Alzati, rivestiti di luce

6 Gennaio 2010 Nessun Commento     

Abbiamo cantato insieme la misericordia di Dio.

Ringraziamolo ora del suo perdono cantando la sua gloria.

LETTURE

Gerusalemme, la città alla quale si rivolge Isaia nella prima lettura, è il simbolo della umanità, che viene invitata a rivestirsi di luce, ad essere luce, perché investita dalla luce, dalla gloria, dalla manifestazione di Dio…

Una manifestazione che, come viene ribadito nella seconda lettura, è diretta ad ogni uomo, ed, in maniera particolare, come sembra suggerire il racconto dei Magi, a chi si mette in cammino per cercare la verità.

OMELIA

La “befana” altro non è che la corruzione linguistica della parola “Epifania”.

La vecchietta che porta i “doni” ai bambini buoni, è la volgarizzazione, spinta all’estremo, del significato della nostra celebrazione.

Se torniamo al significato originario della parola afferriamo subito il motivo della festa di oggi.

E’ il vangelo che ce lo suggerisce: al di là del racconto dei magi e della stella cometa, è una parabola sull’intera vicenda di Cristo, ed una profezia, perché indica l’offerta di un dono, e il suo rifiuto.

Cristo è il dono di Dio, rifiutato dal potere: Erode, rifiutato dalla sua città: Gerusalemme, dal suo popolo, ma accolto dai pagani, dai lontani, da tutti quei popoli che la cultura ebraica escludeva dalla salvezza, una salvezza non ristretta, lo dice Paolo, a poche persone appartenenti ad una determinata razza o nazione, ma estesa ad ogni donna e ad ogni uomo sulla terra.

Una festa densa di attualità!

Perché oggi molti cristiani non si accorgono di essere complici di una grande mistificazione:

Cristo, viene accolto solo a parole; la sua vicenda di morte e resurrezione viene ridotta solo a un simbolo culturale; Cristo diventa un monumento archeologico, un rudere antico: come il Colosseo ci ricorda che qualcosa di romano c’è in noi, come il tempio della Concordia di Agrigento ci fa pensare che una volta eravamo greci, così il Cristo o crocifisso, o adagiato in una mangiatoia ci dice che qualcosa di cristiano esiste nella nostra identità da difendere, una identità usata come arma per escludere il diverso.

Tutto ciò, invece, capovolge, contraddice e rifiuta il significato più profondo della sua vita e del suo messaggio: l’amore di Dio offerto a tutti i popoli di ogni razza, di ogni lingua, di ogni nazione, che in lui, fatto uomo, si riconoscono non come italiani o ebrei, palestinesi o americani, non come cristiani, o musulmani, ebrei o buddisti, ma semplicemente come uomini.

Chiedersi se noi siamo fra quelli che accolgono o rifiutano Cristo: ecco il senso della nostra presenza oggi, qui.

Perché siamo noi gli eredi di quegli uomini venuti da lontano che nel corso della storia hanno, volta per volta, accolto nella loro vita il dono di Dio.

Se accogliamo questo dono, dobbiamo aprire il pacco e vederne il contenuto:

Il contenuto è L’EPIFANIA.

Cioè la rivelazione, la manifestazione di due cose essenziali, per la nostra vita: la vera conoscenza di noi stessi e la conoscenza del vero Dio.

Cosa vuol dire essere “uomini”?

Tante risposte sono state date a questa domanda. Teoriche, ma soprattutto pratiche. Perché anche senza essere filosofi, anche senza scrivere libri, ognuno di noi, con la sua vita, con la sua maniera di fare, rivela, lo spessore, denso o sottile della propria umanità.

Cristo è vero uomo.

Ciò non vuol dire solamente che è un vero uomo, come te, come me, come tutti.

Ciò vuole dire, soprattutto che Cristo è un uomo vero, un uomo le cui dimensioni rivelano, nella maniera più profonda le caratteristiche più autentiche della nostra umanità, del nostro essere donne ed uomini.

Cristo ci rivela, al di là delle sofisticazioni, dei travisamenti, delle brutture, dei limiti che osserviamo in noi stessi e negli altri, ciò che sta al profondo di noi stessi, ciò che Dio ha messo dentro di noi, ciò che i nostri peccati rendono opaco e incomprensibile, ciò che dobbiamo far venire a galla nella nostra vita: il desiderio profondo di amare e di essere amati, l’esigenza di pace e di giustizia e di libertà, l’anelito ad un mondo più umano…

Ma dentro il regalo c’è anche un’altra cosa: il dono della conoscenza di Dio.

Noi spesso ci creiamo un Dio a nostra immagine e somiglianza; oggi è molto diffusa la religione “fai da te”; è possibile addirittura, costruirsi un Dio che faccia da alibi ai nostri delitti, (tanti “uomini di Dio” hanno ucciso i loro simili in nome di Dio, chiamandoli nemici di Dio solamente perché non la pensavano come loro), ma se, vogliamo, onestamente, sapere qual è il vero volto di Dio, dobbiamo rifarci a Cristo, nella cui vita, nelle cui opere, nelle cui parole, si rivela Dio, perché è Lui l’immagine visibile del Dio invisibile.

Ed allora, accettando questo dono, anche noi diventiamo epifanici, rivelatori di Dio.

Una rivelazione che per essere manifestata non ricorre alle leggi di uno stato, ai valori cristiani che i governi dicono di difendere per scopi inconfessabili…

Per rivelare Dio il cristiano fa unicamente appello alla testimonianza della sua vita!

Ecco perché il 6 gennaio non chiude le feste (“L’Epifania tutte le feste porta via”) ma apre all’impegno: continuare a conoscere attraverso Cristo, Dio e l’uomo, per salvarci e per salvare attraverso una conoscenza che non è teoria, ma rapporto concreto, vitale, attraverso Cristo, con ogni uomo e con Dio.

Ecco perché noi non ci salutiamo dandoci appuntamento al prossimo natale, alla prossima Epifania, ma continueremo a rivederci, a celebrare, a festeggiare.

Perché vogliamo saperne ancora di più sull’uomo e su Dio, perché vogliamo come Cristo rendere sempre più trasparente, più epifanica, meno opaca la nostra vita.

Ecco perché questa giornata ci fa guardare non indietro con nostalgia, ma avanti, con speranza.

Concludiamo quindi, come ogni anno annunciando, secondo una antica tradizione della chiesa. il ritmo degli incontri, delle feste, dei misteri della fede che scandiscono le tappe del nostro divenire cristiani.

Getteremo così uno sguardo sul nostro cammino, sulla strada che percorreremo insieme, una strada sulla quale, giorno per giorno, cercheremo di realizzare la salvezza di Dio.

Fratelli carissimi,

la gloria del signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.

Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.

Centro di tutto l’anno liturgico sono i tre giorni del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culmineranno nella domenica di Pasqua il 4 di aprile.

In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi: Le Ceneri, inizio della quaresima, il 17 di febbraio, L’Ascensione del Signore, domenica 16 maggio, la Pentecoste domenica 23 maggio, la prima domenica di avvento, il 28 di novembre.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli.

Amen!

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