Io sono la risurrezione e la vita. Credi tu questo?

9 Marzo 2008 Nessun Commento     

Ci rivediamo con gioia in questa quinta ed ultima domenica di quaresima.

Domenica prossima sarà la domenica delle Palme: apre la settimana santa che culminerà nel giorno di Pasqua.

Siamo alla conclusione del nostro cammino quaresimale. Un cammino di maturazione, di crescita, di approfondimento della conoscenza di Cristo e, parallelamente, della nostra identità cristiana.

Affinché sia efficace per la nostra vita la Parola di Dio, chiediamo insieme perdono al Padre per i nostri peccati.

LETTURE

“Guarda queste ossa”, dice Dio al profeta Ezechiele, io li farò risuscitare…”

Davanti alla morte della speranza, davanti alla disperazione di un popolo immerso nell’abbrutimento e nella schiavitù, il Dio dei vivi promette la vita e mantiene la parola.

Cristo che da la vita a Lazzaro è il modello di ogni uomo che nel nome di Dio si impegna contro ogni specie di morte. E Paolo, nella sua lettera ci scrive a quali condizioni ognuno di noi può vivere e dare la vita…

OMELIA

Anche oggi, questo brano del vangelo di Giovanni ci ha esposti a lungo alla Parola di Dio…

Con la sensibilità che ci distingue, abbiamo certamente notato tante sfumature, necessarie per cogliere il discorso di fondo, semplice, ma essenziale se ci mettiamo, ancora una volta, nei panni di quegli adulti, i quali, nelle prime comunità cristiane, si preparavano, ad essere immersi nella morte e nella risurrezione di Cristo, la notte di Pasqua.

Andiamo subito al centro del discorso.

Io sono la risurrezione e la vita. Credi tu questo?”

Ecco la domanda fondamentale: “Lui è la risurrezione e la vita. Credo io questo?

E che cosa vuol dire credere “questo”?

Se credo veramente questo, cosa cambia nella mia vita?

E’ la domanda della Pasqua.

Una domanda che è meglio fare oggi, a due settimane di distanza, nella serenità e nella calma di questa celebrazione, perché il giorno di Pasqua sarà più bello, piuttosto che parlare, godere insieme di quella risposta che già abbiamo capito, già abbiamo vissuto…

Mentre ognuno di noi tenta di dare a questa domanda la sua personale risposta, andiamo a scoprire qualcosa che ci aiuti a formularla insieme.

La risurrezione dell’amico Lazzaro è l’ultimo dei segni, narrati da Giovanni.

Ormai sappiamo cosa vuol dire, “segno”.

Perché Lazzaro siamo noi; il morto che giace nella tomba siamo noi… il pianto di Cristo sul suo amico non solo rivela la sua profonda umanità, ma è la stessa commozione di Dio per la disperazione, per i fallimenti, per le morti di ogni genere che, giorno per giorno, avvengono nel mondo.

L’urlo con cui Cristo richiama Lazzaro alla vita è lo sforzo il tentativo che Dio fa per richiamare alla vita ognuno di noi, per farci passare dalla morte alla vita eterna.

Questo è ciò che dobbiamo credere, a questo urlo, a questo sforzo dobbiamo rispondere per venir fuori dai nostri sepolcri.

Infatti ogni cristiano maturo lo sa, la vita eterna non è solo la vita futura, non è solo e semplicemente l’al di là.

La vita eterna è la stessa vita di Dio, quella vita che il Padre ci dona per mezzo dello Spirito, quella profonda trasformazione che avviene, lentamente ma inesorabilmente, dentro di noi se scegliamo veramente Cristo.

Nessuno può dire di credere veramente alla vita eterna, se non fa trasparire, già all’interno della sua vita umana, la vita di Dio.

Se il nostro impegno non consiste nel risuscitare ogni giorno tutto ciò che è morto e che muore dentro di noi ed attorno a noi; la credenza della vita eterna è solo una illusione, una consolazione, una sbiadita visione del futuro che non resiste davanti ai guai della vita e che, soprattutto non serve a nulla per realizzare ciò che veramente sta a cuore a Dio.

Questo ha voluto dirci il profeta Ezechiele.

Questo ci ha detto Paolo. Vivere secondo la carne vuol dire condurre un’esistenza nella quale la chiusura, l’egoismo, l’incapacità di guardare un palmo al di là del nostro naso, uccidono tutto ciò che ci circonda.

Vivere secondo lo spirito è invece illuminare di speranza la nostra vita; anche in mezzo ai guai ed ai problemi, la vita degli altri, nei riguardi dei quali anche un piccolissimo gesto di amore e di apertura vivifica la vita, nei riguardi della realtà che ci circonda lottando per la trasformazione, per la giustizia, per la liberazione degli oppressi, contro la prepotenza dei forti; vivere secondo lo spirito significa non rassegnarsi mai al male, ad ogni forma di male, non cedere mai di fronte al compromesso, far risorgere dentro e fuori di noi le legittime speranze dell’uomo.

Questo è il significato della Pasqua. E’ la certezza della vita eterna fondata sulla esperienza che già in questa vita sperimentiamo, della capacità di risorgere noi stessi e di far risorgere tutto ciò che ci circonda.

Credi tu questo?

Sai individuare le zone ombra, le zone di morte che ci sono nella tua vita? Sarà nell’ambito dei rapporti umani, cristallizzati forse dalla indifferenza o dall’odio, sarà nella incapacità di muovere un dito per uscire dai tuoi interessi privati, sarà nella partecipazione stanca e abitudinaria alla vita della comunità cristiana, o nella incapacità di credere alla gioia che Dio ti prepara.

Il pianto di Cristo davanti alla tomba di Lazzaro non era solo il pianto dell’amico.

E’ il pianto di Dio contro ogni tipo di morte.

Gesù non è stato il grande consolatore filosofico, il Socrate che diffonde l’oppio della accettazione delll morte.

Tutti i filosofi ci vogliono persuadere a morire. Hanno anche detto che la vita è un preparazione alla morte, e questo è sembrato un discorso cristiano mentre era un discorso di persuasione ad accettare un limite contro il quale va oggi la Parola di Dio.

Se accettiamo umanamente la morte corriamo il rischio di accettare mille altre cose.

Ma se noi cristiani (ed è questa la novità), professiamo che lo Spirito di Dio ha la capacità di rompere le pietre del sepolcro e ci chiama perché noi non viviamo rassegnati, anzi lottiamo contro tutte le pietre, contro tutte le morti che ci opprimono, allora sì che emerge la nostra fede.

Chi crede nella risurrezione, chi crede alle parole di Cristo “Io sono la vita, ama la vita.

Ed allora emerge l’impegno quotidiano a lottare per la vita, ad alzare le pietre di tutti i sepolcri.

E’ l’amore indicibile per la liberazione dell’uomo, per la pace, per la gioia, per la fraternità ciò che rende credibile l’ultimo annuncio.

Il credente non deve parlare di risurrezione dei morti.

Ricordate cosa diceva cRisto ai suoi discepoli dopo la Trasfigurazione?

Il credente deve dare la vita per la vita.

Lo ha fatto un uomo che, 28 anni fa,(24 marzo 1980) proprio come in questi giorni, ha dato la vita per la liberazione del suo popolo.

E’ mons. Oscar Romero.

Diciannove anni fa, come oggi, ultima domenica di quaresima, egli disse l’ultima messa nella cattedrale di San Salvador.

Una messa nella quale, davanti alla gente, denunziò l’oppressione dei potenti, dei ricchi, contro i poveri.

Il giorno dopo quelli, offesi si vendicarono.

Mentre diceva messa una sventagliata di mitra lo uccise.

Paradossalmente, egli lo aveva detto proprio il giorno prima, solo di chi crede alla risurrezione, che ha in sé la vita, quella vera, è capace di dare la vita.

Il Papa proclama tanti santi e tanti beati. Ma quest’uomo non rientra, chissà perché, nei canoni, nelle regole della proclamazione dei santi.

Noi lo ricordiamo, come martire, come testimone, come esempio di coraggio e di generosità. E siamo contenti che la piazzetta che c’è davanti alla chiesa, forse qualcuno di voi non lo sa, sia intitolata al suo nome. E’ per tutti noi non solo un ricordo, ma uno stimolo.

Ci aiuti Dio, anche attraverso l’esempio di quest’uomo, a celebrare non solo fra due settimane , ma ogni giorno della nostra vita, la Pasqua di Cristo, la Sua e la nostra Risurrezione.

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