Concerti di Pasqua 2010

26 Marzo 2010 Nessun Commento     

CORO POLIFONICO

IMAGO VOCIS

CONCERTI DI PASQUA

Martedì 30 Marzo, alle ore 21.00
CHIESA DEL CROCIFISSO DELLA BUONA MORTE

Programma:

Misericordias Domini
Anonimo, melodia medioevale

Dal Requiem di W.A.Mozart (1756-1791):
Dies irae
Tuba mirum
Rex tremendae
Recordare
Confutatis
Lacrimosa

Dalla Cantata 147 di J.S.Bach (1685-1750):
Jesus bleibet meine freude

Dallo “Stabat Mater” di G. Rossini (1792-1868):
Quando corpus

Dal Mosè di G. Rossini:
Dal tuo stellato soglio

Nobody Knows
Spiritual
He never said
Spiritual
Slow me down
Spiritual

Dies irae
Giorno d’ira, quel giorno distruggerà il mondo nel fuoco,come affermano Davide e la Sibilla. Quanto terrore ci sarà,quando verrà il giudice, per giudicare tutti severamente.
Il Dies Irae punta dritto ad un confronto, ad un contrasto, un’opposizione fra la colpa e l’ira del Giudice, mentre il Rex tremendae e il Confutatis, gli altri due momenti di terrore del Requiem, attenuano le loro immagini con una richiesta di salvezza.

Tuba mirum
Una tromba che diffonde un suono meraviglioso nei sepolcri di tutto il mondo, chiamerà tutti davanti al trono. La morte e la natura stupiranno,quando la creatura risorgerà,per rispondere al giudice. Verrà aperto il libro,nel quale tutto è contenuto,in base al quale il mondo sarà giudicato. .Non appena il giudice sarà seduto,apparirà ciò che è nascosto,nulla resterà ingiudicato. E io che sono misero che dirò,chi chiamerò in mia difesa,se a mala pena il giusto è tranquillo?

Il Tuba Mirum presenta toni più sfumati rispetto al Dies Irae, anche se i versi contengono ancora minacce e prospettive terribili.
La scena si apre con un’enorme distesa di sepolcri, lo spazio deserto dove si sparge il suono dello strumento divino che si protrae per ben diciotto battute e ricorda efficacemente la tromba del Giudizio Universale che richiama al cospetto di Dio tutte le anime dei morti.

Rex tremendae
Re di tremenda maestà, tu che salvi per tua grazia,salva me, o fonte di pietà.
Alla tensione e al terrore dell’inizio si sostituisce, infine, la richiesta di salvezza con un tono molto più mite; infatti, le voci solenni si riducono ad un bisbiglio, lasciando spazio alla commiserazione e alla pietà; sia la musica che il coro si quietano con una calma che cerca e trova conforto nella Salvezza del Padre.

Recordare
Ricordati, o Gesù pietoso,non perdermi, in quel giorno. Ti sedesti stanco di cercarmi,mi hai salvato morendo in croce;fa’ che tanta fatica non sia inutile.
O giudice che punisci giustamente,donaci la remissione dei peccati prima del giorno del giudizio. Piango perché sono colpevole,il mio volto arrossisce per la colpa:risparmia chi ti supplica, o Dio. Tu che hai assolto Maria Maddalena,e hai esaudito il ladrone,hai dato speranza anche a me .Le mie preghiere non sono degne,ma tu, buono, fa benignamente,che io non bruci nel fuoco eterno. Dammi un posto tra gli agnelli,allontanami dai capretti,ponendomi alla tua destra.

Confutatis
Confusi i maledetti,gettati nelle vive fiamme,chiama me tra i benedetti. Prego supplice e prostrato,il cuore contrito come cenere,abbi cura della mia sorte.

Lacrimosa
Giorno di lacrime, quel giorno,quando risorgerà dal fuoco l’uomo reo per essere giudicato. Ma tu risparmialo, o Dio. Pietoso Signore Gesù,dona loro riposo! Amen!
Nel Lacrimosa risuona la dolcezza del pianto; si tratta di un frammento di otto battute, di una struggente bellezza melodica, dopo le quali il manoscritto si interrompe.
Nel principio del Lacrimosa ritorna l’armonia dell’Introitus, del “Requiem aeternam” dell’esordio, il che conferma una tendenza alla circolarità nella struttura del Requiem.
Mentre il testo parla del peccatore che riemerge dalle ceneri per il giorno del giudizio, le voci si esprimono in una grandiosa scala ascendente, che si contrappone alle note discendenti del Rex tremendae.

Sull’ottava battuta, prima che il canto riprenda, si ferma la mano di Mozart…
Dies irae dies illa”: il giorno dell’ira, quel giorno, quando tutto ciò che l’uomo ha fatto sarà giudicato e quando tornerà il Giudice. È una musica violenta terribile. Dobbiamo pensare che è stato composto nel 1791, quindi ben 212 anni fa.
E invece è ancora una musica di una potenza, di una attualità sconcertanti. Mozart usa una tecnica particolare: alle voci non dà una vera e propria melodia, ma quasi è come se tartagliassero, ritmicamente è un ritmo molto serrato, assillante, proprio come se fosse l’uomo che, vedendo il Giudice, Cristo giudice che viene, ed è conscio del proprio peccato, sa che il giudizio sarà severo, sarà duro, aspetta la pena della propria colpa.
Da una parte: le voci. Dall’altra parte gli strumenti che invece sembrano evocare icasticamente a livello quasi proprio coreografico la scena. Gli archi rapidissimi, come se fossero delle folate di vento forti, e i timpani come se fossero le schiere angeliche che accompagnano la venuta di Gesù, e ci fosse questo giudizio universale che sconvolge l’intera umanità. Anche quando ci sarà, “Iujudex es venturus”: lì è l’unico momento in cui la melodia va verso l’alto e rimase sospesa, come se l’uomo alzasse il collo e guardasse ma in maniera quasi forzosa, faticosa, per lo sforzo di volgersi verso l’alto, e vedere piombare giù questo giudice terribile.
Proprio una corsa affannosa, quasi uno strappo violento anche il finale. Se vogliamo pensiamo proprio al Giudizio Universale che Michelangelo dipinse sulla cappella Sistina, molto efficace questo sconvolgimento dell’uomo di fronte a Dio che viene a giudicarlo).
E Mozart rafforza ulteriormente questa immagine nel “Rex tremendae maiestatis”.

Qui Mozart dà sfogo a tutta la sua abilità di operista perché disegna una vera e propria scena d’opera.. L’inizio sembra descrivere questo trono regale su cui poggia Dio re, giudice, e l’orchestra sembra disegnare una sorta di scala discendente, una scala che indica e suggerisce l’infinita distanza che c’è tra l’uomo debole e limitato, e Dio Onnipotente.
E’ una grandiosa scena lirica: “rex” è ripetuto tre volte sempre più acuto, sempre più inarrivabile, le voci quasi lo urlano; Mozart costringe a cantarlo così, ad urlarlo, come se l’uomo lo vedesse dall’alto e potesse solo urlare per raggiungerlo, per vederlo.
E poi tutte le voci all’unisono quasi scandendolo sillaba per sillaba, “Rex tremendae maiestatis” in una potenza quasi mostruosa,veramente terribile.
E’ il Re, è il giudice, non vi è nessun altro in quel momento lì. E’ Lui che domina, è l’Assoluto Padrone, si impone come l’Assoluto Padrone dell’uomo, della realtà e della storia. Eppure si inserisce qualcosa di nuovo adesso: “qui salvandos salvas gratis”. Questo Re dona la salvezza gratuitamente a chi vuole salvare: “qui salvandos salvas gratis”, con un gesto gratuito, misericordioso. Però non ci si scioglie ancora, la musica è ancora come se fosse ancora tutta rattrappita in questa sproporzione incolmabile fra Dio e l’uomo. Viene detto, ma viene detto in maniera ancora urlata. Proprio come se Mozart dicesse: “Lo leggo, inizio ad intuirlo, ma fa parte ancora della insondabile onnipotenza di Dio che con l’uomo non ha ancora nulla ha che fare” perché è proprio una azione piena sola di Dio.

Il recordare è composto da sette strofe, mantenute in un unico blocco, e costituisce la sezione più estesa del Requiem. La struttura è ordinata, sorretta da relazioni geometriche.     L’inizio è una lunga introduzione strumentale, il tema fondamentale viene eseguito dai flauti, il controsoggetto dal clarinetto. Flauti e clarinetto si rincorrono tra le note, fino a che il quartetto dei solisti prende il coraggio di intervenire. Il racconto viene anticipato da una voce e commentato dalle altre, la musica è più partecipe meno oscurata dalle voci.
Il Recordare si conclude con una lunga pausa, che separa questa pagina, la più pacata del Requiem, dalla sezione successiva.
Ma ora la musica cambia completamente. C’è una cesura:  si riparte con una tonalità, con un modo musicale completamente diverso. Non c’è un passaggio logico, non c’è un passaggio musicalmente, armonicamente motivato. E’ come se la musica si fermasse e riprendesse in maniera completamente diversa. Non solo nella tecnica musicale, ma proprio nell’esecuzione, prima urlata, forte, potente, soggiogante; adesso sussurrante: “salva me”… Si ripete tre volte. Una volta disorientato, come per dire “cosa sto dicendo?”, una seconda volta triste, quasi a dire “o mamma, cosa ho detto? Ma…m’è scappato, no, non volevo perché con tutto quello che ho fatto non posso chiedere: “salvami”, la terza volta acutissima, come per dire “No, no, io posso solo chiedere questo”. Non capiamo ancora cosa succede capiamo solo che la musica cambia completamente. Esce inopinatamente, inaspettatamente, istintivamente dal cuore di Mozart questa richiesta di salvezza.
Non possiamo ancora capire bene cos’è, lo capiremo solo dopo, però Mozart fa questo scarto improvviso di cui quasi sembra pentirsene e poi con voce ancora più flebile ma più acuta , in maniera irrinunciabile ripete questo “salva me”, questa invocazione.

E qua succede il primo scarto: “qui salvandos salvas gratis”, quel “gratis” è proprio gratuitamente, ma perché è proprio solo l’onnipotenza di Dio, e è tanta la disparità tra Dio e l’uomo che o ci pensa solo Dio o l’uomo non può fare nulla. In questo caso cambia perché dopo “salva me, fons pietatis”, cioè fonte della pietà: la musica si stempera, quasi si scioglie, sembra veramente riscaldarsi in un abbraccio paterno. Perché? Perché Dio non è più solo il Giudice, alto, impassibile, ma è fonte di pietà per l’uomo, è come se si iniziasse ad instaurare un rapporto tra il Mozart che domanda e questo Dio che è Giudice ma è anche Padre, e Padre pietoso.
Tutto ciò si ripete anche nel “Confutatis”. “Confutatis, maledictis” che è una sorta di sottolineatura di quello che viene detto nel “Rex tremendae”, il materiale musicale è molto simile come schema. Infatti l’inizio è dominato dagli stessi elementi che trovavamo nel “Dies irae” e nel “Rex tremendae”. Da una parte ci sono gli strumenti, che ripetono una stessa frase. Perché questo? Perché è come se riprendendo queste tre note a breve distanza non dipana una melodia o una scala alta che dà respiro, ma è come se costringessero, pur salendo, ripetendo sempre questa cellula angusta, a evocare, anche visivamente, l’angustia dell’uomo che si trova schiacciato dal proprio peccato e dall’altra parte l’inesorabilità, ancora una volta, del giudizio di Dio.

Le musiche non si impennano non fanno degli  strani giri vocali, ma sono quasi in tono retto, una linea retta si potrebbe quasi definire, con un accento che vuole indicare l’inesorabilità di questo Giudizio.
“Confutatis maledictis”: saranno confutati i maledetti, “flammis sacribus addictis”, gettati nelle fiamme. Riprende quella sorta di scala discendente che evoca, come nel “Rex tremendae” l’infinita distanza fra l’uomo e Dio
Notiamo che il clima è lo stesso del “Dies irae” e l’inizio del “Rex tremendae”. Eppure anche qui, un’altra volta, c’è uno scarto, un altro errore se vogliamo musicale di Mozart. La musica si ferma e ritorna “Voca me cum benedictis” (come quel “Salva me”, salvami), “chiamami tra i benedetti”. E’proprio il contrasto tra il “Confutatis maledictis” e “Voca me cum benedictis”, i maledetti e poi invece i salvati. Una domanda che parte immediatamente acuta, quasi folle, e poi viene sussurrata fino alla fine del brano che prelude al “Lacrimosa”.
Nel Lacrimosa risuona la dolcezza del pianto; si tratta di un frammento di otto battute, di una bellezza melodica notevole, dopo le quali il manoscritto si interrompe.

Nel principio del Lacrimosa ritorna l’armonia dell’Introitus, del “requiem aeternam” dell’esordio, il che conferma una tendenza alla circolarità nella struttura del Requiem.
Mentre il testo parla del peccatore che riemerge dalle ceneri per il giorno del giudizio, le voci si esprimono in una grandiosa scala ascendente, che si contrappone alle note discendenti del Rex tremendae.
Sull’ottava battuta, prima che il canto riprenda, si ferma la mano di Mozart.

Solisti: Gerry Lanzafame, Laura Leontini, Dario Russo, Elina Zuccarello
Al flauto: Anna Spoto, Mirko Martinez Bazan
Al clarinetto: Gabriele Pasqualini
Al contrabbasso: Mario Auteri
Al basso: Franco Palermo
Al piano: Alessio Guercio, Rosamaria Terranova, Giovanni Viola
Ai timpani: Michele Palermo

DIRETTORE:
SALVATORE RESCA

PRESIDENTE:
FRANCO PALERMO

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