Signore, quando mai ti abbiamo veduto?

16 Novembre 2008 Nessun Commento     

Ed eccoci arrivati all’ultima domenica dell’anno liturgico, la festa di Cristo Re

Un re un po’ strano. Un re particolare. Un re il cui stile non è il potere, la forza, il dominio, ma l’amore, la disponibilità, il servizio.

Fra una settimana la prima domenica di avvento che ci avvia al Natale che ci farà vedere questo re che nasce in una stalla.

Quello che ascolteremo oggi è la logica continuazione di quanto ci è stato proposto la settimana scorsa…

A te affido il mio regno, ricordate?

Eliminiamo il male dal nostra cuore.

Sarà una magnifica occasione per prepararci all’ascolto della Parola di Dio.

LETTURE

Oggi, ultima domenica dell’anno della chiesa, durante il quale, anno per anno noi ripercorriamo e riviviamo la vita di Cristo per incarnarla nella nostra vita è la festa di Cristo re.

Il regno di Dio, lo sappiamo benissimo, è un mondo di pace, di giustizia, di solidarietà, di amore ed è l’obbiettivo di Dio e di chiunque si affida a lui.

Sull’impegno che avremmo messo a costruire questo regno si gioca la validità della nostra vita nel giudizio di Dio.

Dio si è fatto uomo per salvare l’uomo attraverso l’uomo, attraverso quelle donne e quegli uomini che scelgono di manifestare ai fratelli l’amore di Dio.

Tutti e tre i brani della Bibbia che fra poco leggeremo ci orientano verso questo messaggio.

Vediamo!

OMELIA

Questa pagina del vangelo di Matteo potrebbe metterci paura.

Il giudizio è come un esame; e se ogni esame incute timore, immaginiamo questo: l’esame supremo ed ultimo della vita.

Ma se qualcuno ci dicesse prima dell’esame le domande sulle quali saremo interrogati?

E questo lo scopo di Cristo, oggi: non impaurirci, ma rassicurarci: Egli ci sta dicendo prima, con chiarezza, gli argomenti sui quali verterà l’esame, ciò su cui dobbiamo essere preparati.

E la domanda è questa:

In che cosa hai fatto consistere la tua “religione”, il tuo rapporto con Dio?

Voi certamente conoscete il significato della parola ”religione”.

Vuol dire, re-ligare, collegare, legare di nuovo, riconoscere un legame già esistente.

Tutte le cose nel mondo dipendono da Dio, sono legate a Dio, le ha create lui!

Se l’uomo, l’unico essere al mondo capace di farlo, riconosce questo legame, si definisce appunto “re-ligioso”, perché annoda, la sua vita e tutta la realtà che lo circonda al suo punto di origine, a Dio.

In questo senso è esatto dire che la religione è una invenzione, una dimensione dell’uomo; con essa egli cerca di esprimere, di testimoniare questo collegamento, questo legame con Dio.

E lo fa attraverso gesti “religiosi”: culto, preghiere, sacrifici, doni…; noi cristiani diremo: messe, rosari, benedizioni, battesimi, pellegrinaggi, sacramenti, primi venerdì, giubilei…

Davanti a queste cose Dio dovrebbe essere contento e soddisfatto, e in cambio approvarci, benedirci, proteggerci, giudicarci benevolmente…

Sembra però che il vangelo oggi dica esattamente il contrario.

Sembra che nessuno dei gesti religiosi sopra descritti sia utilizzabile per farci giudicare positivamente d Dio.

Sembra che la religione vera, la fede autentica non consiste in nessuno di quei gesti che noi chiamiamo religiosi.

Tu ti ricolleghi a Dio, scopri il suo volto, dice Cristo non quando fra i fumi dell’incenso credi di riempire la tua mente della sua presenza, sentendo dentro di te le arcane melodie dei cori angelici, ma quando apri gli occhi e stendi la mano verso il più piccolo dei tuoi fratelli.

Li è Dio!

Nel volto smunto dell’affamato, nella lingua arsa dell’assetato, nella pelle raggrinzita dell’ignudo, nello sguardo spento di un povero carcerato; povero, perché i ricchi e i potenti difficilmente vanno in galera, o, se ci vanno, ci restano poco, magari si fa qualche legge adatta per farli uscire prima… o per non farli nemmeno entrare… nei dolori di un ammalato, nella disperazione di un forestiero…

Dietro quelle facce si nasconde e si rivela il volto di Cristo, la presenza di Dio.

Tu hai recitato tanti rosari? Bravo!

Tu hai battezzato i tuoi figli? Bravissimo!

Tu li mandi al catechismo per preparali alla prima comunione che poi festeggi con un bel pranzo? Ottimo!

Ti sei sposato in chiesa? Perfetto!

Fai dire le messe per i tuoi defunti? Che vogliamo di più?

Tu sei persino andato a Roma per il giubileo!

E a me, prete, non chiederà quante messe ho detto e quante prediche avrò fatto.

Avete fatto tutte queste cose?

Bravi!

Non vi conosco!

Ma come?

Noi ti abbiamo conosciuto, ti abbiamo pregato, ti abbiamo adorato, abbiamo acceso tante candele non solo a te, ma anche a tutti i santi del cielo.

Non vi conosco!

Chi siete?

Forse mi avete conosciuto, ma non mi avete riconosciuto.

Perché la fede non consiste nel conoscere Cristo, ma nel riconoscerlo nel volto di chi ha bisogno di noi.

Messe, comunioni, primi venerdì, preghiere, pellegrinaggi, anni santi, giubilei, prediche, e quant’altro non entrano nel conto finale.

Oh, intendiamoci, tutte queste non sono senza valore. Hanno, alcune più, alcune meno, una grande importanza. Ma non servono a Dio. Servono a noi, sono utili per noi. Soprattutto la preghiera, l’Eucaristia, l’ascolto della parola di Dio; perché dovrebbero contribuire a trasformarci, a renderci capaci, respons-abili, abili a dare un risposta ai bisogni degli altri, a riconoscere il volto di Cristo dietro il volto di ogni fratello; se sono fine a se stesse non servono a nulla…

Porto mio figlio in parrocchia per fargli fare la comunione, la Cresima…

E’ quello che cerchiamo di levare dalla testa…

Lo scopo della appartenenza a una comunità deve essere quello di diventare sempre più cristiani: i sacramenti non sono il fine, sono il mezzo…per santificarci, come diceva il catechismo di una volta

Se non vengo a messa, non so quello che devo fare, non si creano in me delle motivazioni profonde per essere cristiano, mi privo dell’aiuto di Dio che mi serve per fare tutto il resto.

Ecco perché questo vangelo oltre ad essere poco religioso e molto laico è scandaloso per molti cristiani.

Perché si rivolge proprio a noi. A noi che crediamo di conoscere Cristo e forse non siamo capaci di riconoscerlo; perché questo giudizio di Dio probabilmente non distinguerà un uomo dall’altro, ma (come diceva qualcuno venerdì sera), passerà all’interno di ognuno di noi, separando ciò che in noi ha riconosciuto Cristo, da quella parte della nostra vita che non ha saputo riconoscerlo.

Questo vangelo è scandaloso perché ci mette tutti sullo stesso piano: cattolici e protestanti, buddisti e musulmani, laici e atei. Perché nel momento del giudizio di Dio non ci sarà chiesto di recitare il nostro credo, ma di mostrare le nostre mani…

Al palestinese sarà chiesto cosa ha fatto per l’ebreo e all’ebreo ciò che ha fatto per il palestinese. All’americano ciò che ha fatto per l’iracheno, all’europeo ciò che avrà fatto per l’africano, a Bossi ciò che avrà fatto per gli immigrati, a ognuno di noi se si è preso cura del proprio fratello.

Cristo saprà riconoscere le mani che hanno dato da quelle che hanno trattenuto.

Ci piaccia o no, questa è la religione di Cristo.

Speriamo che sia anche la nostra.

Che sia alla base dei nostri atteggiamenti di apertura, di disponibilità, di solidarietà.

Una solidarietà che sa venire incontro al bisogno immediato, ma che tende a rimuovere le cause della fame, della sete, della nudità, della malattia, della morte; con lo sguardo alla immediatezza del bisogno, ma con l’attenzione a tutte quelle forme di intervento sociale e politico che possano favorirla invece di distruggerla.

Tutto questo in termini evangelici, significa “regno di Dio” un mondo cioè in cui regni il suo modo di essere re, che è servizio, apertura, disponibilità, non chiusura, disinteresse, isolamento.

Se il potere di Cristo è la capacità di amare tocca a noi mostrare questo “potere” sulla terra.

Preghiamo perché nella nostra vita, nella vita di questi bambini e nella vita di ogni uomo, a qualunque religione appartenga, si faccia strada quel sentimento di umanità e di fraternità che Dio, Padre, ha posto nel cuore di tutti, e a partire dal quale, tutti saremo giudicati.

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