Dio tergerà ogni lagrima dai loro occhi

25 Aprile 2010 Nessun Commento     

Benvenuti a questa Eucaristia, a questo momento di ringraziamento, di comunione fraterna, di preghiera comune, di riflessione…
Se questi gesti, così importanti e fondamentali non sono dettati dalla routine della religiosità, ma sono posti con consapevolezza, possono veramente riempire di significato la nostra vita.
A partire dal primo gesto che facciamo: riconoscerci bisognosi dell’amore di Dio e debitori di amore verso tutti gli uomini…
Per questo diciamo insieme…

LETTURE

Sono sempre numerosi gli spunti che ci vengono offerti dai brani biblici.
Il respiro universale del cristianesimo già presente nella prima comunità, come dicono gli Atti; la ricerca del significato della storia umana, nel quadro dell’Apocalisse; l’immagine di Cristo, il buon pastore, il vero pastore, come emerge dai pochi versetti dl Vangelo di Giovanni.
Per la brevità del tempo che abbiamo a disposizione saremo costretti a sottolineare solo qualcosa di quello che ci viene suggerito nel tentativo di coniugarlo con la nostra vita.
Ascoltiamo!


OMELIA

Vorrei cominciare con le prime parole che oggi abbiamo ascoltato. Spesso capita che quando si sovrappongano più cose, le ultime fanno dimenticare le prime.
“Non avranno più fame…”
“Non avranno più sete…”
”Non li colpirà più il sole…”
“Dio eliminerà la morte…”
“E tergerà ogni lagrima dai loro occhi…”
Se abbiamo un minimo di sensibilità e un po’ di esperienza della vita, se guardiamo dentro di noi e attorno a noi, vicino e lontano, vediamo passare davanti ai nostri occhi, mentre ascoltiamo queste parole, tante immagini del passato e del presente nella quali l’arsura, la fame, la sete, la morte, rigano di lagrime il volto di uomini, donne e bambini…
A 50 anni dalla seconda guerra mondiale molti di noi ancora ricordano la fame, le lagrime, la morte, e i cadaveri trascinati dalle ruspe nelle fosse comuni…

Ma purtroppo le guerre non sono finite, né sono finite le sofferenze che le accompagnano.
E tante le lagrime continuiamo a rigare le guance dell’umanità…
Perché tutto questo?
Lo abbiamo già detto altre volte che non abbiamo risposte facili a questa domanda.
Tutti i tentativi che cerchiamo di fare per comporre in una geometria razionale gli avvenimenti della storia grande o piccola sono destinati al fallimento.
La risposta che ci da la fede non è moneta facilmente spendibile davanti alle lagrime ed alle sofferenze dell’uomo.

Con troppa facilità e con tanta superficialità noi preti, a volte, confezioniamo risposte facile ai difficili problemi della vita.
Ricordo, alcuni anni fa, a Palagonia, partecipavo ad un funerale: una bambina di solo nove anni, sorellina di una mia allieva, morta di leucemia.
Il prete, durante la predica, chiamava “fortunati” i genitori, perché Dio, aveva preso la loro bambina, piccola sì, ma già matura per il cielo.
Dopo la messa andai in sagrestia per chiedergli conto di quelle parole.
Non indossavo la veste talare. Fui scambiato per una persona normale…
“Stia zitto, lei – mi disse – lei che non ha mai studiato teologia…”
Si da il caso –gli risposi – che l’abbia studiata anch’io, forse un po’ diversa dalla sua…”
Le riposte della fede sono tutte risposte rimandate.
Secondo l’Apocalisse, sono tutte scritte in un libro, chiuso da sette sigilli, che verrà aperto, dissigillato. l’ultimo giorno.
Ed in quel libro tutte le lagrime vi sono scritte. Tutte le ingiustizie, tutte le speranze deluse… perché nulla sfugge allo scriba dei cieli.
Nel brano di oggi è il sesto sigillo che viene spezzato.
E la risposta riguarda una moltitudine immensa di ogni popolo, di ogni razza, di ogni lingua: una moltitudine nei riguardi della quale finalmente si manifesterà la tenerezza di Dio.
Questa moltitudine rappresenta il genere umano nella sua universalità, non riguarda solo noi cristiani.
Questa moltitudine sarà formata, probabilmente, anche da quelle persone che noi cristiani, abbiamo fatto piangere e morire di fame e di sete.
La moltitudine.
Questa parola è generica, spersonalizzata, non tiene conto dei battiti del cuore, delle lagrime degli occhi.
La moltitudine, la massa…

La nostra attenzione, quando guardiamo la storia si posa sempre sugli uomini grandi, importanti, sui capi, che, spesso tirano Dio dalla loro parte…

Raccontiamo le battaglie, ridisegniamo i territori conquistati e dimentichiamo le ossa disseminate nelle pianure dove si è combattuto: quelle ossa sono anonime…

Questo sguardo è il nostro peccato.

Perché è uno sguardo che Dio non ha.

Se lo sguardo di Dio fosse come il nostro la storia non avrebbe senso e l’unica reazione moralmente seria del nostro cuore sarebbe la disperazione.

Lo sguardo di Dio è quello del “buon pastore”.
Che ha a cuore la vita delle pecore, le conosce ad una ad una, le chiama tutte per nome va a cercare quella perduta!

Il vangelo di oggi è un esame di coscienza soprattutto per me. Uno specchio dentro il quale riflettere la mia vita di prete.
Oggi, la chiesa, sulla scorta di questo vangelo, celebra la “Giornata delle vocazioni”.
E’ certamente importante nella comunità cristiana il ruolo del prete.
Dobbiamo pregare perché ci siano persone che, ispirate da Dio, scelgano generosamente e disinteressatamente di compiere questo servizio a vantaggio di fratelli.
Ma le parole di Cristo ci suggeriscono anche qualche altra cosa, sia per ciò che riguarda la scelta cristiana, sia per ciò che concerne la nostra concezione di chiesa.
Cristo, nel contesto del suo tempo, era un laico, non faceva parte delle gerarchie sacre, del sistema religioso del potere.
Paradossalmente, siete più simili a Cristo voi tutti, che, nella evoluzione della chiesa, non appartenete alla gerarchia ecclesiastica, di me…
La distinzione gerarchica fra clero e fedeli, nella nostra mentalità, è dura a morire.
Parlando con tante persone mi accorgo che spesso, per molti, la chiesa è vista come una organizzazione burocratica, in mano a dei funzionari, i preti, che spesso, arbitrariamente impongono strani itinerari, pratiche ecclesiastiche non meno complicate di quelle civili, pesantissimi ticket e quant’altro serve per complicare la vita della gente…
Il concetto di chiesa come comunità di persone, chiamate da Dio a realizzare il suo Regno, all’interno della quale non esistono distinzioni gerarchiche, ma fraternità e solo funzione differenziate per essere meglio gli uni a servizio degli altri e, tutti insieme al servizio del mondo… questa idea, questa immagine di chiesa, non c’è.
E tutto questo è molto grave.
Non solo perché una chiesa del genere non è “cristiana” nel senso più autentico della parola, ma perché trasformando i fedeli in sudditi elimina dalla coscienza del cristiano l’essenziale della sua scelta: la responsabilità per la salvezza dei fratelli, per la salvezza del mondo.
Perché se Cristo è il nostro vero pastore, che da per noi la sua vita, se è colui che ci ha lasciato il comandamento di amarci come Lui ci ha amati, allora noi tutti siamo i pastori gli uni degli altri, siamo responsabili gli uni degli altri, perché ognuno di noi, sull’esempio di Cristo, è chiamato a dare la vita per i fratelli.
Ecco dove nasce allora l’altra storia, la piccola storia di ogni giorno, che è poi la storia grande agli occhi di Dio.
Perché c’è una storia che è vissuta nell’amore e non semina tribolazioni, ma semmai, le porta nel cuore, e diffonde gioia, solidarietà, pace, vicendevole aiuto.
E’ la storia minima: la microstoria, non appare nei libri, nei grandi volumi, nelle opere storiografiche, ma è estesa, investe moltitudini immense, rifugge da quegli ambiti dove i gesti e le azioni fanno rumore…
Ecco la risposta: l’Apocalisse sarà la rivelazione, il disvelamento di questa storia che noi abbiamo scritto sulla terra, ed insieme il completamento da parte di Dio di tutto ciò che noi non abbiamo potuto o saputo o volto fare…
Questa è la storia raggiunta dalla sguardo di Dio.
Quella storia che spesso ci resta sconosciuta perché non raggiunta dai mezzi di informazione.
Perché i giornali e la TV non parlano di due che si amano nella quotidianità della vita; è troppo scontato. Narrano che uno dei due ammazza l’altro.
Non parlano dei genitori che giorno per giorno, danno la vita per i loro figli, pubblicano la notizia della madre che abbandona il suo bambino…
Questo sguardo di Dio è il motivo del nostro impegno e della nostra speranza, che non consiste nell’attendere inerti il futuro, ma nell’anticiparlo già qui, senza farci scoraggiare dai nostri limiti e dai nostri peccati.
Preghiamo perché lo sguardo di Dio diventi anche il nostro sguardo, perché possiamo imparare a guardare il mondo con lo stesso sguardo di Dio.

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