Chi non porta la croce non può essere mio discepolo

5 Settembre 2010 Nessun Commento     

Le ferie sono quasi finite, ma, il nostro essere cristiani, il nostro essere uomini non può andare in vacanza.
Il ritrovarci qui è segno che vogliamo confrontarci con la Parola di Dio, perché da questo confronto scaturisca un comune impegno di vita.
Ogni nostra celebrazione è insieme una festa e un rammarico.
E’ festa perché ci incontriamo fa di noi per comunicarci vicendevolmente la gioia della presenza di Dio nella nostra vita.
E’ rammarico perché sospettiamo, davanti alle radicali esigenze della Parola di Dio, della debolezza delle nostre scelte.
Mentre ringraziamo il Padre per il dono dei fratelli, per l’incoraggiamento, la forza e la fiducia che ci procura il ritrovarci qui insieme, riconosciamo la distanza che ci separa dal suo amore e chiediamone perdono.

LETTURE

La domanda sul senso della vita, sul significato della nostra esistenza, è l’argomento della prima lettura, tratta dal Libro della Sapienza.
La sapienza del cuore, che nel salmo chiederemo a Dio, ci rivela il senso della vita, del mondo, della storia, dal punto di vista di Dio, spesso così diverso dal nostro.
E questa prospettiva, nuova, radicale, sconvolgente è espressa chiaramente nel Vangelo, nelle parola e nella vita di Cristo, che è l’incarnazione della sapienza di Dio…

OMELIA

Non sono tenere questa parole di Cristo, non sono consolatorie, dolci, addomesticabili.
Questa è una pagina di vangelo, dura, scioccante, e, se ne abbiamo colto il senso, profondamente attuale, non solo per la vita di ognuno di noi, ma per la situazione storica, per la realtà concreta nella quale oggi viviamo.
A partire dalla stacco iniziale: “Siccome molta gente andava con Lui, Gesù si voltò e disse: “Attenti a quello che fate!”
Sembra che le preoccupazioni di Cristo siano diametralmente opposte a quelle dei preti.
Noi siamo contenti quando la gente affolla le chiese, facciamo statistiche di battesimi e prime comunioni, ci preoccupiamo quando diminuiscono i matrimoni in chiesa, siamo felici quando migliaia di persone accorrono in massa sul luogo di presunte apparizioni, o dove arriva il papa.
Al contrario Cristo non si piega ai facili entusiasmi, “Fudda e mala vinnita”, sembra dire, e mette sull’avviso sottolineando, (ed ecco il centro del messaggio di oggi), la radicalità della scelta cristiana: una scelta adulta, responsabile, densa di conseguenze; scelta da professionisti, non da dilettanti.
Egli ha paura dei dilettanti; (che non sono quelli che si dilettano, facendo le cose per bene, ma quelli che fanno le cose tanto per farle) e detta le condizioni per seguirlo, tre difficili condizioni.

Siediti e rifletti.
Primo: Sei disposto, per venire dietro a me, a odiare tuo padre e tua madre, tua moglie e i tuoi figli, i tuoi fratelli e le tue sorelle e perfino la tua vita?
E’ evidente che qui l’odio, nel linguaggio semitico, non indica un sentimento di avversione. Si tratta di subordinare i propri interessi, quelli della propria famiglia, del proprio partito, addirittura, della propria chiesa, agli interessi di Dio.
La caratteristica dell’annuncio evangelico non è la svalutazione dei rapporti di sangue; è l’apertura costante a un orizzonte che va aldilà di quello a cui si appartiene e che apre possibilità non contenute nei vincoli di parentela o del gruppo etnico.
Mettere al primo posto Cristo vuol dire scegliere interessi che non combaciano con i tuoi, gli interessi dei poveri, degli emigrati, dei sofferenti, degli oppressi…
E’ una scelta di amore.
Tanto è vero che chi ama con il cuore di Dio, amerà meglio padre e madre, ma non si farà intrappolare nella sua famiglia, nel suo partito, nella sua chiesa…
Noi siamo lontani da questa radicalità.
“Tengo famiglia” si dice da noi: è un’espressione, tipicamente italiana divenuta proverbiale per indicare una categoria del nostro costume: è infatti utilizzata, anche come “frase a effetto”, per giustificarsi quando si mettono in atto per giustificare o accettare alcuni comportamenti (azioni, ma anche omissioni) che sarebbero altrimenti moralmente commendevoli, o ignobili, o perfino fortemente devianti.
Comportamento tanto diffuso che qualcuno ( mi riferisco a Leo Longanesi)
ha proposto, in maniera ironica e provocatoria, di farne un motto da apporre sulla bandiera tricolore d’Italia.
Il familismo a tutti i costi, sembra essere uno dei limiti principali della nostra cultura, in tutte le sue angolazioni, anche nelle chiese, al cui interno sorgono spesso rivalità e gelosie che non dovrebbero sussistere se fosse vero che tutti hanno come obbiettivo il Regno di Dio.
Ve lo immaginate, per esempio, uno spot in cui il card. Bagnasco dica ai cattolici: “Decidete pure liberamente per l’8×1000; ma pensate anche a qualche chiesa protestante, perché anch’essi, fanno del bene…
“Non può essere mio discepolo chi non porta la mia croce…”, è la seconda condizione del progetto di vita che Cristo propone a chi vuole seguirlo.
Non si tratta, lo sappiamo, di sopportare con pazienza e rassegnazione i mali della vita.
La vita, quando è pesante, è pesante per tutti: malattie, dolori, fallimenti, sfortune, che quando arrivano non guardano il credo religioso… non sorvolano sui cristiani per andare a cadere sui pagani o viceversa.
Qui si tratta di qualcosa di più, qui si tratta di aggiungere ai guai che la vita umana comporta, l’impegno di realizzare il Regno di Dio, di interessarsi del mondo che ci circonda, di relativizzare i propri guai, per mettere la di sopra delle nostre preoccupazioni i guai degli altri, di perdere, come Cristo, la propria vita per salvarla…

E tutto questo non è possibile se non si rinunzia a tutti i propri averi.
E’ la terza condizione, strettamente logica. Come è possibile interessarsi del Regno di Dio se il denaro è la prima preoccupazione della vita?
Il rapporto col denaro e con la ricchezza (è un tema che affronteremo fra qualche domenica) non è risolvibile solo con il gesto dell’elemosina: bisogna modificare, al livello del progetto di vita, la nostra situazione economica, la valutazione che diamo dei beni economici, le complicità che abbiamo a livello della vita economica.
Perfino andando al supermercato, ascoltavo l’altro giorno alla radio, possiamo senza saperlo, finanziare le fabbrica di armi.
Perché, se compro un certa mozzarella, e non so che chi la produce investe i guadagni per fabbricare armi, senza saperlo, mangiando quella mozzarella, divento complice della morte.
Non esiste ambito della nostra vita in cui non abbia una incidenza la meccanica della economia. E allora, chi vuole seguire Cristo deve chiedersi: “Come me la cavo io con la ricchezza? Da che parte sono? In una economia che crea continuamente miseria e che quando sembra risolvere i suoi problemi lo fa scaricando all’esterno i proprio guai: con chi sono io? Con il ricco o con il povero?
Oggi c’è in tutto il mondo la grande preoccupazione della crisi.
I ricchi sono preoccupati. Anzi più ricchi sono, più preoccupati sono.
Non perché non hanno nulla da mangiare all’ora di pranzo, ma perché i guadagni diminuiscono.
Il Daw Johns, l’indice Mib, il crollo del rublo, il calo dello Yen, la crisi in Grecia…
Qui ci vorrebbe un esperto in economia a spiegare le cose. Ma, seguendo le notizie ai giornali ed alla televisione, la mia impressione è che sono ci si preoccupa non perché la gente muore di fame, ma perché, chi ha investito un miliardo ha perso 10 milioni…

Dio è più importante del posto fisso, dice il papa, ed ha certamente ragione. Ma se Dio fosse veramente importante per chi ci governa non ci sarebbero i precari…
Ascoltavo ieri alla Radio (3), che negli anni 60, Valletta, allora amministratore delegato dellal FIAT guadagnava 20 volte di più di un operaio. Oggi Marchionne guadagna 436 volte di più…
In tutto questo ci deve essere qualcosa che non funziona.
I soldi, al Regno di Dio, fanno danno.
Anche all’interno della chiesa.
E’ calato il sipario sui fatti di Roma, sui palazzi di Propaganda fide, sui rapporti poco chiari fra Balducci, il giubileo del 2000, il card. Sepe, l’imprenditore Diego Anemone, Bertolaso, la santa sede…la “pia cricca, Don Evaldo Biasimi …
Non se ne parla più…
Se vogliamo la trasparenza nella amministrazione che lo stato fa dei nostri soldi, a maggior ragione dovremmo richiedere questo nella chiesa, a partire dalla più piccola parrocchia fino al Vaticano…
Sintetizziamo e concludiamo.
Cosa vuol dire essere cristiani?
Seguire Cristo.
Cosa vuol dire seguire Cristo?
Far nostro, responsabilmente, il suo progetto di vita.
In che cosa consiste questo progetto?
Nel realizzare queste tre condizioni:
Odiare il padre e la madre, prendere la croce, rinunziare a i propri averi.
Io spero che abbiamo in qualche modo cercato di capire il senso di queste parole.
A noi tocca il compito di verificarle nella nostra vita.
A Dio il compito di esserci vicino, se lo desideriamo, per aiutarci, a realizzarle.
Per questo, riflettiamo e preghiamo.

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