Tutto questo vi darà occasione di rendere testimonianza!

14 Novembre 2010 Nessun Commento     

Nel nome di Dio, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito, eccoci riuniti insieme in questa penultima domenica del tempo della chiesa, dell’anno liturgico.
Domenica prossima è la festa di Cristo Re e poi, con l’Avvento, rivivremo, ancora una volta, la vicenda di Cristo, raccordandola alla nostra vita e alla nostra storia.
Ognuno di noi ha certamente portato qui, davanti a Dio, non solo e i suoi problemi, ma anche i problemi del mondo, particolarmente in questi giorni così ricchi e densi di avvenimenti.
Mentre preghiamo perché la Parola di Dio illumini la nostra vita, riconciliamoci fra di noi per poterci riconciliare con Dio.

LETTURE

La fede non risparmia al credente i guai della vita, né lo mette al sicuro dalle tragedie della storia. E’ un dono la fede, che ci permette di trasformare la fiducia in speranza, la paura in coraggio, la fuga in impegno e responsabilità.
E’ questo, in breve, il messaggio che ci viene dalle letture di oggi, un messaggio che cercheremo di concretizzare nella vita di ogni giorno..


OMELIA

Cliccate su Google, dicevamo domenica scorsa, dopo aver digitato “21 dicembre” 2012, e vedrete ciò che si dice sulla prossima fine del mondo…
E’ propria di ogni epoca della storia (pensate solo all’anno Mille) l’attesa della fine, con la differenza che oggi, nel 2000, la fine è sganciata da ogni prospettiva cristiana, da ogni desiderio e attesa del ritorno di Cristo…
Se la Risurrezione della carne, di cui abbiamo parlato domenica scorsa interessa di più la nostra sorte personale, il messaggio di oggi si riferisce al destino del mondo, di questa terra sulla quale viviamo, di questo minuscolo atomo sperduto in un piccolo sistema solare alla estrema periferia di una galassia fra le più piccole dei 100 miliardi di galassie conosciute…
C’è da smarrirsi: se pensiamo che ognuna di queste galassie, di questi immensi ammassi di stelle contiene un numero incommensurabile di corpi celesti: le galassie nane poche decine di milioni, le galassie giganti miliardi di stelle…
Cento miliardi di galassie, e ognuna di esse… miliardi di stelle…
Forse l’uomo, forse ognuno di noi si ridimensionerebbe se si mettesse a guardare il cielo… se sperimentasse l’infinità piccolezza di se stesso e dei suoi problemi davanti alla immensità del cosmo.
Già Dante, dall’alto del Paradiso, (e lui credeva che la terra fosse il centro dell’universo e che pianeti e stelle le girassero attorno come dei lampadari appesi ai nove cieli), guardandola, questa terra, la vide così piccola da definirla: “L’ aiuola che ci fa tanto feroci…”
Immersi come siamo, nella nostra piccolezza, nei nostri piccoli problemi di ogni giorno, come le formiche nel formicaio, non riusciamo pensare a queste cose.
E se la sera, la notte, ci capita nelle nostre città, di alzare gli occhi al cielo, non vediamo le stelle.
L’inquinamento acustico ci impedisce di entrare dentro noi stessi, l’inquinamento luminoso, la luce artificiale, di guardare verso l’alto.
Per qualcuno di noi questo è possibile quando andiamo d’estate, al campeggio.
A 1500 metri in montagna, nella calma della notte, puoi scoprire due cose bellissime: Il silenzio dentro di te, e il cielo stellato sopra di te.
E allora pensi: (Vi cito il salmo ?) “Che cosa è l’uomo perché tu ti interessi di lui? Chi è il figlio dell’uomo perché te ne curi?”
E’ una cosa straordinaria che ha dell’incredibile: questo atomo dell’universo e i suoi abitanti sono al centro della attenzione di Dio.

E tutto questo un giorno finirà.
La fine del mondo.
Come vivere questa verità? E soprattutto come tradurre nella vita di ogni giorno questo messaggio?
Forse qualche anno fa era più facile.
Anche per me in una omelia, parlare della fine del mondo.

Anni 60/70/80…
Il clima generale era diverso.
C’erano le ideologie salva-mondo.
Il comunismo prometteva la fine della povertà e della oppressione per i diseredati della terra. Dall’altra parte Il capitalismo, assicurava felicità, benessere e libertà. La scienza si faceva carico della soluzione di tutti i problemi. Il mondo sembrava decisamente avviato verso un destino migliore e un inarrestabile progresso.
E il credente era lieto di contribuire a questo senso positivo della storia.
La fine le mondo si deve intendere, si diceva, non come la distruzione ma il completamento del mondo.
Lavoriamo tutti, con buona volontà, credenti e non credenti, per migliorare questo mondo, per rifinirlo. Dio lo ha affidato alla nostra iniziativa ed alla nostra libertà.
Oggi, purtroppo il clima è diverso!
Il sentimento dominante non è l’ottimismo, il progresso, la sicurezza, la fiducia…
Oggi prevale il “regresso”, l’incertezza, lo scoraggiamento, la precarietà, il disinteresse…
Certo! Abbiamo ancora delle magnifiche mete e delle grandi utopie: l’abolizione delle armi e delle guerre, ma il pacifismo pare addormentato, la lotta alla fame e alle malattie, ma i risultati non sono entusiasmanti, l’abolizione delle emarginazioni (il razzismo, le donne, gli omosessuali…) e l’affermazione dei diritti umani, ma spesso sono solo parole, il rispetto della terra, le energie pulite, ma, almeno in Italia, l’energia eolica serve a fa fare soldi alla mafia ed ai politici corrotti e questa terra viene distrutta non tanto dalle bizzarrie della natura ma dalla avidità e dalla stupidità umana…
Gli equilibri mondiali vacillano: il primo ministro cinese è l’uomo più potente del mondo (nell’elenco al quinto posto c’è anche il papa…). Gli Stati Uniti perdono terreno… se guardiamo in casa non siamo certo incoraggiati dallo stato della politica nazionale, di quella regionale, e di quella locale.
Non c’è spazio per un pizzico di entusiasmo…
Eppure la Parola di Dio deve dirci qualcosa anche oggi, deve produrre frutti in questo terreno ingrato. Deve stimolarmi, come è stato detto in una trasmissione televisiva anomala qualche giorno fa, a farci dire: “io non me ne vado”, che è poi la traduzione laica, ma profondamente evangelica del richiamo di Malachia, di Paolo, di Cristo.
Perché quello che conta non è (come dice Ernesto Balducci) rappresentarsi la fine del mondo, o stabilirne il tempo, ma prendere una decisione nei confronti della fine del mondo.
Scegliere, oggi, un progetto di esistenza che sia adeguato alla fine dei tempi e a ciò che essa significa.
E la fine del mondo significa essenzialmente, per la mentalità biblica, per la mentalità cristiana, due cose: La prima è la distruzione di tutto ciò che è stato costruito nell’ingiustizia. “Tutti coloro che commettono ingiustizia saranno bruciati come paglia”, ci ha detto Malachia.

L’altro è l’avvento della pienezza: sorgerà il sole di giustizia e sarà adempiuta la promessa del Padre.
La fine dei tempi appare in una indivisibile ambivalenza: essa è distruzione di ciò che è nato dalla ingiustizia e dalla prepotenza ed è esaltazione e accoglimento nella stessa vita di Dio di ciò che gli uomini, lo dicevamo domenica scorsa, avranno costruito con amore.
Allora l’importante è vivere secondo questa prospettiva, anticipando nel tempo presente ciò che noi attendiamo per la fine.

Fra il giovane che si stordisce in discoteca, e si droga per non pensare e il cristiano che chiude gli occhi per non vedere e mette le braccia conserte per non agire non c’è una grande differenza…
Non dobbiamo credere di essere religiosi, perché siamo scoraggiati e andiamo in chiesa.
Noi dobbiamo rimetter nelle mani di Dio la decisone della fine e inserirci nel mondo per costruirlo secondo giustizia.

Oggi forse più di ieri, questo è un compito più ingrato.
Ma quelli fra noi che sono anziani, che hanno vissuto il dramma della guerra, l’entusiasmo della ricostruzione, l’ottimismo del progresso, la paura della bomba, devono augurare a chi è più giovane di aspettarsi tempi migliori, di attingere alla propria fede il coraggio di guardare il mondo con amore, per prepararlo, anche nei momenti di difficoltà e di disagio alla venuta del Signore.
Perché il Signore ci aiuti, preghiamo!

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