Chiunque pratica la giustizia è gradito a Dio

17 Maggio 2009 Nessun Commento     

Ci ritroviamo insieme a celebrare con gioia questa Eucaristia.

Abbiamo vissuto anche questa settimana il nostro tempo, immersi nelle vicende e nei drammi del mondo che ci circonda, e torniamo qui, come sempre, per valutare e orientare la nostra vita sulle linee del vangelo.

Per essere capaci di mostrare a chiunque quest’amore di Dio, preghiamo.

LETTURE

Atteggiamenti nuovi, orizzonti diversi, significati più profondi, per capire e vivere meglio la nostra esperienza umana, ci vengono, oggi come sempre, suggeriti dalla Parola di Dio, che può insinuarsi anche nelle pieghe più piccole della nostra vita, portandovi al sua luce…

Così l’esperienza di Pietro, come è descritta dalla prima lettura ci aiuta a rompere il razzismo religioso e non, aprendoci a tutti gli uomini, ai quali siamo inviati per testimoniare l’amore di Dio di cui ci parla il vangelo e particolarmente il brano della lettera di Giovanni.

Cercheremo insieme di comprendere questi suggerimenti e di calarli nei nostri comportamenti fidi ogni giorno.

OMELIA

Sto tornando da una manifestazione…contro la mafia, il pizzo, il sopruso, la violenza, tanti ragazzi, parecchia gente, più di quanto ne avrei immaginata..

Li ho lasciati in via Vittorio Emanuele sarebbero arrivati fino in piazza Stesicoro..

Manifestare contro la mafia o per la pace…a che serve? Dicono in tanti. Che cosa cambia?

Le celebrazioni, lo sappiamo, lo abbiamo detto altre volte, sono inutili. Tutte le celebrazioni sono inutili. Sia quelle religiose che quelle laiche, civili.

Ma, in ogni manifestazione, in ogni celebrazione l’inutilità si sposa con l’indispensabilità.

Anche questa messa è una manifestazione, una celebrazione.

Ed è insieme inutile e necessaria.

Inutile, perché sembra che il mondo continui a girare allo stesso modo attorno ad essa.

Necessaria perché, se intensamente vissuta, potrebbe cambiarci dentro.

Potrebbe farci scoprire con gioia ciò che siamo e potrebbe stimolarci a diventare ciò dovremmo essere; potrebbe trasformarci, e, quindi, ci rende capaci, nella vita concreta, che è sempre fuori dalla celebrazione e che comincia dove essa finisce, a contribuire al cambiamento del mondo.

E se le celebrazioni laiche, attraverso la condivisione di determinati valori, fanno prendere coscienza che non si è soli a desiderare la pace, la giustizia, la libertà, la democrazia, le celebrazioni cristiane hanno una marcia in più: la trasformazione che producono in noi, il coraggio che può nascere dentro di noi non viene solo da una spinta psicologica, dal prendersi per mano, in girotondo, con altre persone che la pensano come te, ma se abbiamo fede, proviene, dalla potenza di Dio, dalla sua presenza, dal suo desiderio di rimanere dentro di noi per farci rimanere dentro di lui, come Cristo ha sottolineato nel vangelo.

E vediamo la direzione in ci vuole farci andare oggi la parola di Dio.

Partiamo dalle affermazioni di Pietro con cui si apre la prima lettura.

“Anch’io sono un uomo come te”, grida l’apostolo a Cornelio, un pagano, che si era gettato ai suoi piedi per adorarlo: e, subito dopo: “Ora mi accorgo finalmente che Dio non fa preferenze di persone… ma chiunque pratichi la giustizia è gradito a Dio”.

E’ stupefacente questo modo di fare degli apostoli e dei primi cristiani: i loro atteggiamenti non sono ancora complicati, adulterati, mistificati dalla storia, dalle usanze, dai compromessi; non hanno altro da difendere che il nudo vangelo; immediatamente vicini a Gesù Cristo, sono genuini, privi di bizantinismi, di complicazioni.

Anch’io sono un uomo come te! Perché ti getti ai miei piedi? Perché vuoi inchinarti, adorarmi, baciare la sacra pantofola? Alzati, non chiamarmi in altro modo se non con il mio nome!

Non dobbiamo meravigliarci che la gente si getti ai piedi dei potenti.

E’ forse un bisogno istintivo nell’uomo quello di sottomettersi, di avere un capo, di farsi guidare, di abdicare alla propria responsabilità ed alla propria testa…

A proposito dei fascismi di ogni colore, nella critica storica, si parla di “dittatura democratica”. Due termini che non sono così antitetici come sembrano.

Perché è possibile una dittatura voluta da tutti, con un consenso estorto attraverso tecniche sofisticate e controllatissime.

Pietro rifiuta l’inchino, il baciamano, l’ossequio, il servilismo, qualunque cosa che riferendosi a lui, crei in qualche modo un ostacolo, un diaframma nel rapporto fra l’uomo e Dio.

Questa sua preoccupazione, che può sembrare dissacrante, è una premura evangelica, perché va conto la mentalità comune, va contro i nostri oscuri bisogni di dipendenza…

Non è vero che ogni uomo desidera essere libero. La libertà è un’esigenza che bisogna stimolare, che bisogna far crescere, alla quale bisogna educare; è più comodo dipendere, consegnarsi nelle mani di qualcuno, scaricargli addosso le proprie responsabilità, applaudire, delegare, farsi proteggere; in molti campi: persino le libere elezioni sono spesso un gesto di ignoranza, di servilismo, di soggezione che un gesto di consapevole scelta e di libertà.

Io credo che chiunque usa le parole potenti del Signore deve fare in modo che nessuno si inginocchi davanti a lui: perché anche noi preti siamo uomini e le parole che pronunziamo ci giudicano mentre le pronunziamo e ci impediscono di usarle per dominare il mondo e le coscienze.

Questo atteggiamento, non di dominio ma di uguaglianza davanti a Dio, ci fa passare ad un’altra affermazione di Pietro, ad una convinzione che egli ha maturato a poco a poco, nella sua coscienza: “Dio non fa preferenza di persone…”

Per cercare di capire potremo dire, schematizzando e semplificando, che esistono due modi di essere cristiani.

Ci sono molti cristiani che quando parlano dell’amore di Dio si sentono privilegiati.

Il loro Dio ama innanzitutto la chiesa e, attraverso la chiesa, ama il mondo..

Ce ne sono altri, invece, i quali sono convinti che Dio ama il mondo, tutto il mondo, direttamente, e che chiama alcuni (chiesa infatti significa “assemblea di chiamati”) perché siano testimoni di questo suo amore per tutte le creature.

Il cattolico del primo tipo (ma è un atteggiamento comune a tutte le altre religioni) guarda gli altri dal suo piedistallo, guarda il mondo come un salvatore, perché lui solo ha la verità, lui solo ha il monopolio dello Spirito Santo da distribuire; guarda il mondo con pessimismo, con desiderio di dominio e sogna una chiesa forte, rispettata, piena di risorse, alleata e finanziata dai potenti di turno.

Il cristiano seconda maniera, è convinto, che Dio ama tutto il mondo, direttamente, e si sforza di essere un testimone dell’amore di Dio, un amore che non deriva dalla bontà dell’animo, dai buoni sentimenti, dalla tenerezza del cuore, anche se si può intrecciare con queste cose; ma un amore che deriva da una esperienza di fede: dalla convinzione che, senza alcun suo merito, Dio lo ha amato per primo e che, proprio per questo, lui, è testimone di quest’amore, amando per primo, e senza alcun interesse ama gli altri…

Quest’amore che viene da Dio non è l’amore di gruppo, l’amore di partito, l’amore della propria patria, l’amore della propria chiesa; sono amori pericolosi perché collettivizzano l’egoismo, legittimandolo con nobili motivi.

L’amore di cui si parla qui è diverso: è l’amore di chi da la propria vita, è l’amore di chi sa sacrificare il proprio interesse per la giustizia, per una società in cui gli interessi non dei forti ma dei deboli vengano tutelati e difesi.

Un amore che permea tutte le sfere della vita: quella privata e quella pubblica, quella ecclesiastica e quella sociale e politica.

La mentalità comune oggi è al di fuori di questi orientamenti: dal razzismo strisciante ai federalismi fiscali, dalle gabbie salariali, alle ronde…tutte cose che rivelano quanto sia lontana la politica e la mentalità comune dalla sapienza del vangelo.

Ma questo non mi scandalizza affatto.

Il cristiano che si impegna a testimoniare l’amore “aperto” di Dio sa che appartiene a una minoranza, sa che non può pretendere che tutti la pensino e agiscano come lui, sa che è difficile e in salita la strada che lui ha scelto, come la strada di Cristo.

E questo non lo scoraggia, fa parte della logica delle cose, perché non è di tutti nutrire un amore che non emargina nessuno, che sa guardare ogni uomo e ogni donna con lo sguardo stesso di Dio.

Preghiamo perché Dio, quest’amore, ce lo regali!

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