E’ partito lasciando ogni potere ai servi

30 Novembre 2008 Nessun Commento     

Quattro domeniche ormai ci separano dal prossimo natale del Signore.

Iniziamo con gioia questo cammino per andare insieme incontro al Cristo che viene.

Battesimi.

Un cammino non privo di incidenti di percorso. Sono le nostre infedeltà.

Chiediamone perdono ringraziando il Padre perché, nonostante i nostri limiti, ci accoglie fra le sue braccia.

LETTURE

I brani della Bibbia di questa domenica offrono tanti spunti per un arricchimento, per un approfondimento delle nostre scelte e delle nostre responsabilità.

Nel primo, Isaia si rivolge intensamente a Dio pregandolo di non nascondersi, di farsi vedere, di non abbandonare il suo popolo.

La risposta a questa preghiera potrebbero essere le altre due letture: Il brano di Marco e la lettera di Paolo ai Corinzi.

Fra la domanda posta da Isaia: “Signore dove sei? Ritorna fra noi!” e la risposta di Cristo: “Il Signore è partito, ma ha dato il suo potere ai servi…” c’è una stretta connessione che scopriremo insieme.

Ascoltiamo!

OMELIA

Che senso ha infatti prepararsi al Natale?

Ripercorrere sempre lo stesso cammino?

Ripetere ogni anno le stesse cose?

Non sarebbe troppo poco se ci limitassimo a ricreare solo un clima particolarmente emotivo che mette sullo stesso piano cenone e panettone, regali e messa di mezzanotte, un clima seducente, se volete, ma posticcio, transitorio, come una parentesi piuttosto che come dimensione della nostra vita?

Cristo è venuto al mondo circa 2000 anni fa.

Non nascerà il 25 dicembre prossimo.

Una comunità cristiana non può fingere che Cristo nasca di nuovo.

Riuniti insieme in questa prima domenica di avvento noi non ci prepariamo a ricordare un avvenimento del passato, ma ci accingiamo a celebrare un mistero.

Celebrare è molto più che ricordare.

Come quando celebriamo un compleanno, non ricordiamo una persona nata tanti anni fa, ma la festeggiamo perché è viva e in mezzo a noi.

Celebrare vuol dire incontrarsi con gioia, guardarsi in volto, far festa insieme perché questo avvento, questo avvenimento, questa presenza fa oggi parte della nostra vita, la rende significativa, degna di essere vissuta con intensità e con gioia.

Partiamo da Isaia.

I tempi di Isaia sono i nostri tempi; i tempi di sempre. Desolazione e smarrimento, terrorismo con centinaia di morti, delitti persino all’interno delle famiglie, politici organici alla mafia, vite personali sbandate…siamo senza punti di riferimento, abbiamo perso l’equilibrio, anche i rapporti personali diventano precari e aggressivi…

“Abbiamo bruciato quel barbone per divertirci dicono i giovani di buona famiglia di Rimini, annoiati dal sabato sera abbiamo messo i massi sui binari per vedere come andava finire al treno, quegli altri scimuniti di Castel di Sangro…, uccide il padre per il volume alto del televisore, ieri a Barriera del Bosco…

I tempi di Isaia sono i nostri tempi.

La sua preghiera, bellissima, è un grido; il grido disperato dell’uomo verso Dio; è il grido dell’uomo religioso, del buon ebreo, ma è il grido di chiunque guardi attentamente questa realtà nella quale viviamo, nella quale siamo immersi, della quale siamo parte… Di chiunque percepisce l’ingiustizia, persino in quelle azioni che ci sembrano giuste, di chi soffre la miseria, l’impotenza, la deriva del genere umano…

Chiunque mantiene un po’ di sano cervello e di fiducia in Dio può far sua la preghiera di Isaia perché sa che solo da Dio, solo dall’alto può venire la salvezza…

Rileggetela se potete questa preghiera, è bellissima, fatela vostra, ma ditemi: “Secondo voi è una preghiera cristiana?”

Secondo me, no!

E’ umana, profondamente umana; è religiosa, profondamente religiosa, ma non è cristiana.

Non per nulla, del resto, è stata detta, pronunziata prima di Cristo.

Perché le preghiere di Cristo sono completamente diverse. Cristo non se la prende con Dio, non ne lamenta l’assenza, il silenzio, la latitanza davanti ai mali del mondo.

Se questa preghiera è una domanda, Cristo da la risposta.

Perché Cristo è Dio che ha squarciato i cieli ed è venuto fra noi.

Dopo la sua venuta noi non possiamo più far nostra quella preghiera.

Perché noi sappiamo che con Cristo Dio ha squarciato i cieli ed è sceso. E’ già venuto. Davanti al male ha agito. Ha fatto quello che ha potuto. Non ha cambiato prodigiosamente tutto il mondo dei suoi tempi. Ha fatto solo qualcosa in Palestina. Non si è nemmeno bilocato, sapete.. quei santi che sono in un posto e contemporaneamente in un altro…agendo contemporaneamente i due posti diversi,) Ha segnato un inizio…

Poi…

Poi Lui (ecco ci siamo: questo è il vangelo)

è partito ed ha lasciato il suo potere ai servi…

“Ha lasciato ogni potere ai servi”.

Noi siamo i servi. Noi che sappiamo che Lui è partito che, visibilmente, fisicamente non c’è più. Non lo vediamo. Ma sappiamo che è misteriosamente in mezo a noi… Altrimenti cosa siamo venuti a fare qui?

Certo! Non lo vediamo intervenire, far miracoli, guarire, consolare, aiutare, amare…

Perché questo compito lo ha lasciato a noi…

Il potere, lo sappiamo, lo dicevamo domenica scorsa, non indica l’autorità. Indica la capacità, la forza di amare, il “potere” di guardare, di accorgersi, di vigilare e di fare. Indica la responsabilità che noi abbiamo della casa di Dio, di questo mondo cioè nel quale abitiamo, dal quale Lui è partito lasciandoci ogni potere.

Noi che attendiamo vigilanti, il suo ritorno, la sua seconda venuta.

A noi sono dati gli stessi poteri di Cristo, ci dice Paolo.

“Siete stati arricchiti di tutti i doni” E questi poteri non sono miracolistici; sono i doni della parola di Dio, della conoscenza delle cose che viene ci dal guardare il mondo con gli occhi di Cristo, sono i doni dello Spirito che dobbiamo chiedere quotidianamente nell’ impegno quotidiano di donare la nostra vita, come ha fatto Cristo, per il Regno di Dio.

Ecco, allora, ci sono due modi di vivere il natale.

Il primo è quello comune che vivono tutti: una festa che certamente ha un vago sapore religioso, nella quale si prova una certa gioia, una certa pace, sentimenti di bontà, di beneficenza, in cui per qualche ora ci si sente più buoni e si accarezza magari il desiderio di diventarlo, si fa una bella mangiata, magari si va a messa a mezzanotte o a mezzogiorno, poi, per santo Sefano si smaltisce il pranzo del giorno prima… e tutto finisce lì…

E poi c’è una maniera cristiana di vivere la nascita di Cristo non il giorno di natale ma in ogni giorno dell’anno.

Sapere che Lui è nato 2000 anni fa, che non è morto, è solo sparito dalla nostra vista, questo sì, è partito, ma è misteriosamente rimasto accanto a noi, per aiutarci a renderlo presente nelle strade del mondo.

Questa seconda maniera non esclude la prima, deve solo essere aggiunta alla prima che da sola resta monca, povera, quasi inutile…

Il senso più profondo del natale del Signore, del natale cristiano, del natale vissuto, del natale che è diventato non una festa da ricordare, un periodo in cui sognare, ma parte integrante della nostra vita, sta proprio qui.

Attraverso Cristo Dio è venuto al mondo per lasciarci i suoi poteri le sue capacità perché questo mondo non sia più ingiusto, non sia più abbandonato, non sia più derelitto, ma sia amato, sia aiutato, sia orientato, sperimenti la presenza di Dio.

E’ un atteggiamento comune quello di guardarsi attorno per cercare i segni di Dio, quello di ribellarsi davanti al silenzio e all’assenza di Dio, chiedersi: “Ma Dio, dov’è?

Ma la responsabilità dei cristiani è la risposta a questa domanda.

Perché chi è cristiano non si chiede: “Dov’è Dio? Dove sono gli altri?”, Ma: “Dove siamo noi? Dove sono io?”

“Questa nostra comunità deve chiedersi: Siamo, in qualche modo, qui, in questo territorio, a Catania, in questo quartiere, segno della presenza di Dio?

Preghiamo perché, per noi, per questi bambini, la nostra vita possa essere una risposta affermativa a questa domanda.

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