Beati quelli che crederanno senza aver visto

19 Aprile 2009 Nessun Commento     

La gioia del Signore risorto sia con tutti voi!

Abbiamo celebrato solo sette giorni fa la risurrezione di Cristo.

Morti e risorti con Lui, abbiano deciso di rivederci per sperimentare la sua presenza nella comunità cristiana.

Cantiamo insieme la gioia di rivederci, di accoglierci, di essere perdonati.

LETTURE

Quale prova migliore della Risurrezione che la testimonianza di una comunità cristiana, di donne e di uomini che vivono una vita nuova, diversa, risorta?

Ecco perché il libro degli Atti degli Apostoli delinea le caratteristiche, lo stile di vita dei primi cristiani.

Perché la presenza di Cristo, morto e risorto, cambia la nostra vita come afferma l’apostolo Giovanni

Il brano del Vangelo è ricchissimo di spunti, non li voglio anticipare. Cogliamoli insieme, attraverso un ascolto attento e amoroso della Parola di Dio

OMELIA

Dopo la notte di Pasqua, dopo il giorno di Pasqua, siamo tornati.

Certo non per obbedire alla nostra devozione, ai nostri sentimenti, alle nostre abitudini, a un precetto…

Noi siamo qui, e spero che questa sia una motivazione condivisa da tutti, perché riteniamo essenziale alla crescita della nostra fede questo momento di comunità, nella gioia della testimonianza reciproca, nella comune tensione all’impegno…

Siamo qui perché non vogliamo lasciare nel vago la nostra scelta cristiana, ma incarnarla nella realtà della vita di ogni giorno attraverso quegli stimoli, quelle proposte, quelle iniziative, quei progetti che nascono fra di noi.

Siamo qui, perché dobbiamo continuamente dirci come e quando abbiamo vediamo il Signore…

Siamo qui, infine, perché dobbiamo insieme superare le nostre difficoltà e i nostri dubbi…

Ecco, dal dubbio vorrei partire, dal dubbio di Tommaso.

Si dice: “Se uno dubita non crede…”

Non sempre è esatto.

Credere non vuol dire non aver dubbi, vuol dire andare avanti nonostante l’oscurità.

Perché è così in tante occasioni della vita.

Tu inizi un lavoro… non sai come andrà a finire… eppure vai avanti.

Tu metti al mondo un figlio, lo cresci, fai mille sacrifici per lui, non sai come andrà a finire, eppure continui.

Tu inizi ad amare, non sai come andrà a finire… ma insisti lo stesso…

Ti prepari un esame, non sai come andrà a finire, eppure non smetti di studiare.

Prendi il treno, ti fidi, anche se oggi fidarsi dei treni è sempre più difficile. Non chiedi la patente al macchinista, né revisioni prima di partire, a piedi, il funzionamento degli scambi e la funzionalità dei binari.

Vai dal medico. Ti metti nelle sue mani, ti fai tagliuzzare…Non chiedi se si è laureato con 110 e lode.

Vai al ristorante, ti fidi, mangi ed paghi anche, e non passi prima della cucina a verificare l’igiene e al pulizia.

La fede, l’affidarsi, anche al di fuori dell’ambito religioso, è uno degli atteggiamenti più indispensabili e pratici della vita.

E il dubbio può coesistere con la fede perché la fede è una crescita e ciò che la anima all’interno è la fedeltà.

Spieghiamoci meglio.

Io non posso promettere a Dio di credere con chiarezza, non è nella mie mani.

Io posso promettere di essere fedele, nonostante i miei dubbi: questo è nelle mie possibilità.

La fedeltà è il salario quotidiano che pago al Dio che mi ha dato la fede, perché la fede è un patto con Dio, è dargli la mano e rimanere stretti, anche nel buio.

Noi ora non vediamo tutto con chiarezza. Noi non siamo portatori di una spiegazione del mondo globale, esauriente, definitiva; come credenti non possediamo una formula che chiarisce tutto…

Noi non sappiamo perché c’è un terremoto, o perché un uomo muore nel fiore dell’età, perché un bambino perde la vita prima di accorgersi di possederla.

Noi non abbiamo spiegazioni per le guerre, per le stragi, per la sofferenza degli innocenti.

Noi sappiamo solo che Cristo, il giusto per eccellenza è stato crocifisso, ed è rimasto fedele fino alla fine, obbediente fino alla morte.

Ed alla fine Dio lo ha resuscitato.

Noi non ci fermiamo sul segmento incomprensibile, ma tentiamo di vedere tutto intero l’arco della vita.

Ecco come la fede nasce dalla fedeltà: quando, dopo aver camminato, ti volti indietro e scopri quanto diversa sarebbe stata la tua vita e quella degli altri senza la presenza invisibile di Dio!

“Beati quelli che crederanno senza aver visto!”

Manca in questa frase il complemento oggetto.

Beati quelli che crederanno senza aver visto me, perché vedendo voi, scopriranno la mia presenza nella vostra vita.

A questo punto nasce un nuovo tipo di dubbio.

Un dubbio che non riguarda l’esistenza di Dio, il mistero della Trinità, o la verginità della Madonna.

Un dubbio che riguarda la qualità, lo spessore della mia fede, la sua coerenza con la vita.

Un dubbio di fede da quale nessuno, nemmeno chi dice ‘Io non ho dubbi’ può andare esente.

Stiamo tornando ad una fede intimistica, individualistica, in cui ognuno si crea la sua immagine di Dio, una fede sganciata dalla vita.

Una fede da domenica delle Palme, che, al massimo, può servire per portarsi a casa un talismano che ci protegga dalle disgrazie.

Una fede da processione di sant’Agata, fatta di entusiasmi da stadio e da coinvolgimenti di massa e poco attenta alla realtà che ci circonda.

La fede cristiana è un’altra cosa.

E’ ciò che dovrebbe far diventare ognuno di noi, una comunità cristiana, un polo delle speranze umane, soprattutto di quelle speranze che appaiono impossibili, perché la fede crede appunto l’impossibile.

Vedete: il mondo in cui vivevano i primi cristiani era cristallizzato da leggi intangibili, era costruito secondo un immutabile destino; in quel mondo il povero doveva restare povero, per il malato non c’erano rimedi, lo schiavo non poteva essere liberato, il potente era sempre più prepotente.

La speranza pasquale urtava contro infrangibili barriere; non diventava progetto: era solo un soccorso immediato ed uno spiraglio aperto sull’al di là.

Ma noi non possiamo e non dobbiamo vivere la fede pasquale alla maniera storica dei primi cristiani, saremmo fuori dalla nostra storia.

Non facciamo miracoli come Pietro per guarire i malati, ma possiamo lottare perché funzionino gli ospedali, e dalla cronaca di questi giorni, sappiamo quanto è urgente questo problema.

Noi oggi sappiamo che la miseria non è un male inevitabile, che lo sviluppo, come dicono gli esperti, deve essere sostenibile, e rimanda alle nostre responsabilità.

Noi sappiamo che i diritti dei più deboli devono essere difesi.

Noi sappiamo che la pace non dipende solo dagli imperatori ma anche dalla coscienza della gente.

Noi sappiamo che la corruzione, il malaffare prosperano attingendo non solo alla disonestà dei politici, ma anche sulla indifferenza e sulla stanchezza della gente, sulla cui testa passano provvedimenti che in nome del popolo, salvano solo i potenti.

E’ questo il risultato concreto della incarnazione della fede nella realtà che, giorno per giorno, siamo chiamati a vivere.

Riempiti della pace di Cristo, che non è tranquillità e indolenza, ma impegno nella costruzione della giustizia, pieni di amore e disponibilità nei riguardi del mondo, di cui siamo mandati a togliere il peccato.

Perché il peccato che rimetteremo, sarà rimesso, il peccato che toglieremo sarà tolto, quello che lasceremo al suo posto, resterà lì dov’è, ritardando la venuta del Regno di Dio

E’ la pagina di Vangelo che abbiamo ascoltata: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.

“Come il Padre ha mandato me, così io mando voi..”.

Ecco perché questa Eucaristia si chiama “messa” “Missio”, missione.

Ognuno di noi, torna qui per conoscere qual è la sua missione nel mondo, per accorgersi che non è solo a fare il cristiano, per capire, progettare, agire, collaborando con ogni uomo di buona volontà perché risorga, in ogni senso la vita.

Preghiamo perché cresca in tutti noi il dono della vera fede.

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