Epifania

6 Gennaio 2011 Nessun Commento     

LETTURE

Gerusalemme, la città alla quale si rivolge Isaia nella prima lettura, è il simbolo della umanità, di tutta l’umanità, che viene invitata a rivestirsi di luce, ad essere luce perché investita dalla gloria di Dio.
Una manifestazione che, come è ribadito nella seconda lettura, è diretta ad ogni uomo, ed in maniera particolare, come sembra suggerire il racconto dei Magi, a chi è disposto a mettersi in cammino alla ricerca della verità.

OMELIA

Non passa giorno nelle nostre città in cui non ci sia qualcuno che “manifesta”. Manifestano gli studenti, i lavoratori, i ferrotranvieri, i magistrati, i precari, gli insegnanti: tutti “manifestano” per cercare di dire qualcosa, per portare all’attenzione di più persone possibili il loro messaggio o le loro rivendicazioni.
La festa di oggi, l’epifania, volgarizzata in Befana significa appunto manifestazione), vuol dirci che anche Dio desidera manifestarci qualcosa.
Il Natale di Gesù è lo “scendere in piazza”, l’entrare nel mondo da parte di Dio perché Egli vuole partecipare, con tutto se stesso, alle vicende di questo mondo!
Non è stata però, quella di Cristo una discesa spettacolare, straordinaria, anche se i racconti che l’hanno tramandata cercano di renderla tale.
Angeli, cori celesti, gli stessi re magi, fanno forse parte più di una cornice fantastica che della storia.
Il suo entrare nel mondo è stato sommesso, nascosto; per essere scoperto richiede persone attente, gente sveglia, donne e uomini che cercano qualcosa.
Chi non ha nulla da cercare non si accorge di lui.
Ma a quanti lo cercano egli si fa trovare, e, se accolto, da il potere di diventare figli di Dio: sono quelli che credono nel suo nome, (sono parole del vangelo di Giovanni che abbiamo sentito spesso in questi giorni) , quelli che non sono nati dalla volontà di un uomo, ma che da Dio sono stati generati.
A questi Cristo rivela, manifesta qualcosa che è essenziale per la loro vita, per la loro storia, per la loro salvezza.
Probabilmente fra costoro, ci siamo anche noi, se abbiamo cercato Dio, se abbiamo maturato la coscienza di essere suoi figli.
A noi oggi Cristo si presenta come il rivelatore di Dio.

Ogni uomo può fare mille elucubrazioni per immaginare Dio, può crearsi, e spesso lo fa, un dio a sua immagine, persino un dio che faccia da alibi alle sue malefatte…
Forse i filosofi, i liberi pensatori, possono discutere all’infinito sulla esistenza o sulla conoscibilità o meno di Dio.
Ma un cristiano che dice di non sapere nulla del suo Dio non ha capito nulla del suo cristianesimo.
Perché non sa che nella umanità di Cristo, infatti, si manifesta, appare l’interessamento, la partecipazione, l’amore di Dio per il mondo. Un Dio non giudice e padrone, ma amico e padre dell’uomo. Un Dio che non attende, seduto sul suo trono che l’uomo lo raggiunga, ma che si muove per primo per andargli incontro.
Ma Cristo non solo rivela Dio all’uomo, rivela anche l’uomo a se stesso.
Perché Cristo è vero uomo. Il che non vuol dire solo che non è un fantasma dietro il quale si nasconderebbe Dio, ma che è un uomo vero, (mettiamo l’aggettivo dopo il nome che è meglio), un uomo autentico, un uomo che realizza nella maniera più profonda le esigenze più autentiche della umanità.
Perché la sua vita, se la conosciamo, rivela ciò che sta nel più profondo di noi stessi, ciò che Dio ha messo dentro di noi, ciò che i nostri peccati hanno reso opaco e incomprensibile, ciò che deve venire a galla dalla nostra vita: il desiderio profondo di amare e di essere amati, la voglia di pace e di giustizia, la capacità di costruire un mondo migliore e più umano.
Da queste premesse saltano fuori alcune conseguenze:
Il significato dell’essere cristiani: “costruire” la propria umanità secondo le dimensioni della umanità di Cristo…
L’universalità del cristianesimo; perché non inventa riti e preghiere ma si rivolge a ogni uomo spingendolo a realizzare il meglio di se stesso.
Ecco perché i cristiani veri si riveleranno alla fine. Perché esiste un cristianesimo implicito, e Dio che sa leggere nel cuore dell’uomo, sa valutare, per ognuno di noi, quanto pesa la nostra umanità.
Ma io non riesco a credere in Dio, mi dice a volte qualcuno tormentato da dubbi e perplessità.
Sii un uomo, una donna fino in fondo, sii aperto, generoso, leale, cerca la pace, la giustizia la libertà, perdona chi ti fa del male, incontra veramente l’altro, se credi che questi siano valori autenticamente umani, propri dell’uomo…

Dio, anche se non tu ci credi sta camminando con te, e ti aspetta alla fine, al fondo della strada…
Questo vuol dire festeggiare l’Epifania: vuol dire gioire insieme, perché ci è stata rivelata, attraverso Cristo, la vera immagine del divino e la vera dimensione dell’umano, che permette anche a noi, di diventare “epifanici”, rivelatori dell’uomo e di Dio, trasparenti, pur con tanti difetti, capaci di far intravedere attraverso noi stessi l’autentico umano e il divino che c’è in noi.
Strada aperta non ostacolo, canale non diaframma, trasparenza non opacità.
Opaco sono io, quando non riesco ad essere gioioso nelle tristezze della vita, coraggioso nelle difficoltà, forte nella fede, fiducioso nella speranza, cordiale e aperto nella carità.
Opaca è un comunità di cristiani quando non è una vera comunità, ma un aggregato informe di persone che vengono senza aspettarsi nulla e che escono senza sapere dove andare e che cosa fare.
Opaca è la chiesa, anche se di essa delle sue iniziative, del papa si parla ogni giorno su tutte le reti televisive, quando in essa non traspare il servizio, la povertà, la condivisione, ma la ricerca del privilegio e l’alleanza con il potere, quando crede di essere lei, chiesa, l’obbiettivo finale dell’umanità, mentre lei è solo una strada e non certamente l’unica di quelle scelte da Dio per salvare l’uomo.
Opaca è la chiesa quando, nelle persecuzioni, non fa appello alla fede e al suo Dio, come facevano i primi cristiani, ma si rivolge alla forza del potere degli stati perché difendano i cristiani.
Quando dimentica che l’identificazione fra cultura occidentale e cristianesimo, è oltre che un alibi in più al terrorismo mediorientale, il prezzo che molti cristiani, in Egitto, in Indonesia, in Nigeria, stanno pagando con la loro vita.

A noi, in Italia, tutto questo non ci tocca, a loro, sì. E il miglior modo per difenderli sarebbe, è puntualizzare continuamente questa precisa distinzione fra mondo occidentale, con i suoi interessi, col suo bisogno di petrolio,con le sue guerre, e il messaggio cristiano che è tutta un’altra cosa.
Ecco allora perché è importante questa festa di oggi: non solo perché conoscere Dio e l’uomo è certamente il compito più importante della nostra vita, ma perché da tutto questo deriva un impegno che coinvolge tutta la vita.
Ecco perché oggi il cristiano non guarda con nostalgia il natale passato ma la Pasqua futura, ecco perché oggi annunziamo oggi la scadenza di quelle occasioni, di quelle feste che scandiscono le tappe del nostro divenire cristiani.
Ascoltiamole insieme mentre chiediamo a Dio di accompagnarci nel nostro cammino.

Fratelli carissimi,
la gloria del signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l’anno liturgico sono i tre giorni del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culmineranno nella domenica di Pasqua il 24 di aprile.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.
Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della quaresima, il 9 di marzo, L’Ascensione del Signore, domenica 5 giugno, la Pentecoste domenica 12 giugno, la prima domenica di avvento, il 27 di novembre.
Anche nelle feste della santa Madre di Dio e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.
A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.
AMEN !

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