Beati quelli che crederanno senza aver visto

11 Aprile 2010 Nessun Commento     

La gioia del Signore risorto sia con tutti voi!
Abbiamo celebrato solo sette giorni fa la risurrezione di Cristo.
Risorti con Lui, abbiano deciso di rivederci perché vogliamo saperne di più di Lui, perché vogliamo, insieme ad altri fratelli e sorelle sperimentare la sua presenza nella comunità cristiana.
Esprimiamo insieme la gioia di incontrarci nella speranza di sperimentare la presenza di Cristo in mezzo a noi.

LETTURE

Quale prova migliore della Risurrezione che la testimonianza di una comunità cristiana, di donne e di uomini che vivono una vita nuova, diversa, risorta?
Ecco perché il libro degli Atti degli Apostoli delinea le caratteristiche, lo stile di vita dei primi cristiani.
Perché la presenza di Cristo, morto e risorto, cambia la nostra vita, afferma l’apostolo Giovanni
Anche il brano del Vangelo è ricchissimo di spunti, Cogliamoli insieme, attraverso un ascolto attento e amoroso della Parola di Dio.

OMELIA

Molti di noi, quasi tutti, credo, siamo stati qui, insieme: o il sabato sera per la celebrazione della veglia pasquale, o la domenica di Risurrezione.
Dopo la notte di Pasqua, dopo il giorno di Pasqua, passati sette giorni, siamo tornati.
Siamo di meno.
Chi era qui per le vacanze è ripartito.
Altri attenderanno il prossimo natale o la prossima Pasqua per ritornare.
Certamente non per obbedire a un precetto o per seguire un’abitudine.
Né siamo qui perché siamo i migliori.
Al contrario.
Siamo qui perché abbiamo la coscienza di non essere i migliori.
Siamo qui perché non vogliamo lasciare nel vago la nostra scelta cristiana, ma vogliamo incarnarla nella realtà della vita di ogni giorno attraverso quegli stimoli, quelle proposte, quelle iniziative, quei progetti che nascono fra di noi.

Siamo qui come i primi cristiani che si riunivano nel “giorno del Signore”, così hanno chiamato il primo giorno della settimana, “domenica” a quei tempi si chiamava diversamente: il giorno del sole (sunday) ed era un giorno lavorativo, era un giorno come tutti gli altri. (E’ stato Costantino, nel IV secolo ad introdurre l’obbligo del riposo festivo). In quel giorno, in cui il Cristo era risorto, il primo giorno dopo il sabato, essi al mattino presto, prima di cominciare la giornata, si ritrovavano insieme. Non lo facevano per obbligo, ma per rispondere ad una ineliminabile e profonda esigenza della loro vita: non avrebbero potuto vivere da cristiani se insieme non avessero fatto memoria della Risurrezione di Cristo, se non avessero ringraziato (Eucaristia) il Padre della nuova realtà nella quale erano stati inseriti.
Come gli amici, diventano più amici quando stanno insieme, mettendo in comune i valori della loro vita, come i ragazzi in un gruppo rafforzano la loro identità di gruppo trascorrendo insieme una parte del loro tempo, come due che si amano, attraverso i riti e i tempi dell’amore celebrano la propria identità di coppia, così i cristiani capiscono cosa vuol dire essere cristiani, inseriti in Cristo, risorti con Cristo, celebrando insieme il fatto fondante della loro identità: la risurrezione, attraverso la reale presenza di Cristo in mezzo a loro.
Che tutto questo sia diventato, nella legge della chiesa un “precetto”, e nella comune opinione un giorno di ferie, di vacanza, nel quale Dio è l’ultima cosa a cui si pensa, la dice lunga sulla perdita di significato della identità cristiana, sulla trasformazione della messa da gesto di vita a rito pesante, noioso e privo di significato.
Emerge questa mentalità nelle domande che a volte i buoni cristiani pongono ai preti in determinate circostanze: “Ma la messa di oggi, vale anche per domani? Sono arrivato in ritardo, la messa vale?

Sei arrivato in ritardo al cinema, il cinema vale?
Dovresti dire: “Sono arrivato in ritardo, non ci capisco più niente.
Mi sfugge la trama. Ho perso anche i soldi del biglietto…
Non siamo qui perché siamo precettati.
Siamo qui per crescere nella fede, passando anche per le nostre difficoltà (ed eccoci al vangelo di oggi), e i nostri dubbi…
Credere non vuol dire non aver dubbi, ma mantenersi fedeli a Dio, vuol dire andare avanti nonostante l’oscurità.
Vai dal chirurgo: Ti chiedi: “Chissà se è bravo!


Se è bravo lo constaterai strada facendo. Intanto se vuoi salvare la vita devi fidarti.
Ti innamori… Ti andrà bene? Non lo sai!
Lo saprai dopo, dopo aver camminato!
Ciò che ora dico è un po’ difficile: Il dubbio è interno alla fede, non è una tentazione ma un componente della fede.
Fede vuol dire “fidarsi”, e il fidarsi implica una qualche incertezza, altrimenti non sarebbe più fede!
“Io mi fido di te”, vuol dire: Io mi metto a camminare con te non perché ho toccato con mano qualcosa, ma perché sei tu!
Perché fede vuol dire fidarsi, e il fidarsi implica una qualche incertezza… altrimenti non sarebbe più fede…
Non solo: Ma il dubbio può coesistere con la fede perché la fede è una crescita e ciò che la anima all’interno è la fedeltà.
Spieghiamoci meglio.
Io non posso promettere a Dio di credere con chiarezza, non è nella mie mani.
Io posso promettere di essere fedele, nonostante i miei dubbi: questo è nelle mie possibilità.
La fede nasce dalla fedeltà: quando, dopo aver camminato, ti volti indietro e scopri quanto diversa sarebbe stata la tua vita e quella degli altri senza la presenza invisibile di Dio!
Mercoledì scorso ho seguito un pezzo della trasmissione di Porta a porta, sui diavoli, gli indemoniati e l’esorcismo.
C’era Vespa, ovviamente, l’esorcista più famoso del mondo, Padre Amorth, un vescovo, mons. Gemma, uno scrittore cattolico, Vittorio Messori, Irene Pivetti, qualche altro credente, e un ateo, il matematico Odifreddi, sempre presente in queste occasioni.
Ho seguito la trasmissione, ma nessuno dei presenti,credo, è riuscito a centrare il problema.
Non facevano altro che dire: Io ci credo al diavolo, io non ci credo, senza accorgersi dell’uso cattivo, sbagliato della parola “credere”.
Pensateci un momento: “E’ possibile, secondo voi, che un cristiano “creda” al diavolo?
Secondo me, no!
Se si comprende il vero senso della parola credere” non possiamo dire il “credo” al diavolo.
Leggete il “Credo”.
Credo in Dio Padre onnipotente… in Gesù Cristo… nello Spirito Santo…
Non c’è “credo al diavolo! Il diavolo nel credo non è nominato!
Menomale!
Perché credere vuol dire affidare la propria vita a qualcuno e sarebbe una bestemmia per un cristiano dire: “Credo al diavolo”!
Posso dire: “So che c’è, e non dargli poi troppa importanza, perché nella mia vita è di Dio che devo interessarmi, è a Lui che devo affidare la mia esistenza, è nella strada che mi porta verso di lui che devo mettere i miei piedi…
Vi dico questo non perché voglio parlarvi del diavolo, ma perché vorrei che capissimo insieme come la fede non consiste tanto nel sapere con certezza qualcosa, ma nell’affidare a qualcuno il senso e il valore della mia vita.
E questo non posso farlo se non vivendola questa vita alla luce della fede.
Spero che sia questa la nostra esperienza cristiana…
Spero che man mano che andiamo avanti riusciamo a fidarci sempre più di Dio, come ci fidiamo delle persone che abbiamo amato per una vita, con le quali abbiamo camminato, e che mai potrebbero tradire la nostra fiducia.
Spero e vi auguro e mi auguro che questa nostra esperienza cristiana che insieme facciamo in questa comunità sia per ognuno di noi passo dopo passo, un momento di crescita e di superamento dei nostri dubbi.

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