Ecco io vengo per fare la tua volontà

20 Dicembre 2009 Nessun Commento     

Accogliamoci con gioia e fraternità, in questa ultima domenica vigilia del Natale del Signore.
E preghiamo insieme perché questa celebrazione di oggi ci prepari alla festa ormai imminente.

O Padre, che hai scelto Maria per dare un corpo al tuo Figlio, dona anche a noi il dono di diventare il Corpo di Cristo, per fare la tua volontà.


LETTURE

L’attesa, la speranza e la gioia.
Queste tre parole hanno guidato quest’anno il nostro cammino verso il Natale.
Se ne aggiunge oggi una quarta: la disponibilità, la capacità di mettere la nostra vita disposizione di Dio per ché Egli possa realizzare le sue promesse, il suo piano di salvezza per il mondo.
Se Cristo e Maria, come dice il profeta Michea, sono le promesse di Dio, la lettera agli Ebrei e il Vangelo ci parlano della realizzazione di questa profezia.

Vediamo.

OMELIA

Respiriamo in questi giorni, alla vigilia di Natale, nonostante la conclamata crisi, l’aria frenetica dei regali, del movimento, del traffico sempre più impazzito della città…
I mass media parlano di “frenesia del regalo”, di code interminabili ai supermercati, di corsa agli acquisti, di tanti soldi spesi per acquistare non il necessario ma il superfluo. Forse questo è un fatto positivo per il rilancio dell’economia, ma, se quest’anno, nonostante la crisi, non c’è la crisi dei consumi, non altrettanto si può dire della crisi del Natale, del Natale di Cristo.
Nell’immaginario collettivo il Natale indica le feste di fine anno, oppure una vaga e romantica festa del bambino che c’è in ognuno di noi, una specie di rappresentazione più o meno infantile di ciò che è avvenuto 2000 anni fa.
Leggevo che, soprattutto quest’anno lo si festeggiano anche in Cina, ma lì è come qui, più o meno: la gente non sa di che cosa si tratta.
C’è un bell’articolo su Repubblica di mercoledì scorso.
E’ l’ultimo ordine del governo cinese: “Compagni, festeggiate”; molti credono che sia Halloween, ma fa lo stesso, l’importante è spendere per il “Festival del regalo”: questo è il nome del 25 dicembre.

Ma il significato autentico del Natale rischia di sfuggire di mano anche agli addetti a i lavori, ai cristiani, lasciandoci in balia delle palline colorate e dei buoni sentimenti che durano un giorno e niente più.
Ed allora sfruttiamo bene questa occasione, l’ultima, prima del 25 dicembre, per riflettere, per capire, il valore del Natale di Cristo, per coglierne l’essenziale, lo specifico che è poi lo specifico della nostra stessa fede.
Una “specificità” che dobbiamo sottolineare.
Perché non è vero che tutte le religioni sono uguali, che l’una vale l’altra, che gira e rigira, dicono tutte la stessa cosa.
In questa opinione attorno alla quale si può discutere, c’è un nocciolo di verità, specialmente quando la religiosità si appiattisce, quando riguarda solo la superficie della vita senza penetrare e trasformare il nocciolo, la sostanza, il fondo della nostra esistenza.

Come quando un uomo dice: “Tutte le donne sono uguali, o una donna dice: “Tutti gli uomini sono uguali”. Ma poi, se si incontri qualcuno che sconvolge la tua vita e te ne innamori veramente, cambi idea…
Le letture di oggi, tutte e tre, ma particolarmente la lettera agli Ebrei e il brano del Vangelo, sembrano fatte apposta per eliminare proprio quell’elemento alla luce del quale tutte le religioni sembrano poste sullo stesso piano: il culto di Dio.
Nella migliore delle ipotesi, si pensa che la religiosità appare, si manifesta, quando si dicono determinate preghiere, si osservano precise norme morali, si partecipa a determinati riti.
Se poi il rito ha qualcosa di misterioso, di magico, di ripetitivo…, capace di farci entrare in una atmosfera sacrale, mistica, rasserenante, con candele accese, profumi d’incenso, e formule strane, per farci entrare in contatto con la divinità, raggiungiamo il top…
Sembra invece che Cristo abbia avuto con Dio, un rapporto diverso, sembra che abbia del “culto” un’idea del tutto differente.
Non ci risulta che, nel corso della sua vita abbia costretto i suoi discepoli a seguire lunghe, solenni e complicate liturgie.
Ha solo detto, (sto solo citando la bibbia, che abbiamo ascoltato poco fa) entrando nel mondo: “Tu, Padre non hai voluto né gradito preghiere, offerte, olocausti, sacrifici…”
Un corpo mi hai dato. Allora ho capito ed ho detto: “Ecco, io vengo per fare la tua volontà”.
Il Dio di Cristo, che spero sia anche il nostro Dio, non sta ad annusare il profumo dei sacrifici, né che sta ad ammirare le complicate coreografie che i suoi ministri sciorinano attorno agli altari. Non si sente gratificato da queste cose.
Il Dio di Cristo ritiene culto, onore, reso a Lui il fare semplicemente la sua volontà”.

Semplicemente?
Non scherziamo.
Non è per nulla semplice fare la volontà di Dio.
E’ così difficile che noi per semplificarla, ne abbiamo stravolto il significato.
L’abbiamo interpretata come rassegnazione inerte, confondendo il Dio cristiano con il fato o con il destino.
“E sia fatta la volontà di Dio”, diciamo quando dobbiamo rassegnarci davanti ai mali inevitabili della vita.
Oppure la abbiamo ridotta all’obbedienza supina agli ordini che vengono dall’alto molto spesso contrabbandati per volontà di Dio!
O ci siamo lambiccati il cervello per scoprire il progetto di Dio su di noi…
Cosa vuole Dio che io faccia? Che faccia il prete o che mi sposi?
Che vado alla lavorare o all’università?
Che faccia le vacanze al mare oppure in montagna?
Capisco che a volte ci troviamo in situazioni difficili, dalle quali cerchiamo di uscire con qualche consiglio qualificato.
Ma a Dio, credo, non interessa tanto che io scelga questo o quello stato di vita, questo o quel mestiere, questa o quella attività.
Dio vuole che, qualunque cosa io faccia in qualunque situazione io mi trovi dettata dalle circostanze o dalle mie scelte, io sia disponibile a fare ciò che Lui vuole.

E Dio vuole l’accoglienza del povero, della vedova, dell’orfano e dello straniero, il perdono degli amici e dei nemici, la gioia e il coraggio anche in mezzo alle avversità, la giustizia, la solidarietà e la pace.
Questa è la volontà di Dio!
Per realizzare tutto Cristo ha avuto bisogno di un corpo, perché la volontà di Dio non si realizza nella evanescenza delle estasi mistiche, ma nello spessore della nostra pesantezza quotidiana, attraverso la nostra corporeità, nell’unico modo che abbiamo per essere fisicamente prossimi, vicini, agli altri…
Maria, dice il vangelo di oggi ha avuto da Dio il dono di capirlo per prima.
Per questo non appare una creatura beata in se stessa, isolata nella sua intimità divina, bensì un essere corporeo, fatta di concretezza, di sensibilità, di disponibilità.
Aprirci all’accoglienza verso l’altro: ecco lo specifico della nostra fede, quando riconosciamo nell’altro il volto di Cristo: se vogliamo riconoscere Gesù bambino, sentivo stamattina alla radio, dobbiamo riconoscerlo nel bambino gettato in mare a colpi di remo dagli scafisti…
Ecco la ragion d’essere della nostra scelta cristiana.
Ecco la ragion d’essere di una comunità cristiana, di una parrocchia; non quella di raccogliere gente per celebrare riti, (non avete l’idea, quando una festa cade di sabato e l’indomani è domenica di quanta gente telefona in parrocchia per chiedere se la messa delle 18 è valida anche per l’indomani; una delle poche domande alla quale non riesco a rispondere cortesemente se non a prezzo di un grande sforzo); lo scopo di una è trasformare un aggregato di persone in un organismo, un miscuglio in un composto, un mucchio di pietre in una casa, nel tempio di Dio che gli renda il culto della vita.
Chiediamola al Padre questa disponibilità, una disponibilità che insieme all’attesa, alla speranza, e alla gioia, le quattro parole, i quattro atteggiamenti che insieme abbiamo scoperto in questo cammino di avvento, ci aiuteranno a celebrare, in maniera autentica in ogni giorno della nostra vita, il Natale di Cristo.
O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai, è un ritornello di una canzone di Giovanotti, l’abbiamo cantata in una veglia alcuni anni fa.
Perché anche per noi sia così, preghiamo.

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