Oggi si compie per noi questa scrittura

24 Gennaio 2010 Nessun Commento     

Un cordiale benvenuto a tutti in questa nostra assemblea domenicale.
Possiamo pensare che il trovarci qui dipenda dalla nostra iniziativa personale.
Ma, la nostra fede ci dice che, se siamo qui, è perché abbiamo risposto ad una chiamata…
E’ Dio che ci chiama a formare insieme chiesa, cioè un popolo chiamato da Dio e disposto ad ascoltare la sua voce.
Per questo ci accogliamo con gioia, perché scopriamo di essere qui per lo stesso scopo, per realizzare insieme qualcosa…
Perché la nostra presenza sia più piena, è più consapevole, più degna della chiamata di Dio, proponiamoci di abbattere fra di noi e con ogni altro le barriere della indifferenza e del risentimento, pregando: “Signore, pietà…

LETTURE

Mettiamo al centro, oggi, il brano di Luca.
Al popolo, alla gente di Nazareth, ai suoi stessi concittadini che attendevano la venuta del Messia, Cristo si presenta come l’adempimento, la realizzazione, la concretizzazione delle profezie, delle promesse di Dio.
Attorno a questo brano di Luca ruotano sia la prima lettura, nella quale un’altra assemblea, quella degli ebrei, reduci dall’esilio, si riconosce come popolo di Dio davanti all’ascolto della sua parola, che la lettera ai Corinzi dove Paolo sottolinea l’unità dei cristiani, che sono il corpo di Cristo, animato dall’unico Spirito.
Ascoltiamo!

OMELIA

Perché siamo qui?
Perché abbiamo lasciato, per questa assemblea, la nostra casa, i nostri impegni, il nostro relax festivo, la passeggiata domenicale in campagna?
Certamente ognuno di noi avrà i suoi “buoni e personali motivi”, al di là dei quali, però, è necessario scoprire una intenzione comune che giustifichi la nostra presenza …
Non troveremo mai questo elemento unificante restando chiusi nella nostra religiosità individuale; ma esso balzerà prepotentemente ai nostri occhi (pensate alla lettera di Paolo), se, attraverso la fede, abbiamo la consapevolezza di formare insieme un solo corpo, il corpo stesso di Cristo.
Se questo è vero, anche noi, come Lui, letta la parola, e chiuso il libro, guardandoci in faccia, possiamo e dobbiamo dirci l’uno con l’altro e dire al mondo: “Oggi e qui si compie, per noi, questa Parola di Dio”.
Se essere cristiani, infatti, vuol dire reincarnare Cristo, anche noi possiamo e dobbiamo fare ciò che Egli fece quel sabato a Nazareth, davanti ai suoi compaesani.
Si alzò a leggere…
Anche noi ci siamo alzati. Perché?
Per rispetto al Vangelo, dirà qualcuno.
Non credo.
Tutta la bibbia è parola di Dio. Allora dovremmo ascoltarla tutta in piedi anche la prima e la seconda lettura.
Ci siamo alzati per proclamare con forza davanti al mondo il nostro “sì” alla chiamata di Dio.
“Amen! Amen!” diceva l’assemblea davanti ad Esdra.
Amen, sì, così sia! Diciamo anche noi con la coscienza di essere “popolo di Dio”.
“Lo Spirito del Signore è su di noi”, continuiamo allora a dire con Cristo, perché anche noi siamo stati battezzati nello Spirito
“Egli mi ha consacrato con l’unzione”, ha detto Cristo, il nostro capo. Anche noi siamo stati consacrati con l’unzione. E’ il segno del battesimo e della cresima.

Cresimato vuol dire consacrato, in greco si dice “ecrisen” da “crio”. Crio significa consacro, ungo con l’olio; Cristo è il consacrato; e il cristiano è, anche lui, il consacrato, l’unto, abilitato a compiere la stessa missione di Cristo: annunziare ai poveri una lieta notizia, proclamare libertà per i prigionieri e gli oppressi, dare la vista ai ciechi, predicare l’anno di grazia del Signore”.
Ecco perché siamo qui: per rendere attuale qui, oggi, per noi, questa Parola di Dio.
Lo abbiamo scritto tutto questo (con una piccola ma significativa variazione: non “per voi” ma “per noi”) perché resti impresso nella nostra mente e nel nostro cuore.

Ma non basta: deve restare impresso nel concreto della nostra vita.
Per dare un contenuto reale, pratico, concreto, storico al nostro cristianesimo
E questo è, a volte, scandaloso.
Perché scomoda, perché, a volte, turba le pie orecchie dei fedeli riuniti in assemblea…
Mi è capitato fra le mani un questionario fatto in parrocchia un po’ di anni fa.
Fra le altre domande c’era questa:
“Cosa ne pensi delle omelie dei preti?”
Scorrendo le risposte, insieme a qualche complimento emergeva qualche lamentela.

“Troppa politica”. Diceva qualcuno. Io quando vengo in chiesa voglio ascoltare “le cose di Dio”.
Questo modo di dire mi fa venire in mente una espressione spesso sentita da bambino, quando mi mandavano in chiesa per imparare le “cose di Dio”. Si trattava generalmente di preghiere e di formulette da imparare a memoria.
Oppure quando mia nonna mi diceva, prima di mettermi a letto: “Ti ricisti i cosi i Diu”?
Quali sono le “cose di Dio?”
E’ o non è cosa di Dio?
Annunziare ai poveri il lieto messaggio che può finire la loro povertà?
Proclamare ai prigionieri oppressi e innocenti la libertà?
Aprire gli occhi a chi sopporta per non farlo sopportare più e non fargli subire angherie?
Rimettere in libertà gli oppressi?
Possiamo andare ancora di più al concreto.
E’ cosa di Dio aiutare chi esce dal carcere ad inserirsi nella società trovandogli un lavoro?
E’ cosa di Dio fare in modo che una bambina di dieci anni non sia costretta dalla madre a prostituirsi?
E’ cosa di Dio intervenire sulle istituzioni, perché i minori non siano sfruttati?
E’ cosa di Dio o no dare alla gente la coscienza dei suoi diritti per evitare che si prostituisca moralmente per ottenere dei favori dal politico di turno?
E’ cosa di Dio accogliere l’emarginato perché si senta un uomo come tutti gli altri?
Le cose di Dio sono i compiti della politica.

Una parola, come tutte le parole, è densa di equivoci:
Perché politica può voler dire, fare i propri interessi, rubare se è necessario, scavalcare, godere i privilegi di una casta, invocare l’impunità dalle leggi, costruirsi addirittura delle leggi a proprio uso e consumo, e politica può vuol dire fare in modo che i poveri non muoiano di fame, che gli oppressi siano liberati, che chi raccoglie pomodori sia pagato giustamente, che tutti siano consapevoli dei loro diritti, che il mondo prima di essere più caritatevole sia più giusto.
Abbiamo parlato domenica scorsa di Haiti, ricordate, e ci siamo chiesti quale fosse la responsabilità di Dio.
Oggi è la volta delle nostre responsabilità.
Tutti siamo capaci di commuoverci, di turbarci, e mandiamo due euro con un sms, ed anche i governi, dall’Italia agli Stati Uniti, fanno a gara per inviare aiuti, anche per farsi dire: “Noi siamo più bravi degli altri…”
Ma noi come singoli ed anche i governi siamo latitanti quando si tratta di mettere fine all’ingiustizia ed all’oppressione.
Abbiamo scoperto Haiti perché c’è stato un terremoto. Ma quanti di noi prima ne abbiamo in qualche modo sentito parlare?
Il compito dei cristiani è religioso o politico?
La scelta della chiesa è religiosa o politica?
Questo è l’interrogativo che ci pone oggi la lettura del vangelo.
La risposta, anche se breve, è molto chiara.
E’ religioso per essere politico.
Perché se il cambiamento interiore, la conversione, la preghiera, la familiarità con Dio, la presenza dello Spirito, non riescono a tradursi nella realtà, non riescono a fare un lieto annunzio ai poveri, a liberare gli oppressi, a creare un mondo più vicino al progetto di Dio, vuol dire che servono solo alla nostra gratificazione, vuol dire che non possiamo chiamarci cristiani perché non possiamo far nostre le parole che Egli, per primo, ha detto di fronte a tutti nella sinagoga di Nazaret.
Spetta ad ognuno di noi, è compito di ogni comunità individuare quelle situazioni concrete nelle quali attuare questo programma.
Pensate a tutte le “cose di Dio” che, spesso ci vengono proposte alla fine della messa, per darci delle indicazioni, per proporci obbiettivi, per smuoverci dalla nostra inerzia…
Ce n’è per tutti i gusti. E se nessuna cosa mai ci è mai piaciuta vuol dire che siamo proprio “spitittati”.
Le “cose di Dio”, non sono discorsi astratti o evanescenti, non sono formule da biascicare, sono le intenzioni, i progetti di Dio, quei progetti che Dio ha affidato a Cristo e che Cristo vuole affidare a noi.

Ed è su questo piano, – il piano della concretezza, della storia, della vita di ogni giorno – che si gioca l’identità cristiana e l’unità dei cristiani.
Oggi si conclude la settimana di riflessione e di preghiera sulla unità delle chiese, che, spesso, portano avanti un discorso individualistico, di proselitismo…, di conta nel numero dei fedeli.
Pensateci un po’… Ma credete che a Dio interessi veramente che i cristiani delle varie confessioni si accapiglino sulla infallibilità del papa, sulla verginità della Madonna, o sul matrimonio dei preti, sul numero dei sacramenti, sul culto dei santi, o sulla Messa in latino o in italiano?
Ciò che a Dio interessa, oso credere e sperare, è la salvezza reale, concreta di ogni uomo, una salvezza che può essere resa possibile dal dono più grande che egli può farci: la capacità di mostrare ad ogni uomo l’amore di Dio.

Il cristiano sa che ogni sforzo di liberazione, da chiunque sia messo in atto, è “cosa di Dio”.
Preghiamo perché ognuno di noi, perché questa nostra comunità, perché ogni comunità cristiana, realizzi giorno per giorno, questa Parola.

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