

E’ il senso del vangelo di oggi.

Giovanni, nel vangelo che fra poco ascolteremo, non racconta mai dei semplici fatti.

Quelli li hanno già narrati Luca, Marco, Matteo…

Giovanni non li ripete.

Gli episodi che racconta non solo sono originali, ma fortemente simbolici; nascondono cioè qualcosa che può farci conoscere più profondamente quel Cristo che questo cammino quaresimale, come avveniva per gli adulti che si preparavano al battesimo nelle prime comunità cristiane, ci aiuta, a conoscere, a scegliere non attraverso un’adesione tradizionale, esteriore, moralistica, ma densa, intima, totale.

Entrare dentro questo modo di parlare per noi non è immediato.

Non siamo più abituati a questo linguaggio. Abbiamo perduto, nella nostra società tecnologica, semplificatrice, povera, la ricchezza dei simboli e del linguaggio simbolico.

Parlare con i simboli fa vedere molto di più di quello che le parole dicono…”ha la febbre alta…, si capisce! Ha la febbre da cavallo… fa vedere di più; sei bella… sei un angelo! Il linguaggio simbolico ti racconta un fatto, ti fa vedere una cosa evidente, ma dietro quel fatto, dietro quella cosa te ne fa intravedere molte altre…Bisogna avere l’occhio della mente abituato altrimenti fai come lo sprovveduto: Io ti mostro la luna e tu guardi il dito. La volta della chiesa (e delle case); Il cero…; I confetti.. (corso dei fidanzati)

Il fatto lo abbiamo ascoltato: ma al cristiano, che ha un suo retroterra mentale questo fatto dice qualcosa di più…

Diciamolo in due parole. Nel deserto della vita, nella aridità della esistenza, solo Cristo è quell’acqua che sazia la sete, è quella luce che illumina i tuoi passi, è la vita che vince la morte…

Partiamo oggi dall’acqua…

(comincia la lettura del vangelo)

Dal vangelo secondo Giovanni.

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe.

Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.

Il “viaggio di Cristo non è la strada che Egli ha percorso quel giorno dalla Giudea fino a Sicar, in Samaria; è piuttosto la parabola della sua intera vita, come viaggio dal mondo al Padre.

E’ stanco: questo viaggio comporta fatica: è il dolore della passione, della sua sofferenza, della sua morte…

Era mezzogiorno: per Cristo e per l’umanità l’ora della passione è l’ora del massimo della luce, l’ora in cui l’amore di Dio rifulge al massimo nella storia del mondo…

Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: “Dammi da bere”.

Cristo si muove per primo. Per primo viene incontro all’uomo per salvarlo, ma chiede un minimo di disponibilità.

I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: “Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.

Notate la trasgressione di Cristo. Parla con una donna. A quei tempi un uomo per bene non parlava con una donna nella strada. Era disdicevole. Primo perché era una donna. Secondo perché NON CONTAVA NULLA. Era darle troppa importanza.

Gesù le rispose: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva”.

L’acqua nel linguaggio di Giovanni indica lo Spirito, quel dono che ci fa diventare figli di Dio, creature nuove, battezzati non nell’acqua ma nello Spirito.

A questo punto la donna comincia a intuire qualcosa, comincia quasi senza accorgersene, sull’onda delle parole di Cristo, a passare dall’acqua che cercava, ad un’altra acqua, dalla sua sete, ad un’altra sete, dal pozzo alla sorgente; comincia a capire che forse nella vita ha cercato nella direzione sbagliata; confessa la sua insoddisfazione, comprende che tutte le fonti alle quali ha attinto non sono state capaci di placarle sete. Le esperienze vissute l’hanno soddisfatta solo per una attimo. Anche la religione che essa ha conosciuto non è venuta incontro alle sue esigenze più profonde: aveva conosciuto obblighi, comandi, regole, divieti… aveva sperimentato gli inevitabili fallimenti, ma oltre non vedeva nulla, non conosceva un Dio che dona la vita vera…

Mi vengono in mente tanti casi di cristiani, regolarmente battezzati, che magari hanno seguito tanti riti, tanti precetti e ne sono rimasti talmente insoddisfatti da andare a cercare altrove quell’acqua che non hanno trovato nella chiesa, quell’acqua che noi non siamo stati capaci di offrire; nelle religioni orientali, nel buddismo, nell’Islam… o peggio nella superstizione e nella magia.

Con tutto il rispetto per le altre forme di religiosità io credo che questo rivolgersi altrove dipenda, a volte, dall’ansia di una ricerca non appagata, di una spiritualità mai trovata, di un Cristo mai incontrato, da una superficialità religiosa che non è mai riuscita a toccare il fondo della mente, dell’anima e del cuore…

Gli disse la donna: “Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?”. Rispose Gesù: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. “Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”.

Le disse allora Gesù: “Va’ a chiamare tuo marito e poi ritorna qui”. Rispose la donna: “Non ho marito”. Le disse Gesù: “Hai detto bene “non ho marito”; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero”.

Cristo non fa il moralista; più che sottolineare i suoi errori, i peccati; coglie la sua insoddisfazione, la sua sete, la sua instabilità che la porta a passare da un amore all’altro…

Quello che dice è vero

Ma tutto questo diventa in qualche modo simbolo del peccato e della idolatria del suo popolo.

I samaritani, dice il Libro dei Re, avevano tradito il vero Dio; avevano eretto cinque templi a Baal, un idolo pagano; ma in ebraico Baal vuol dire anche marito. Incontrare Cristo vuol dire lasciare gli idoli, iniziare una vita nuova nella libertà dello Spirito, rispondere alla ricerca del Padre che vuole adoratori in spirito e verità.

Gli replicò la donna: “Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare”. Gesù le dice: “Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.

Perché il culto, l’adorazione di cui il Padre va in cerca è realizzata nello spirito, cioè in quel dono di Dio che ti fa accettare Cristo che ti mostra la verità del rapporto con Dio.

E che consiste nella testimonianza dell’amore, nel perdono del nemico, nell’offerta del bicchiere d’acqua, nella ricerca della giustizia, nell’esercizio della misericordia, nella costruzione della pace…

Non c’è più allora un monte più degno di una altro per adorare Dio, né una città più adatta, né un tempio più sacro. Perché il luogo verso il quale ti spinge la verità dello Spirito è l’uomo, il fratello, il povero, chiunque abbia bisogno di te…

Gli rispose la donna: “So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa”. Le disse Gesù: “Sono io, che ti parlo”. In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: “Che desideri?”, o: “Perché parli con lei?”. La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?”.

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”. E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: “Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.

Ecco. Cristo ha incontrato una donna che aveva sete. L’ha fatta passare dalla sete dell’acqua alla sete di qualcosa che potesse dare senso, significato, valore alla sua vita.

L’ha fatto per la samaritana. Speriamo che possa farlo per questi bambini, che possa farlo per tutti noi.

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