Ti ho costituito sentinella

7 Settembre 2008 Nessun Commento     

Dopo la parentesi estiva, riprendono le nostre “abitudini religiose”, nel senso più valido della parola.

Non cose fatte “per abitudine”, ma presenti nella nostra vita perché sono diventate un “habitus”, qualcosa di cui, per andare avanti non possiamo fare a meno.

Vogliamo infatti che Dio sia presente nella nostra vita, vogliamo riempire sempre più di significati umani e cristiani ciò che facciamo, soffriamo, viviamo, sperimentiamo ogni giorno.

La disponibilità ad accoglierci, a perdonarci, contribuisce a fare di tutti noi non un gruppo qualunque di persone, separate dal muro dei nostri interessi, ma una “chiesa”, una comunità, convocata insieme nel nome di Cristo, all’interno della quale egli assicura la sua presenza…

Così, insieme, uniti, riconosciamo i nostri peccati.

Celebriamo insieme con gioia questa Eucaristia domenicale.

Non è una cosa fatta “per abitudine”.

Ma è un gesto presente nella nostra vita perché è diventate un “habitus”, qualcosa di cui, per andare avanti non possiamo fare a meno.

Vogliamo infatti che Dio sia presente nella nostra vita, vogliamo riempire sempre più di significati umani e cristiani ciò che facciamo, soffriamo, viviamo, sperimentiamo ogni giorno.

La disponibilità ad accoglierci, a perdonarci, contribuisce a fare di tutti noi non un gruppo qualunque di persone, separate dal muro dei nostri interessi, ma una “chiesa”, una comunità, convocata insieme nel nome di Cristo, all’interno della quale egli assicura la sua presenza…

Così, insieme, uniti, riconosciamo i nostri peccati.

LETTURE

Nella parola di Ezechiele il profeta è una sentinella che scruta, grida e annuncia la volontà di Dio e si assume la responsabilità del comportamento degli uomini…

Così ogni cristiano, erede di questa dimensione profetica ha, non solo il diritto, ma l’obbligo di scrutare, di gridare, di considerarsi responsabile della sorte del mondo.

San Paolo ci comunica il fondamento di questo dovere: alla base della vita del cristiano c’è l’amore che non condanna, non si disinteressa, non abbandona, ma salva.

Ed il brano di Matteo è un esempio concreto di come tutto ciò dovrebbe realizzarsi all’interno di una comunità cristiana.

Ascoltiamo!

OMELIA

Il brano che abbiamo letto fa parte del cosiddetto “discorso di Gesù sulla vita comunitaria” che va dal cap. 21 al cap. 24 di Matteo. (Sarebbe bene leggerlo tutto)

In queste poche pagine viene delineato lo stile del cristiano, del discepolo di Cristo.

E’ uno specchio nel quale ogni tanto dovrebbe guardarsi una comunità cristiana per verificare la coerenza con la scelta del vangelo.

I cristiani della comunità di Matteo accoglievano i piccoli, i poveri, tutti quelli che il mondo escludeva (chi accoglie uno di questi piccoli accoglie me, dove la parola ‘piccolo’ non significa “bambino”, ma essere insignificante, senza ruolo, senza importanza…, pensate agli immigrati…

Si impegnavano a spingere verso il bene e non verso il male evitando lo scandalo.

Sapevano che l’efficacia della preghiera e la presenza del Cristo fra di loro dipendeva dal loro grado di accordo e di unione,

Erano disposti a perdonarsi fino a 70 volte sette, cioè sempre…

Si impegnavano nella fedeltà matrimoniale e non disprezzavano il celibato per il Regno di Dio.

Non mettevano al primo posto la ricchezza. Ma l’amore per gli altri.

Si riunivano “nel nome di Gesù”; ciò vuol dire che si trovavano insieme a motivo di Cristo: ciò che li univa insieme è la sua vita, la sua morte, la sua risurrezione, la condivisione del suo progetto, dei suoi scopi…

E’ questo il contesto del brano di oggi; che, generalmente, viene commentato solo come una esortazione alla correzione fraterna.

E sono quelle dimensioni della vita cristiana che continuamente, se ascoltiamo con costanza la Parola di Dio ci vengono ricordate nelle nostre celebrazioni.

Ma anche fermandoci su questo ultimo punto è opportuno fare alcune precisazioni.

Fra cristiani, sembra voler dire Matteo, non esiste né l’indifferenza (ognuno faccia quello che vuole, a me non interessa niente), né il cortile, lo “sparlarsi” reciprocamente addosso. A volte avviene che tutti conoscano i difetti o gli sbagli veri o presunti di qualcuno al di fuori dell’interessato. Non è facile possedere quell’amore e quel coraggio che ci permettono di avvicinare il fratello che, a nostro parere, sbaglia e correggerlo, dopo aver ascoltato le sue ragioni.

Ma questo brano vuol dire forse qualche altra cosa: vuole farci capire che i cristiani di allora cercavano di risolvere con l’amore e all’interno della comunità le loro inevitabili contese. Non andavano davanti ai tribunali pagani; non si accusavano a vicenda, perché non potevano offrire a chi cristiano non era una testimonianza negativa sul comandamento principale del Signore: “Ama il prossimo tuo come te stesso, anche a costo di andarci sotto, di rimetterci…

Essere cristiani era veramente un distintivo ed un impegno.

Ma ciò che può scandalizzarci è la frase finale del brano di oggi: “E se il fratello non ti ascolta sia per te come un pubblicano…”

Se continua a sbagliare, molti interpretano così, buttalo fuori dalla comunità, non averci più niente a che fare con lui.

Conclusione davvero paradossale, perché sembra sancire il fallimento e l’impossibilità della fraternità. Ma stiamo attenti: (soprattutto attenti al tono…) perché se essere “come un pagano e un pubblicano” vuol dire per un verso, non appartenere più alla comunità cristiana come spazio visibile e istituzionale, per l’altro è essere oggetto di un amore ancora più gratuito e disinteressato, se è vero che Gesù amava soprattutto i pubblicani e i peccatori e che, secondo la stessa testimonianza di Matteo, di lui si diceva” che era un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”. (Mt 11,19)

Trattare il colpevole come un pagano e un pubblicano potrebbe voler dire testimoniargli un amore che va la di là dell’appartenenza, un amore che è più importante di ogni appartenenza, e che la relativizza: è un amore incommensurabile, come quello del Padre celeste che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e quella di Gesù che siede a mensa con i pubblicani e i peccatori.

E’ questo l’amore incondizionato e senza ritorno, il vero principio instauratore della fraternità.

Ecco allora dove pesca e fin dove arriva il senso di responsabilità che ogni cristiano dovrebbe sentire per i propri fratelli.

Ma perché tutto questo?

Perché impegnarsi in un programma che non solo non è ovvio, ma è così difficile da realizzare?

Questi atteggiamenti, questi modi di fare, ci dice Paolo, nascono da ciò che si è, nascono, da quella dimensione fondamentale del cristiano che rende possibile questo ed altro ancora: l’amore, l’apertura, la disponibilità, la responsabilità…

Una responsabilità, ed eccoci, andando a ritroso alla prima lettura del profeta Ezechiele, che il cristiano, continuatore di Cristo, sente di avere per la salvezza non solo dei fratelli ma del mondo intero.

E’ questo il ruolo della sentinella, un ruolo al quale dobbiamo sentirci chiamati oggi più che mai in tutte quelle circostanze in cui il silenzio è connivenza…

Me lo diceva un amico, qualche giorno fa, che ha scelto di tornare a Catania, dopo essere stato fuori a lavorare per qualche tempo, e tornando ha trovato (non so se è anche questa la vostra impressione) la città molto peggiorata, rispetto a qualche anno addietro.

“In questa città o ci si chiude nel proprio guscio, disinteressandosi di tutto, o si scappa.

Ma c’è una terza via, certamente più difficile ma coerente con il nostro essere cristiani e cittadini: impegnarsi per migliorare le cose.

Non mancheranno le occasioni, le iniziative a questo riguardo. Stiamo iniziando…

Come abbiamo sempre fatto ve le comunicheremo tempestivamente.

E’ il ruolo della sentinella.

Davanti alle ingiustizie, davanti al bisogno dei più poveri, davanti alle disfunzioni delle istituzioni, è compito di ogni comunità cristiana, non solo pregare ma impegnarsi per una convivenza più decente e più umana.

L’occhio vigile di un cristiano e di una comunità testimoniano l’interesse trepidante di Dio per ogni uomo.

Anche oggi preghiamo perché questo messaggio penetri nella nostra vita.

Tags: , , , Omelie

Scrivi un Commento


Warning: Undefined variable $user_ID in /membri/sspietroepaolo/wp-content/themes/mymag/comments.php on line 51

(required)

(required)


Che siano una cosa sola

RIT. Che siano una sola cosa, perchè il mondo veda che siano un solo amore. perchè il mondo creda....

Il cantico delle creature

A te solo Buon Signore Si confanno gloria e onore A Te ogni laude et benedizione A Te solo...